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Diritto e politica, la Corte puo' salvarli
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di Federico Orlando

Diritto e politica, la Corte puo' salvarli

Il prestigio delle nostre istituzioni è in calo fra i cittadini, e il sondaggio Demos-Repubblica commentato lunedì da Ilvo Diamanti ne dà la misura. Non credo che immagini come quella dei 15 giudici costituzionali divisi in tre partiti sul referendum, quelli  che lo bocciano, quelli che l’ammettono e quelli che sono ancora indecisi, abbia contribuito al prestigio di una istituzione come la Consulta: che non sarà “Eccellentissima”, ma è, in molti suoi componenti, tanto consapevole del proprio ruolo da chiudere le finestre ai rumori del mondo e maturare la gran parte delle decisioni in camera di consiglio. Come le riconoscono anche giuristi di altissimo rango, e diverso orientamento, da Zagrebelsky a Pace. Specie se la materia del giudizio è l'ammissione o no del referendum abrogativo di una legge elettorale: dove confluiscono due esigenze primarie della democrazia, e cioè non lasciare i cittadini senza il diritto sovrano di decidere, non lasciare alcuna istituzione - neanche per lo spazio di un mattino – senza la sua legge elettorale.

L’amico Alessandro Pace, che difende le ragioni dell'ammissibilità, sostiene che l'abrogando Porcellum è scritto talmente coi piedi da renderne automatica la caduta. Dei due quesiti referendari, basterebbe ammettere il secondo, che non cancella in blocco la legge, ma i riferimenti ad altre 7o o più norme e istituti, richiamati in ogni primo rigo dei vari articoli: caduto quel rigo, non restano che parole in libertà. Come le case dei palazzinari costruite con la sabbia, quando gli sfili la trave. A sua volta l’amico Augusto Berbera, anche lui da vent’anni nelle trincee referendarie, pensa che la Corte, ammettendo oggi il referendum, non minerebbe i rapporti fra i partiti che sostengono Monti, ma anzi li metterebbe di fronte allo stato di necessità di riformare il Porcellum. Una specie di lettera della Bce a Berlusconi, dove invece di spread e debito si tratta di elezioni e parlamento. L’alternativa per i partiti sarebbe tra il consenso e lo squalificarsi ancora agli occhi dell'opinione pubblica. Se oggi essi sono stimati solo dal 3,9% dei cittadini e il parlamento dall' 8,9 (secondo Demos-Repubblica), domani scenderebbe sottozero. Più che partiti, bambocci e blocchi di giaccio, da prendere a palle di neve.

Saremmo ben felici (anche per “rimembranze”, avendo partecipato e vinto con l’Ulivo alle elezioni del 1996 in un collegio uninominale, due anni prima conquistato dalla destra), se si tornasse a quel Mattarellum, che elegge tre quarti dei parlamentari nei collegi uninominali, con  risultato maggioritario e bipolarizzante; e divide il residuo quarto in proporzione ai voti di ciascun partito “collegato”, non utilizzati per eleggere candidati uninominali. Votare con due schede e con due sistemi elettorali diversi può sembrare balzano (di qui il nome “Mattarellum” secondo Sartori), ma era il massimo consentito a noi elettori, una volta abrogate la proporzionale e le preferenze. Questa tesi è stata rivalutata dal professor Panebianco sul Corriere della sera. Egli dice che se nel 1974 il referendum sul divorzio fosse stato vinto non dai divorzisti ma dal blocco Dc-Msi (non tutta i Dc, però), automaticamente si sarebbe tornati all’indissolubilità del matrimonio. Ed è vero. Però la legge elettorale non è una legge ordinamentale, ma, senza essere “istituzione”, fa parte del blocco istituzionale. La Corte è stata sempre coerente nel rifiutarsi di annullarla, anche se spesso ne ha consentito la modifica ; o addirittura il rovesciamento, attraverso il cuci e scuci di alcuni sarti referendari.

Insomma, la Corte si è accontentata talvolta di una legge di risulta, ma non ha mai tollerato il vuoto legislativo. O per merito di quei sarti che le cucivano un abito su misura, o per merito del parlamento, che avrebbe potuto fare leggi nuove al posto di quelle impugnate, anche senza esservi trascinato come il bue con la corda al macello.

Per di più, nella scelta che la Consulta farà oggi (o domani), i costituzionalisti sono convinti gettando il Porcellum alle ortiche non si creerebbe il vuoto legislativo, ma rivivrebbe automaticamente la legge precedente, il Mattarellum. Di questa convinzione i lettori troveranno spiegazioni tecniche  nell’articolo di Rudi F. Calvo, che analizza il concetto di “reviviscenza”  illustrato nella memoria di 19 pagine, rimessa dal professor Pace all’ “Eccellentissima Corte”, a nome del comitato referendario. Limitandoci invece a ragionare di politica, crediamo anche noi che l'accoglimento del referendum spianerebbe ai partiti – a cominciare da quelli che sostengono il governo su mandato dell’Europa e della nazione -  la via di una nuova legge da votare in parlamento e coerente per una volta con  la volontà referendaria: quella cioè di un nuovo sistema maggioritario e bipolarizzante.  Senza la camicia di Nesso del bipolarismo coatto, buona a sostenere un presidenzialismo Usa di fine Settecento, che non vogliamo; ma che sia invece sostegno di un governo parlamento del terzo millennio. Delle tre proposte che si vanno delineando fra i partiti, solo quella del Pd – finora - sembra coerente con queste esigenze. Essa riserva il 70 per cento dei seggi ai collegi uninominali e il 30 al proporzionale. Si direbbe un nuovo Mattarellum, ma non lo è: perché quello aveva un unico turno, questo ne avrebbe due, ammettendo al secondo solo i partiti più votati nel primo. E in quella sede essi salderebbero con gli elettori le coalizioni alternative,  sulla base del programma comune. I partiti minori troverebbero seggi nel proporzionale, o in uno speciale  “diritto di tribuna” (3-4 per cento), che garantisca rappresentanza a tutti, ma non consenta a nessuno di sabotare la coalizione che governerà. Come invece è accaduto sia col Mattarellum sia col Porcellum tanto a Prodi quanto a Berlusconi.

E il Pdl, e l’Udc? Ieri si sono riuniti gli stati generali del primo. Però Frattini ha un’idea, Quagliariello un’altra, Berlusconi nessuna (e per questo potrebbe prevalere lui). E l’Udc pensa, anzi, dice Ceccanti, si illude, che, sabotando qualsiasi altra soluzione, il parlamento finirà col votare il proporzionale tedesco. E così, innaffiato con l’acqua santa di Bagnasco, rivivrebbe il Zentrum cattolico (spero non il Deutsche Zentrumpartei, finito in santa alleanza con Hitler quando i nazisti non avevano la maggioranza per governare da soli). Mi rendo conto che da quelle parti c’è sempre la nostalgia dell’eterno ritorno, ma non tornerà. Neanche se venisse fuori dalla manica  l’asso di una riforma del Mattarellum che cambiasse il 75 e 25 per cento in 50 per i collegi e 50 per le liste. Formalmente, sarebbe la famosa metà e metà del sistema tedesco, ma sostanzialmente sarebbe solo un gioco di prestigio parlamentare, che farebbe uscire dagli argini l’intero fiume delle riforme. Di cui i partiti, in castigo davanti ai professori, hanno ricominciato a parlare.

Porcellum? No, grazie - di Giuseppe Giulietti


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