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Articolo 21 - INTERNI
Al rogo! Dalle streghe alle pensioni
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di Adriano Donaggio

Al rogo! Dalle streghe alle pensioni Se un medico deve prescrivermi una cura, ha il dovere di informarmi su quello che è il mio problema, su cosa mi propone per risolverlo e ha l’ obbligo di chiedermi quello che nella prassi burocratica viene chiamato il consenso informato. Prima di iniziare una cura ho diritto di sentire anche altri medici e poi decidere sotto la mia responsabilità a quali cure mi affiderò. Questa che sembra una cosa ovvia, non lo sembra essere per la UE che si appresta ad intervenire sul corpo del nostro paese, senza che nessuno, qui in Italia (all’ estero lo sanno, noi no), allo stato,  sappia bene quello che stanno per decidere sulla nostra testa. Non sappiamo cosa, ma sappiamo che dobbiamo farlo e che non possiamo neanche dire cosa ne pensiamo.

La cosa che preoccupa di più è la pressione sull’opinione pubblica di molti mass media nostrani: non dobbiamo discutere, dobbiamo accettare la medicina che ci verrà ordinata (a leggere le anticipazioni, olio di ricino allo stato puro).
Nel Medioevo venivano bruciato le streghe, vittime incolpevoli, destinate al rogo  dalla violenza comunicativa dei predicatori dell’epoca.
Oggi, quelle che si vogliono bruciare sono le pensioni. Sia chiaro. Non vogliamo che l’ Italia finisca nel baratro, non vogliamo il crollo dell’euro. Ma proprio per questo vogliamo capire bene di cosa stiamo parlando. E’ ancora vivo nella nostra memoria il ricordo delle decine di vittime morte di cancro cui un medico dell’epoca, socialmente creduto, ordinava un miscuglio di succhi gastrici ottenuti uccidendo  capre. Noi siamo convinti della necessità di medicine, desideriamo però che siano scelte realmente utili e non solo ordinate in base a luoghi comuni non suffragati dai dati.

Il nostro problema pensionistico è così drammatico? Nel 2010 la Commissione europea per gli affari economici e finanziari ha elaborato dati riferiti al 2008. Intanto per tutti i paesi europei risulta una differenza tra l’ età fissata dalla legge e l’ età reale di pensionamento. In Germania, per esempio, l’ età media del pensionamento reale era di 61,7 anni; la Francia di 59,3 anni; l’ Italia di 60,8; la Danimarca di 61,3. Come si può vedere in Germania andavano in pensione alcuni mesi dopo di noi, per converso noi andavamo in pensione alcuni mesi (17) dopo la Francia e la Danimarca (5). Ci sono delle differenze, ma le nostre non sono così drammatiche come vengono presentate.

Sarebbe poi interessante vedere quanti soldi si trattiene lo Stato durante una vita lavorativa e come li investe e come li ha investiti. Se non si analizzano questi dati non si capisce dove stia il problema. L’ italiano e le aziende hanno versato contributi elevati, ma i soldi invece di essere messi a frutto, sono stati utilizzati per fini impropri rispetto alle finalità cui erano destinati (pagamento della cassa integrazione guadagni, in molti paesi qualche cosa del genere rientra sotto altre voci del bilancio statale; per non parlare degli investimenti in pessime case popolari, nell’acquisto di palazzi e immobili di pregio affittati a equo canone a illustri personaggi e poi cartolarizzati, vale a dire svenduti a prezzi di stralcio).

Il nuovo ministro del lavoro propone per tutti il metodo contributivo. Non spiega bene come saranno investite (messe a rendita) le trattenute fatte sullo stipendio negli anni. Se uno si prende i miei soldi dovrei avere il diritto di sapere come vengono usati. Propone ancora il ministro di lavorare di più per guadagnare di più. Ma il problema del paese è che siamo pieni di disoccupati che hanno perso il lavoro perché gli hanno chiuso la fabbrica. Si trovano senza  protezione sociale (che in altri paesi c’ è), mentre sarebbero ben felici di lavorare a lungo. Va anche detto ancora che, raggiunta una certa età è l’ azienda, lo stesso Stato, che ti spinge a uscire dal lavoro. Mica stanno ad ascoltarli se vogliono lavorare più a lungo per avere una pensione migliore. Li mettono in strada e basta.
Altro luogo comune. Eliminiamo le pensioni di anzianità. Non si va in pensione prima di 41 anni di lavoro. Ma i nostri giovani che a 30/35 anni non hanno ancora trovato un posto di lavoro a che età potranno andare in pensione per raggiungere i 41 anni di lavoro?
Tutta la discussione di questi giorni è intrisa di retorica (tipo, un patto tra le generazioni. Ma guardate la realtà, di cosa stiamo parlando: forse che non trovano lavoro perché il padre è pensionato?). Ancora, a proposito di luoghi comuni,  la flessibilità del mercato del lavoro produce occupazione (Ichino,  giuslavorista che non si capisce bene a che titolo si occupi di economia; Maurizio Sacconi). Ora, nel mondo occidentale, il mercato del lavoro dove questo è in assoluto il più libero e il più flessibile è quello statunitense. Gli Stati Uniti sono anche il paese dove c’ è il tasso di disoccupazione più alto. Dov’ è la correlazione tanto sbandierata? Ma allora di cosa stiamo parlando? Di terrorismo per farci accettare come indiscutibile quello che è discutibile? E solo per il fatto che non possiamo parlarne, migliorerebbe la nostra situazione? Ma va!

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