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Ecco come salvare il fondo per l'editoria
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di Vincenzo Vita e Giuseppe Giulietti

Ecco come salvare il fondo per l'editoria

Siamo convinti sostenitori del governo presieduto dal prof. Mario Monti. Anzi. Abbiamo salutato con gioia l'uscita dalla terribile stagione berlusconiana. Quest'ultima fu contrassegnata dalle numerose leggi ad-personam, da bavagli messi ai media, dalle censure. Ora siamo fiduciosi, in attesa che si dispieghi ben altro clima culturale e morale. Pur consapevoli dell'enorme crisi economica, con i sacrifici connessi. Purché a pagare non siano sempre gli stessi. Non ci convince, pure per questo, l'articolo 29 del decreto nella parte dedicata al settore della carta stampata. Perché tagliare il Fondo di sostegno all'editoria non profit, politica e cooperativa dal 2014, mentre - se mai - sarebbe doveroso rimpinguarlo, dopo i tagli devastanti dell'era Tremonti?
Può un governo tecnico così autorevole diventare -certo senza volerlo - complice della chiusura di 100 testate nazionali e locali, della disoccupazione di 4000 persone, della crisi di un intero indotto?
Le risorse necessarie non arrivano a 100 milioni di euro.
Come si trovano? Ad esempio, con i proventi di una vera asta competitiva per le frequenze digitali; ad esempio, attraverso una manovra sull'IVA, impropriamente tenuta al 4% anche per i prodotti commerciali venduti con i giornali; ad esempio, togliendo dal Fondo dell'editoria (e collegandole in tabelle più consone) le risorse destinate alle Poste e alla RAI.
Come si dice, è un problema di volontà e di scelta, piuttosto che di impossibilità. La libertà di informazione è un bene supremo.
Siamo pronti a collaborare ad una immediata riforma dei criteri di erogazione delle provvidenze, legandoli all'occupazione e al rapporto tra tiratura e vendite. Insomma, il Fondo va reso più serio e rigoroso, non abolito. Tra l'altro, gli stessi riferimenti innovativi immaginati dall'articolo 29 del decreto non avrebbero senso in un deserto.

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