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Censura comunale preventiva: l'editto di Barrafranca
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di Giorgio Ruta*

Censura comunale preventiva: l'editto di Barrafranca E’ una storia di contrasti politici all’interno di un piccolo comune dell’entroterra siciliano. Una storia normalissima che ha assunto contorni grotteschi. Ciò che avviene in questo microcosmo aiuta a capire le condizioni di lavoro dei corrispondenti locali, fa capire come alcuni amministratori locali intendono i rapporti con i giornalisti, con quanta insofferenza sono sopportate le regole che sanciscono l’autonomia dell’informazione giornalistica. L’episodio ha suscitato la condanna dell’Ordine dei Giornalisti della Sicilia e del presidente di Avviso Pubblico, Andrea Campinoti.

Siamo a Barrafranca, piccolo paese di 13 mila abitanti, in provincia di Enna. C’è un giornalista, Renato Pinnisi,  corrispondente del quotidiano più letto dell’isola, La Sicilia. Un caldo giorno di luglio dello scorso anno Pinnisi riceve una strana lettera su carta intestata del Comune con tanto di propocollo. E’ firmata da Biagio Cascio (nella foto), presidente del consiglio comunale, indipendente eletto nella lista DL-Margherita. “Il sottoscritto, nella qualità di presidente del Consiglio Comunale di Barrafranca, le rammenta che tutti gli articoli di giornale riguardanti la mia persona nella figura istituzionale che ricopro – intima il Presidente Cascio – devono essere preventivamente portati a mia conoscenza prima della pubblicazione, onde evitare la divulgazione di notizie non corrispondenti a vero e spiacevoli conseguenze”.

Quali conseguenze? Sembra  una minaccia. Perciò abbiamo chiesto qualche chiarimento proprio al Presidente Biagio Cascio.

Presidente, lei rammenta l’articolo 21 della Costituzione? Dice che la libertà di cronaca non può essere soggetta a censure preventive e ad autorizzazioni. “Certo che lo rammento! Ma cosa avrei dovuto fare con quel giornalista? Querelarlo? La mia lettera sarà contraria all’art. 21, ma io non ne sono pentito. Io non mi pento mai di niente”.

Il presidente Cascio non ha dubbi sulla correttezza del suo operato.  Ha un’ alta concezione di sé e del suo ruolo istituzionale di Presidente del consiglio comunale  e pensa che un controllo preventivo in deroga all’articolo 21, in fondo, gli sia dovuto.  Forse, gli faccio osservare, avrebbe potuto agire diversamente… “No, ripeto: non sono pentito di ciò che ho fatto. Pinnisi, piuttosto, dovrebbe fare il giornalista e non il buffone. Io, guardi,  ho un rispetto smisurato per  il suo mestiere di giornalista, ma lui non deve dire fesserie. Perché scrive certe cose? Se vuole glieli do io sette euro per ogni pezzo che scrive!”.

Da cosa nasce tanta animosità nei confronti di Pinnisi?  “Lei non lo conosce. Le faccio un esempio. Ho intrapreso un percorso, quando ero presidente della quarta commissione, che ha portato alla formazione dell’Ufficio Europa e il giornalista in questione ne ha parlato in  due articoli, pubblicati con la foto del sindaco e del vice sindaco, senza dire che quell’iniziativa era mia! Non è corretto. Io ho contattato il responsabile de La Sicilia ed ho fatto pubblicare un trafiletto che ristabilisce la verità dei fatti”. Secondo lei, perché  Pinnisi agisce così?  “Come può dire la verità? Dice quello che vuole il sindaco perchè è il suo addetto stampa”.

Insomma, Pinnisi è accusato di ‘pendere’ troppo dalla parte del sindaco, Angelo Ferrigno, dell’MPA, il partito di Raffaele Lombardo.

Non è vero niente, replica Renato Pinnisi: “Io ho scritto solo la verità, le  menzogne sono le sue. Non sono mai stato addetto stampa al Comune!  Sono stato consulente del sindaco, ma non in quel periodo. Cascio fa politica e tira l’acqua al suo mulino, io faccio soltanto il mio mestiere. Racconto i fatti  e lo faccio perchè amo il mio paese”.

Renato è amareggiato: “Se penso che devo sopportare attacchi del genere per guadagnare pochi euro a ‘pezzo’! Chi fa il corrispondente nei piccoli paesi come il mio ha un sacco di problemi. Si lavora in condizioni veramente difficili. Una volta sono stato addirittura sottoposto al pubblico ludibrio”. Accadde nel 2009, racconta Pinnisi: l’Udc locale affissi sui muri  un manifesto in cui accusava il Sindaco e il giornalista di essere bugiardi. “Si lavora così, in queste condizioni”, conclude Pinnisi.

L’ORDINE DEI GIORNALISTI della Sicilia ha stigmatizzato l’episodio con una nota intitolata “Il censore di Barrafranca” in cui si definisce l’episodio “Una sorta di messa al bando o peggio al pubblico ludibrio”. “Viene da pensare – prosegue la nota – che a Barrafranca le idee elaborate nel contesto della tradizione liberale occidentale, che poi si sono imposte in tutto il mondo, probabilmente non sono state ancora del tutto recepite. E ancora meno la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite (1948) che ha affermato il diritto di tutti gli uomini di “chiedere, ottenere, fornire informazioni e scambiarsi idee tramite qualsiasi mezzo di comunicazione e attraverso tutte le frontiere”. Per i più smemorati ricordiamo anche l’articolo 21 della nostra costituzione che individua nella libertà di stampa uno dei cardini dello stato democratico”.

AVVISO PUBBLICO –
Anche Avviso Pubblico, l’associazione degli amministratori localo per la legalità ha difeso il giornalista. “La libertà di stampa – ha dichiarato ad Ossigeno il presidente di Avviso Pubblico, Andrea Campinoti, sindaco di Certaldo – e’ uno dei cardini della democrazia come riconosciuto dalla nostra Costituzione.Ogni cittadino, compreso chi ricopre un incarico pubblico, ha il diritto di tutelare la sua persona e la sua onorabilità ricorrendo alle previsioni di legge vigenti. Ogni tentativo di impedire o di condizionare il libero esercizio del diritto di informazione e’ da ritenersi inaccettabile e va respinto con forza e determinazione. A Renato Pinnisi e ai giornalisti che continuano a fare il loro dovere con professionalità e coerenza, rispettando la Costituzione e il codice deontologico, va tutto il nostro sostegno e la nostra solidarietà“. -

*tratto da http://www.ossigenoinformazione.it/

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