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Il pianto della “ Piana”
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di Luciano Militerni

Il pianto della “ Piana”

La filiera dei prodotti di nicchia e non che la terra di Calabria sforna, anche con le etichette ed i riconoscimenti più altisonanti è ,  per i mercati del Globale, macchiata da una sorta di peccato originale. I recenti fatti di Rosarno, poi,  hanno dato corpo e valenza ad una serie di interrogativi sulle economie di quella regione considerata anche la spirale di violenza inaudita che ha connotato l’incresciosa vicenda.
Non voglio dire che gli imprenditori calabresi siano tutti appartenenti a congreghe di malaffare ma, ahimè, l’immagine che si proietta all’esterno di tutto ciò che è vivo, pulsante, bello, creativo ed esportabile, ma proveniente da quella terra, si colora cremisi.

La serie di arresti di appartenenti alle cosche, operata nell’immediatezza degli eventi di cui è cenno in uno con la confisca dei loro beni, non fa altro che implementare la più feroce intransigenza di chi – a torto o a ragione – ritiene che l’intero sud Italia non potrà mai guadagnarsi i galloni di società civile.

Nel solco della tradizione  culturale meridionalistica, illuminate menti hanno dedicato i loro studi ed il loro impegno politico ed umano ( Sturzo – Fortunato – Salvemini) alla comprensione del fenomeno di sudditanza dell’oppresso popolo del sud indicando ed analizzando  le strategie utili per una “primavera”  di una intera etnia e di una parte d’Italia da spianare ab imis per operare quel salto di qualità necessario per il raggiungimento del benessere.
Nel lessico di questi pensatori, si riteneva che la secolare arretratezza della terra nostra di Calabria, fosse da attribuire alla mancata trasformazione della borghesia rurale in borghesia imprenditoriale e da una sorta di “ fatalità geografica” ( come la intendeva FORTUNATO ) .
Oggi si può dire che tale visione delle cose risulta vera solo in parte ove si consideri la  generalizzata corruttela politica che provoca inevitabili rapsodie razzistiche e non crea i presupposti di un nuovo sistema ideologico per ricomprendere appieno il divenire storico e le conseguenti dinamiche transfrontaliere dei popoli che per scappare da fame , carestia e guerra, cercano ricetto in ogni dove.

Giardino d’Europa, con inferiorità geografica ed economica, questa regione, nonostante il mito Virgiliano della fecondità e pur disponendo di un potenziale turistico invidiabile, non riesce a risollevarsi.
Dopo i fatti di Duisburg, la Calabria di nuovo all’attenzione del mondo.
Che vergogna!
Anche  da paesi non proprio allineati e tarati su binari di democrazia e civiltà come l’Egitto, si sono levati cori  di protesta stigmatizzando una drammatica, brutale “ caduta “ del Sistema Italia,  colpevole di razzismo.

Politicanti ascari – nazionali e domestici –  ciechi e sordi al grido di ribellione delle persone oneste, favoriscono la Casta ed una imprenditoria per consorterie familistiche con ogni tipo di guarentigia.

Serve –perciò – una ribellione ( nell’autentico valore semantico del verbo) come coscienza politica della necessità di ripristinare le fondamentali regole del vivere civile e di una rinnovata partecipazione di tutti allo Stato.
Un rivolgimento, dunque, totale ove la politica non rivesta più i connotati di attività distorta, di scambio di interessi e di compromessi a scapito della qualità del consenso.

Noi cittadini del sud dobbiamo smettere di interrogarci se viviamo in uno Stato o in una Colonia, zeppa di batteri politici.
Dobbiamo ricusare ogni fatalistica rassegnazione con una cosciente determinazione di creare una nuova sintesi politica evitando colorazioni federaliste ed autonomiste, che tenga conto della vita di tutti i partecipanti alla res publica per una vera uguaglianza di fronte alla legge, senza distinzioni di razze e religioni.
Dobbiamo bandire l’idea dell’immediato successo e, come diceva Bobbio, dobbiamo correggere i  vecchi costumi di cui sono piene le Storie Patrie. 


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