Articolo 21 - ESTERI
Afghanistan, e' tempo di impacchettare le nostre cose
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di Tiziana Ferrario

La tensione con gli Stati Uniti è alle stelle dopo gli episodi del Corano bruciato e l’ultima strage compiuta da un militare statunitense.
Il presidente Obama in una telefonata con il presidente Karzai pochi giorni fa ha ribadito che i suoi soldati lasceranno l’Afghanistan alla fine del 2014, smentendo le voci di un ritiro anticipato. Per quella data l’esercito afghano dovrebbe essere in grado di assumere il controllo della sicurezza nel paese. E’ una speranza, perché nessuno sa con certezza cosa accadrà in Afghanistan una volta che le truppe internazionali,130 mila soldati, se ne saranno andate via.
La trattativa tra Stati Uniti e talebani langue in Qatar, senza un accordo sullo scambio di prigionieri chiesto dai talebani come condizione per far cessare la violenza e gli attacchi suicidi. Nodo cruciale da affrontare con il presidente Karzai è la presenza di basi americane in Afghanistan. Lo scrittore e giornalista Ahmed Rashid, profondo conoscitore delle vicende afghane e pachistane, mette in guardia dall’esclusione del Pakistan dalle trattative. In occasione dell’uscita del suo nuovo libro Pakistan On the brink, Rashid ribadisce che è un errore bypassare il Pakistan, visto che la leadership talebana risiede nel paese. Qualunque trattativa sull’Afghanistan senza un coinvolgimento di Islamabad e dei paesi della regione –dice Rashid- è destinata a fallire.
Un’amica che vive a Kabul mi dice che ormai sono ritornati tutti, integralisti, talebani, ex terroristi e silenziosamente si stanno posizionando. La gente ha paura, le donne hanno il terrore di precipitare di nuovo nelle mani degli studenti coranici.
Intanto le nazioni che devono riportare a casa i loro soldati e tutte le imponenti attrezzature militari stanno studiando le vie più sicure per evitare attacchi ai convogli Nato. Si è intensificata l’attività diplomatica con le ex repubbliche sovietiche, viste come alternativa alla rotta pachistana, dove già in passato sono stati bruciati i camion che trasportavano materiale per le truppe internazionali. Tagikistan,Uzbekistan,Kazakistan, Kirgistan devono permettere che sul loro terriotio transiti l’enorme arsenale Nato.
Abbiamo davanti un’enorme sfida logistica. Solo la Gran Bretagna con i suoi 9500 soldati nella provincia di Helmand,scrive il Daily Telegraph deve reimpatriare 3000 veicoli corazzati, 11 mila containers per un valore di 4 miliardi di sterline con un costo di spedizione di 100 milioni di sterline. L’operazione dovrebbe iniziare questa estate e proseguire per i prossimi due anni. Anche l’Italia deve riportare a casa l’equipaggiamento dei nostri 4000 soldati,ma ancora non ha fatto sapere quando prenderà il suo trasloco.
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