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Navi dei veleni: un caso chiuso solo per il Governo
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di Bruna Iacopino

Navi dei veleni: un caso chiuso solo per il Governo

Nuovi dubbi o nuovi spiragli sull'inchiesta navi dei veleni (caso Cunsky) chiusa, un po' frettolosamente dal Ministero dell'Ambiente con l'identificazione del relitto con la nave Catania. In seguito alle rivelazioni, suffragate da indagini, foto e documenti, portate in giro per la Calabria da parte del giornalista investigativo Gianni Lannes ( che a breve pubblicherà un dossier completo sull'argomento) immediata è arrivata la replica del Ministro Prestigiacomo. Quella nave è il Catania, quindi il caso è chiuso. Punto e basta? A quanto pare non proprio chiuso. Dal sito di Italiaterranostra rilanciano, dati alla mano, e avanzano non pochi dubbi sulla versione ufficiale.
“La ministra Prestigiacomo sta cercando di occultare le prove?” titolano provocatoriamente il pezzo datato 15 febbraio 2010, una provocazione che riecheggia, però, in una vecchia dichiarazione dell'On. Angela Napoli, (PdL) componente della Commisione antimafia. La Napoli, infatti, in un'intervista rilasciata a L'Espresso nel novembre 2009 quindi poco dopo la “chiusura del caso” dichiarava: “ Il governo sta cercando di nascondere la verità sulle navi dei veleni, e su quella di Cetraro in particolare. Si vogliono coprire segreti di Stato, e la strada scelta è quella del silenzio. O peggio ancora, di dichiarazioni che non stanno in piedi”. Un'affermazione pesante e che prende le mosse da una semplice constatazione di partenza: “Penso, per esempio, a cosa è successo il 27 ottobre quando è stato ascoltato dalla commissione Antimafia il procuratore nazionale Piero Grasso. Appena gli ho posto domande vere, scomode, il presidente della commissione Beppe Pisanu ha secretato la seduta...”. Alla domanda puntuale del giornalista che chiedeva delucidazioni nei limiti del possibile la stessa spiegava: “ Chiedevo chiarezza sul ruolo dei servizi segreti in questa vicenda. Domandavo come potesse il pentito Francesco Fonti, che non è della zona, indicare il punto dove si autoaccusa di avere affondato una nave, e farlo effettivamente coincidere con il ritrovamento di un relitto. Volevo che superassimo le ipocrisie, insomma. Anche riguardo al memoriale del pentito, che è stato custodito per quattro anni, dal 2005, nei cassetti della Direzione nazionale antimafia senza che nessuno facesse verifiche”.
Già, Fonti... per esempio, come faceva Fonti a sapere che il relitto si trovava esattamente lì?
È questa una delle 21 domande che sempre Italiaterranostra pone, a conclusione dell'articolo. 21 domande che insinuano dubbi, motivati,  e attendono risposte che al momento non sono state fornite... Fra cui, la possibilità che sul tutto sia stato posto il segreto di Stato!?
E mentre l'inchiesta giornalistica va avanti, contemporaneamente si muovono gli apparati istituzionali. Continua su questo fronte l'attività della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle ecomafie e sugli illeciti connessi al ciclo dei rifiuti, presieduta dall'on.Gaetano Pecorella. Nella mattinata di mercoledì 17 febbraio, la Commissione dovrebbe essere a Bologna per sentire alcuni collaboratori di giustizia, stando a quanto riporta il sito di Calabrianotizie si tratterebbe di Emilio Di Giovine ( investito quasi mortalmente a novembre del 2009, e guarda caso il giorno stesso in cui aveva dichiarato la sua diposnibilità a conferire con la stessa Commissione) e di Stefano Carmelo Serpa. Due dei 4 pentiti che hanno dichiarato di voler parlare dell'argomento. Il terzo in questione è il ben noto e più volte giudicato inattendibile, Francesco Fonti, mentre recentemente sarebbe spuntato anche un quarto nome, quello di Gerardo D'Urzo, il quale, tramite il suo avvocato  avrebbe comunicato la sua disponibilità ad essere audito da entrambe le Commissioni (rifiuti e antimafia).
Mentre il 20 di gennaio ad essere ascoltato dala stessa Commissione è stato l'ex procuratore della Repubblica di Matera, attualmente a Brescia, Nicola Maria Pace, protagonista dell'inchiesta sul centro Itrec della Trisaia di Rotondella.
Stando al resoconto stenografico, il procuratore Pace non nutre alcun dubbio, quelle navi ci sono e le indagini vanno proseguite. A domanda precisa rispetto alla verifica delle ipotesi costruite in collaborazione con il procuratore Neri di Reggio Calabria Pace e del perchè il caso, sulle presunte navi dei veleni non sia stato chiuso, risponde: “ Perché questa situazione per chiudersi ha bisogno di una cosa molto semplice, ma molto onerosa e animata da una forte determinazione, ovvero andare a vedere le navi, cosa che all'epoca non fu fatta perché non si poteva fare... Mi procurò un sentimento di angoscia e di sofferenza sentirmi dire che non si poteva fare per la Rigel, la nave su cui si addensavano e si addensano i maggiori sospetti, perché il massimo era stato fatto per Ustica. L'aereo di Ustica si trovava a una profondità di circa 600 metri, mentre la Rigel purtroppo era a 2.400 metri.” E in conclusione: “ Ricollegandomi alla parte finale della sua giusta osservazione, illustro quanto ancora va fatto, Fonti o non Fonti, perché ora sto ragionando soltanto sulla base dei dati investigativi acquisiti, che mi hanno portato al convincimento ragionevole, basato sugli atti a disposizione di un pubblico ministero, che rendono più che verosimile una certa ipotesi, che le navi esistano, che siano state affondate e per questo sia morto anche De Grazia, che già gli affondamenti siano avvenuti con modalità tali da suscitare fondati sospetti, che gli elementi investigativi addensino questi sospetti e ci inducano a ritenere che fossero carichi di rifiuti, magari non tutti radioattivi perché non si spiegherebbe l'impiego di navi per questa attività di smaltimento in mare, è sufficiente buttare senza caricare navi. Non c'era dunque altro da fare che accedere ai relitti, soprattutto al relitto che maggiormente prospettava questa possibilità.”
Come se non bastasse, a questo elenco vanno aggiunti i nomi di alcuni europarlamentari, del gruppo S&D-Pd Gianni Pittella, vice Presidente vicario del Parlamento Europeo, e Mario Pirillo, membro della Commissione Ambiente, che i primi di febbraio si sono rivolti direttamente al Presidente della Commissione europea afinchè piena luce venga fatta sul caso delle navi dei veleni e sul relitto al largo di Cetraro. Nonostante le rassicurazioni el Ministero dell'Ambiente Pittella e Pirillo sottolinenano che “ci sono... numerosi dubbi sollevati da alcuni esponenti delle associazioni ambientaliste e da parte di subaquei professionisti che precedentemente, per conto della regione Calabria, avevano esplorato il medesimo sito arrivando a conclusioni differenti e più preoccupanti”.
Chiedono quindi “di ritornare sulla zona oggetto di indagine con la stessa strumentazione utilizzata, alla presenza questa volta delle parti interessate alla vicenda, dei mass media, della Regione e dei rappresentanti delle associazioni ambientaliste, e procedere alla video ricognizione della fiancata della nave nella zona del presunto siluramento”.
Caso chiuso? Decisamente no.

Leggi l'articolo su Italiaterranostra

Leggi il resoconto stenografico di Nicola Maria Pace

L'intervista su l'Espresso ad Angela Napoli


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