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Non basta la preferenza per ridare ai cittadini la scelta dei politici
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di Federico Orlando

Non basta la preferenza per ridare ai cittadini la scelta dei politici

Cara Europa, leggo che tutti i partiti che sostengono il governo Monti, sollecitati dal Quirinale a dar vita in parlamento alle riforme istituzionali ed elettorale mentre il governo è impegnato a trarci fuori dalla crisi, hanno rassicurato il capo dello Stato sulla loro unanime volontà di fare quelle riforme. A me questa rassicurazione sembra alquanto truffaldina: infatti sulla legge elettorale non cambierebbe quasi niente, salvo forse un voto di preferenza espresso dall'elettore fra i nomi messi in lista dai partiti; e inoltre la destra dei gloriosi Cicchitto e Gasparri dice che la legge elettorale andrebbe rifatta alla fine del percorso riformistico, dando il primo posto al presidenzialismo. Che è la scelta fascista-berlusconiana-bossiana di sempre, ma non credo sarà mai la vostra. Che ne pensate? Fabrizio Franco, Grosseto

Esattamente quel che pensa lei, caro Franco, e la ringrazio d'averci posto la domanda proprio nel giorno in cui la direzione del Pd si riunisce per trattare di tutto: crisi, governo Monti, liberalizzazioni, riforma elettorale, riforme istituzionali. Sono molto preoccupato di quel che hanno scritto i giornali di ieri: io ci ho letto tutto fuorché l'unanimità riformista che i partiti avrebbero garantito  al capo dello Stato. Non c'è alcuna unanimità sul quadro riformistico, visto che non possiamo e non vogliamo fare neanche un metro insieme alla destra fascistoide e autoritaria sulla via del presidenzialismo. Una cosa è parlare di rafforzati poteri del presidente del consiglio, un'altra è unire in una sola persona reale (l'altra è un fantasma, se c'è, come in Francia) i poteri dell'esecutivo: cioè capo dello stato e del governo al tempo stesso. Magari eletto col plebiscito mentre il parlamento resterebbe affidato al porcellum, con superpremio di maggioranza. Cose del genere non le avevano pensate neanche i costituzionalisti di Salò, che sulla repubblichetta morente indugiavano in pensieri presidenzialisti per l'avvenire. Ma, chiuse tutte le nostre porte a questa minaccia di governo presidenziale, naturalmente autoritario in un paese che non ha la democrazia nel sangue come gli Stati Uniti o la Francia, è necessario che si faccia anche un chiaro discorso fra noi sulla riforma elettorale. I giornali di ieri hanno attribuito al vice segretario Letta l'idea che la ”priorità” della nuova legge elettorale è quella di ridare ai cittadini il potere-diritto di scegliere i  deputati e senatori, mentre su tutto il resto si può discutere. Ci sarebbe su questo l'ok anche di Alfano. Auspico che domani i lettori possano avere informazioni più dettagliate. Personalmente non sarei d'accordo se per scelta dei cittadini s'intendesse solo il voto di preferenza fra i diversi candidati di una lista ancora proporzionale: porcellum o altro che sia. Intanto, significherebbe rinunciare alla battaglia per l'uninominale e il maggioritario. E chi formerebbe la lista dei candidati nelle varie circoscrizioni proporzionali? Se ai cittadini verrà data la possibilità di scegliere con la preferenza fra i nomi della lista, si sarà tornati alla parvenza di scelta popolare della Prima repubblica. Le liste infatti resterebbero appannaggio delle segreterie, che le formerebbero con nomi di amici e di apparatik. Solo se si trasferirà quella scelta ai cittadini, introducendo elezioni primarie in ogni circoscrizione, si formerà una lista di designati dal popolo; e il voto di preferenza espresso poi sulla scheda completerebbe l'espressione della scelta popolare. Non c'è altra strada per una selezione popolare delle candidature. Neanche se si votasse in collegi uninominali, cioè con candidato unico. Io sono stato candidato unico dell'Ulivo, ma quella candidatura me l'hanno data Massimo D'Alema e Gerardo Bianco, leader dei Ds e dei Popolari, ai quali va la mia riconoscenza. Poi gli elettori hanno scelto tra me e il candidato berlusconiano, a sua volta indicato dal cavaliere e da Fini, a quel tempo uniti. Naturalmente ci battemmo per conquistare il favore degli elettori (vinsi io): ma né io né il mio antagonista eravamo stati scelti dal popolo del nostro collegio. Quel popolo scelse solo fra due signori che gli erano stati elargiti dalle contrapposte coalizioni. Questa è la verità, il resto è retorica.          

* Pubblicato sul Quotidiano Europa


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