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Dieci anni di diritti e liberta'
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di Roberto Bertoni

Dieci anni di diritti e liberta' Quando Beppe Giulietti mi accolse nella famiglia di Articolo 21, avevo appena diciott’anni e tutti i sogni e le ingenuità di quella stagione. Era l’autunno del 2008, eravamo nei giorni delle prime grandi manifestazioni contro la riforma Gelmini, quando il governo Berlusconi era all’apice del consenso e nessuno, a cominciare da me, credeva che potesse crollare dopo soli tre anni, travolto dalla crisi e dalla propria inadeguatezza ad affrontarla.
L’incontro con Beppe fu del tutto casuale, anzi telefonico. Tornando da scuola al termine di una giornata indimenticabile, in cui, sfidando il preside e rischiando non poco, alcuni di noi dell’ultimo anno avevano indetto un’assemblea straordinaria per denunciare le conseguenze dei tagli varati dal trio Berlusconi-Tremonti-Brunetta e attribuiti alla Gelmini, decisi di chiedere un parere a Giulietti per la rivista studentesca Zai.net, con la quale collaboravo all’epoca.
Quell’intervista, in realtà, non me l’aveva chiesta nessuno: era stata una mia intuizione, un mio piacere personale che si concluse nel più bello e inaspettato dei modi, cioè con la richiesta di aprire una rubrica sul sito di Articolo 21.
Dopo quattro anni, credo sia venuto il momento di confessare l’origine del nome “Sguardi sul mondo”: era il titolo della rubrica che gestivo sul giornalino scolastico e cui sono tuttora particolarmente affezionato.
Inutile dire che il mio primo pezzo per Articolo 21 riguardò proprio le manifestazioni studentesche: “Noi vogliamo solo studiare”, uno degli slogan più diffusi tra gli studenti, scandito durante le manifestazioni, gridato negli istituti, nelle assemblee, nei collettivi, scagliato con ferma gentilezza contro un governo che ci ha accusato, nel tempo, di essere “guerriglieri”, “fannulloni”, di non avere “attitudine all’umiltà” e altri graziosi epiteti che abbiamo sempre respinto al mittente.
Quante ne abbiamo combinate insieme da allora! Battaglie, petizioni, appelli, manifestazioni, decine e decine di articoli e persino una querela, subita e vinta, sempre in nome della libertà d’informazione, dei diritti civili, del rispetto della Costituzione e della democrazia, del servizio pubblico e dei beni comuni, della pace e del lavoro, dei nuovi italiani e di quella nostra idea molto ambiziosa e un po’ folle di riunire sotto la stessa bandiera (il Tricolore) esperienze, mondi, associazioni e idee all’apparenza inconciliabili.
Tante volte in questi anni ho sentito Beppe infuriarsi con chi ci dava degli utopisti (come se non ci fosse bisogno pure di un po’ di utopia), con chi ci invitava a lasciar perdere, ad un maggiore realismo, ad accettare le “nuove regole”, cioè il berlusconismo imperante, con chi ci diceva che non ce l’avremmo mai fatta a portare in piazza esponenti di SEL ed esponenti di FLI.
Ce l’abbiamo fatta, altroché se ce l’abbiamo fatta.
Io c’ero il 12 marzo 2011 in piazza del Popolo: una marea umana che si stringeva intorno ai nostri simboli più belli: il Tricolore e la Costituzione.
Io c’ero il 5 aprile 2011 in piazza Santi Apostoli, alla Notte bianca della Democrazia, nei giorni tragici della prescrizione breve, del Parlamento paralizzato dalle leggi “ad personam”, del Paese che andava a rotoli mentre Berlusconi continuava a rassicurare gli italiani con espressioni che mi rifiuto di citare.
Io c’ero quando abbiamo vinto a Napoli e a Milano, quando i referendum – che quasi tutti all’inizio davano per spacciati – hanno coinvolto ventisette milioni di italiani e inferto il colpo decisivo ad un esecutivo allo sbando.
Tuttavia, c’ero anche negli anni scorsi, quando eravamo in pochi a denunciare la pericolosità del berlusconismo e la democrazia subiva attacchi senza precedenti.
C’ero quando esprimemmo solidarietà a Federica Sciarelli per l’irruzione neofascista nella sede RAI di via Teulada poiché “Chi l’ha visto?” aveva mandato in onda un video inedito dell’aggressione organizzata da un gruppo di estremisti di destra ai danni degli studenti che manifestavano pacificamente in piazza Navona contro la riforma Gelmini.
E c’ero quando, durante la campagna elettorale per le Regionali del 2010, pur di fermare le trasmissioni sgradite (“Annozero” in primis), Berlusconi non esitò a far saltare tutto l’approfondimento politico della RAI, compresa “Porta a Porta”.
Infine, c’ero nei giorni tristissimi in cui abbiamo commemorato Sandro Curzi e Roberto Morrione: due carissimi amici, due punti di riferimento che oggi ci guardano dal cielo.
Avevo undici anni quando, il 27 febbraio 2002, Beppe e un gruppetto di temerari si lanciarono in quest’avventura che ha dovuto affrontare ogni sorta di sfida, compresa quella tremenda dell’“editto bulgaro” che fu lanciata da Berlusconi un mese e mezzo dopo (il 18 aprile 2002) e i cui danni li stiamo ancora pagando.
Oggi ne ho ventuno, moltissime cose sono cambiate e quest’anno, in un’Europa sempre più divisa e litigiosa, si festeggia il decimo anniversario dell’Euro.
Abbiamo attraversato quattro governi e non abbiamo mai perso la nostra voce critica, che è anche la nostra principale caratteristica; anzi, l’abbiamo esercitata soprattutto quando al governo c’erano i partiti cui, nonostante i loro mille difetti, siamo iscritti o nei quali, comunque, ci riconosciamo.
Ci saremmo aspettati di più dal secondo governo Prodi, parecchio di più, ma ormai, specie in vista delle elezioni del 2013, bisogna guardare avanti e provvedere a rafforzare l’importantissimo legame tra il mondo politico e la società civile: un legame che noi abbiamo sempre promosso, mettendo in contatto le associazioni più disparate, facendo incontrare esperienze differenti, creando spazi di dialogo e di confronto.
In questi dieci anni, si è consumata la mia adolescenza; e oggi, che inizio a fare i conti con la vita, mi rendo conto che la passione civile che mi anima e che qui ho potuto sempre esprimere con la massima libertà, mi permette comunque di guardare al domani con ottimismo.
Non è nostro costume auto-celebrarci, anche se qualche merito possiamo rivendicarlo, perché sul lavoro si continua a morire, la RAI versa nelle condizioni che tutti sappiamo, testate importantissime rischiano di chiudere a causa dei tagli al fondo per l’editoria, il berlusconismo non ha affatto alzato bandiera bianca e il nostro impegno deve aumentare, se davvero vogliamo condurre l’Italia fuori dalla barbarie di questo decennio.
Detto questo, è sempre emozionante ritrovarsi ogni tanto, tutti insieme, e poter dire con orgoglio che non abbiamo mai chinato la testa, mai piegato la schiena, che non abbiamo mai smesso di credere nell’utopia né rinunciato a quella visione ideale che tanti, troppi hanno cinicamente accantonato.
Questo è per me Articolo 21: un antidoto al cinismo, al terzismo, all’anti-politica imperante, alla falsità, all’ipocrisia, ad ogni forma di bavaglio e di censura, alla mancanza di dignità di chi avrebbe potuto e dovuto parlare e, invece, ha preferito tacere per arrivismo e per vigliaccheria.
Non a caso, tra i numerosi incontri che ho avuto in questi anni, uno dei più significativi è stato la conversazione con Ilaria Cucchi, la sorella del povero Stefano, nel corso della nostra recente Assemblea Nazionale.
No Ilaria, non sei sola nella tua lotta per la verità, come non sono soli i precari, gli sfruttati e i giovani come me che vorrebbero lasciare il mondo un po’ migliore di come l’hanno trovato.
E, volendo salutare simbolicamente il grande Lucio Dalla, cui dedico quest’articolo, posso dire che qui ho imparato a scrivere più forte agli amici lontani, a coloro che non possono sentirmi ma hanno un disperato bisogno di ricevere un messaggio di conforto.

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