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La guerra di tutti contro i beni comuni
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di Giuseppe Giulietti*

La guerra di tutti contro i beni comuni

“Se sarà necessario metterò anche la fiducia..”, così tuonò Berlusconi che, evidentemente vuole andare alla guerra, mediatica ancor prima che politica. Sarò una guerra di classe condotta in primo luogo contro i precari, contro i licenziandi, contro il bene comune, alla faccia dell’interesse generale dei risultati referendari. Pur di restare in sella e difendere se stesso le tenterà tutte, ma proprio tutte, sino al limite estremo. Tanto per gradire il ministro Sacconi ci ha già fatto sapere che la polemica sull’articolo 18 potrebbe favorire la ripresa dell’attività terroristica.

Proprio così, le proteste di chi teme di essere cacciato senza giusta causa potrebbero alimentare la violenza e la lotta armata, forse il ministro Sacconi lo sa ma sono proprio atteggiamenti simili e un uso irresponsabile delle parole e dei toni a favorire atteggiamenti disperati, a meno che non sia questa l’intenzione di chi evoca lo spettro della violenza in modo apparentemente gratuito…

A chi gioverebbe un simile clima se non a chi, ormai disperato e senza prospettive, deve giocarsi le ultime carte pur di far proseguire la partita, costi quel che costi!

Pur di non tassare i grandi patrimoni, a cominciare dal suo, e di non colpire le transazioni della mafia e della camorra, cercherà di sfruttare ogni possibile copertura, anche quelle che potrebbe offrirgli quella parte della opposizione che, a cominciare da qualche giovane sindaco, vorrebbe davvero rendere più facili i licenziamenti e rendere i precari ancora più precari.

Altro che la disputa verbale tra i vecchi e i giovani, qui torna prepotentemente alla ribalta quella questione sociale con la quale tutti, ma proprio tutti dovremo fare i conti.

Gira e rigira si torna ancora e comunque alle modifiche dell’articolo 41 della Costituzione, all’espulsione del criterio del bene comune e della utilità sociale dalla Costituzione: dalla sostanziale abrogazione del principio di uguaglianza sino alla eliminazione di quella sorta di “vincolo repubblicano” alla rimozione di tutti gli ostacoli ancora si frappongono alla piena realizzazione di quei principi di dignità, di solidarietà, di pari opportunità che hanno ispirato l’origine della carta costituzionale.

L’alternativa prossima ventura dovrà fondarsi, come ha ben scritto Paolo Flores D’Arcais, sul principio di trasparenza, di libera scelta, di primarie sempre, comunque e dovunque, ma dovrà includere anche un dettagliato progetto contro i conflitti di interesse, contro le mafie e le camorre, contro l’iniquità sociale, per la ridistribuzione delle opportunità e delle ricchezze, intese nel senso più ampio.

Il rinnovamento generazionale è essenziale e non rinviabile, ma come si è visto anche in questi giorni, si può essere giovani, rottamatori, sostenere vecchie ricette che tanti guasti hanno già prodotto nel mondo e in Italia.

La carta di identità non è sufficiente per quanto riguarda le scelte future, per questo sarà bene che le primarie siano accompagnate da programmi alternativi e da opzioni da sottoporre al libero voto dei cittadini, affinché la scelta non sia di tipo berlusconiano e cioè ridotta alla sola “esposizione mediatica” dei diversi candidati e ai loro intrecci con le diverse catene editoriali.

Per questo ci auguriamo che, da subito, sia anche definito un comitato dei garanti ai quali affidare la gestione delle primarie, le modalità del confronto, i tempi e le risorse a disposizione, l’obbligo di pubblica discussione sui temi essenziali della equità costituzionale e sociale.

Per esempio, in queste ore, sarà davvero utile comprendere come, dove e con quale intensità si voglia davvero condurre una opposizione politica e sociale alla “macelleria” annunciata da Berlusconi, una sorta di controrivoluzione tesa a rendere i ricchi più ricchi e gli altri più poveri, più soli, più disperati.

Tanto per cominciare ribelliamoci alla litania sulla “impossibilità di licenziare”, una litania falsa, finalizzata al solo disegno di far saltare le garanzie per gli occupati senza estenderle a quelli che un lavoro non l’hanno ancora visto.

Le prossime primarie dovrebbero costringere tutti a pronunciarsi anche su questi temi, che ci appaiono più “interessanti” dei calci tra vecchi e giovani, dei rottamatori di facciata, di quelli che sono radicali nelle espressioni verbali, e berlusconiani nel linguaggio, nello stile comunicativo e, soprattutto, nella proposta politica.

Meglio saperlo prima, per non stupirsi dopo, perché anche i giovani, come i vecchi, non sono tutti uguali e non vogliono le stesse cose.

Per fortuna!

* Pubblicato su Micromega

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