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La manovra Monti. La Destra scarica "lacrime e sangue" sul popolo e la Sinistra
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di Gianni Rossi

La manovra Monti. La Destra scarica "lacrime e sangue" sul popolo e la Sinistra

La manovra “lacrime e sangue” varata dal governo Monti è il classico provvedimento di risanamento finanziario dei conti pubblici dirigista e classista della Destra neo-liberista al potere qui e nel resto d’Europa. Niente di più, niente di meno! Lo scenario è facilmente descrivibile: tutti volevano la fine del regime berlusconiano, dai “poteri forti”, agli strati sociali e imprenditoriali, alla Chiesa, agli alleati internazionali, fino ai mercati. Usciti dal tunnel berlusconiano, però, gli italiani stanno precipitando in un incubo!
 
Si è appalesato così il governo “salvatore della patria”, formato da tecnici e professori, guidati dal Rettore magnifico Mario Monti, con al suo fianco l’uomo forte del sistema bancario-finanziario, Corrado Passera, già amministratore delegato del più potente gruppo bancario, Intesa-San Paolo, che unisce due “identità culturali”, quella laica massonica e quella cattolica progressista. Nel suo curriculum può vantare, però, esperienze quantomeno ambivalenti per chi analizza gli andamenti storici dell’economia reale: l’affossamento produttivo della Olivetti, ai tempi in cui era amministratore delegato del gruppo presieduto da De Benedetti, mentre si stava sviluppando l’uso massiccio dei PC con l’era Internet e prendeva l’abbrivio il sistema globale dei telefoni cellulari (chi si ricorda più di Omnitel, poi Vodafone?) ; il “virtuale” risanamento finanziario delle Poste italiane, stravolte nel loro DNA a fornitrice di servizi bancari ed inefficiente servizio postale con forti tagli di personale; il salvataggio finanziario dell’Alitalia a spese dei contribuenti italiani (3 miliardi di euro dalle casse pubbliche!), grazie al supporto economico fornito ai “cavalieri bianchi” della cordata CAI, capitanati da quel Colaninno, già suo collega e amico di carriera nella Olivetti.

Ecco allora che la miscela neo-liberista Monti-Passera ha sortito una manovra recessiva, degna del più umile studente di economia politica ai primi anni di corso: tagliare le “spese sociali”, tassare i “soliti noti”, ovvero i 34 milioni di contribuenti (17 milioni di pensionati e 17,5 milioni di dipendenti a reddito fisso) che da 20 anni non fanno altro che pagare per risanare la “chimera” dei bilanci pubblici; succhiare soldi facili da benzina, gasolio e dalle case con l’ICI rivalutata del 60% (ma oltre l’80% degli italiani è proprietario di un appartamento). Una manovra che, stando alle analisi del governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, porterà la pressione fiscale al 45% (la più alta nominalmente dell’Eurozona), alla recessione fino al 2013 compreso, l’assenza di investimenti e di nuova occupazione, la restrizione del credito dalle banche alle aziende e alle famiglie, nonostante il calo dei tassi d’interesse all’1% e il sostegno pubblico europeo alle banche in difficoltà, il rischio concreto di stagflazione (minori consumi e maggiore inflazione), senza peraltro intravedere segnali concreti di lotta all’evasione ed elusione fiscale né un accenno alla patrimoniale per i superricchi, ma anzi evidenziando il pericolo imminente di fuga dei capitali, che secondo molti analisti finanziari sarebbe già iniziata ai primi sentori della manovra.

E’ chiaro ora, che per avere il “via libera” alla formazione del suo governo e non avere ostacoli nel prosieguo della sua opera di trasformazione del popolo italiano da laboriose formiche, un po’ cicale, a laboriose api, “usi ad obbedir tacendo” fino alla morte, una volta esaurito il compito di “lavorare, lavorare, lavorare” ed espiare, il Magnifico Rettore è addivenuto ad un patto col suo predecessore, Berlusconi, perché non si toccassero i suoi innumerevoli conflitti di interesse: nessuna legge per inasprire le clausole della Frattini; nessun rinvio sulla gara delle frequenze TV digitali per passare dalla gratuità al pagamento delle concessioni, come avviene in tutta Europa (da 1,5 a 2 miliardi di euro l’introito previsto, oltre alla liberalizzazione del settore); non alzare il “contributo” fiscale sui capitali “scudati” dal fido Tremonti oltre l’1,5% né disturbare le banche svizzere, come hanno fatto i governi “comunisti” di Gran Bretagna, Germania e Stati Uniti, per avere i dati sui ricchi “contribuenti mendaci”; nessuna tassazione sulle rendite finanziare; contrarietà a far pagare l’ICI sugli immobili ad uso commerciale da parte del Vaticano.
Spianata così la strada al governo salvifico montiano, che tosa i già poveri, i tartassati e spinge verso l’impoverimento progressivo i ceti medi produttivi.  Per la sinistra, riformista e radicale è suonata la campana del cambiamento da una “Destra populista e pasticciona” ad una “Destra europea e tecnocratica”.  E proprio il PD di Bersani rischia adesso una profonda spaccatura su scelte di politica economica contrarie al buon senso “socialdemocratico” e alle richieste dei sindacati, riuniti dopo anni di divisioni.

Come sempre, in periodi di crisi estrema, l’Italia si affida a ricette neo-liberiste che intaccano il pur debole Welfare e le conquiste sociali e salariali che aveva ottenuto con sacrifici e lotte dal 1960 in poi. Oggi il paese è meno ricco e più impaurito di quando si risvegliò dal terrore della guerra nazifascista. E’ venuta meno la speranza, la rassegnazione ha preso il posto nei lavoratori di lungo corso alla voglia di cambiamento, la disperazione e l’indignazione spingono i giovani alla ribellione “luddista” o all’emigrazione forzosa. Chi pagherà domani ancora il Debito pubblico, se l’intera società non riprenderà a “sognare” una nazione a misura d’uomo?
 
Secondo la CGIA di Mestre il decreto "Salva Italia" ha una dimensione economica molto superiore alla cifra della manovra da  20 miliardi di euro  Dopo la lettura del decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, la sorpresa: il decreto aumenta di quasi 3 volte, dando luogo ad una correzione del deficit per un importo di circa 20 miliardi nel 2012 e di altri 21 miliardi per ciascuno dei due anni successivi. Complessivamente, quindi, la manovra Monti sarà di 62,9 miliardi di euro (maggiori entrate per circa il 70%, minori spese per il 30%). "Secondo una nostra stima”, commenta Giuseppe Bortolussi, segretario della CGIA di Mestre, “nel triennio 2012-2014 l’impatto medio su ciascuna famiglia italiana sarà di quasi 2.500 euro, poco più di 830 euro all’anno. Se agli effetti economici della manovra Monti aggiungiamo anche quelli esplicati dalle due manovre d’estate redatte quest’anno dal governo Berlusconi, l’effetto complessivo, nel periodo 2011-2014, sale a addirittura a 208 miliardi. Pertanto, il costo che ogni nucleo familiare dovrà farsi carico nel quadriennio 2011-2014, sarà pari a 8.266 euro, poco più di 2.000 euro all’anno". E che dire della norma antiprivacy, illiberale e poliziesca, iniqua e vessatoria, che permetterebbe all’Agenzia delle entrate di poter disporre senza autorizzazione giudiziaria di tutti i dati bancari dei contribuenti? Non si riescono a colpire gli evasori ed elusori “scudati” in Svizzera e poi si schedano i “soliti noti” come si fosse nello Stato del Grande fratello orwelliano?
 
I nuovi governanti raffigurano troppo fedelmente coloro che nei decenni hanno fatto carriera e si sono arricchiti, frequentando i salotti giusti e dispensando ricette addomesticate alle richieste dei loro potenti committenti, senza mai curarsi del “popolino” che lavorava nelle fabbriche e negli uffici, che pagava più tasse di quanto guadagnasse e che vedeva anno dopo anno ridurre il proprio benessere. Questa è la Destra europea “in salsa italiana! Hanno ragione, quindi, i maggiori sindacati europei a chiedere con forza un “Nuovo Patto sociale” che annulli questa ricetta amara dettata dai veri teorici del neo-liberismo, chiamando i lavoratori, gli intellettuali e i giovani a lottare uniti a livello continentale, come si legge nella loro “Lettera aperta” pubblicata di recente, prima firmataria la leader della GCIL, Susanna Camusso:
 
“L'Unione europea attraversa la crisi più profonda della sua storia. Una crisi finanziaria ed economica che ha gravi conseguenze sociali ma che è divenuta, soprattutto, crisi politica della stessa Ue… Le conseguenze sociali della riduzione dei salari e delle pensioni, della contrazione delle spese della protezione sociale, dell'istruzione e della salute sono evidenti. Parallelamente, la solidarietà tra paesi si sta riducendo… Le istituzioni europee e di molti paesi stanno per rompere quel patto sociale che aveva permesso, dopo la seconda guerra mondiale, di costruire gli Stati previdenziali europei e il progetto comune che ha portato all'Unione europea … Non è il momento di rimettersi ai governi di tecnocrati, c'è bisogno di maggiore azione politica e di partecipazione dei cittadini…

Innanzitutto, fermare i meccanismi della speculazione, garantire la capacità finanziaria di tutti gli stati membri... Non si può tuttavia raggiungere gli obiettivi di riduzione del deficit e del debito annientando le economie….È necessario un nuovo patto sociale. Il patto fiscale, le politiche di redistribuzione delle ricchezze, il diritto del lavoro e la negoziazione collettiva sono stati il collante del più lungo periodo di prosperità economica e democratica in Europa. Tale collante ha consolidato relazioni del lavoro moderne, permettendo un forte coinvolgimento dei lavoratori, attraverso le loro organizzazioni, nella vita delle imprese. Soltanto basandoci su questi valori, che hanno definito il modello sociale europeo si potrà uscire dalla crisi… I diritti sociali fondamentali, in particolare quelli riguardanti la negoziazione collettiva, debbono essere rispettati ed inclusi in tutte le misure anticrisi. Il progresso dell'Unione europea si deve basare sulla coesione sociale e la solidarietà interna tra gli stati membri e nella solidarietà e la coesione politica tra essi…”.

Per tutte queste ragioni, o si modifica nel profondo la manovra Monti-Passera, oppure è meglio votare contro, a rischio di andare ad elezioni anticipate con l’attuale legge porcata.

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