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Veleni e Censure
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di redazione

Veleni e Censure

I protagonisti di questa storia sono una giornalista dalla lingua lunga,  insofferente verso i condizionamenti e i buoni consigli dei potenti; un sindaco inquisito per essersene infischiato – così dice l’accusa – della salute dei suoi concittadini di fronte ad un grave inquinamento ambientale e un gruppo di consiglieri comunali, fedeli del sopraccitato sindaco che, con ammirevole zelo, vanno in soccorso del loro capo inquisito approvando un ordine del giorno con cui si chiede alla Rai, scomodando persino la Vigilanza, la testa della giornalista impertinente.
Si potrebbe dire una storia come tante. In Italia ci siamo abituati. La recente  storia dell’informazione è piena di censure ed editti più o meno bulgari. La stranezza di questa storia che vi raccontiamo è che Sindaco e Consiglieri non appartengono, come si potrebbe pensare, alle truppe berlusconiane; nossignore sono tutti esponenti del  Pd (anche se sotto forma di lista civica) e del partito socialista.
  Circostanza  ancor più singolare i fatti non si svolgono nell’agro casertano, dominato dai Casalesi, o tra le coppole storte delle plaghe del corleonese, bensì nella civilissima provincia di Arezzo, in un luogo simbolo della democrazia italiana e teatro di una delle più feroci stragi nazifasciste durante la Resistenza:  Civitella in Valdichiana.
Nella piana sotto il paese, vicino la frazione di Pieve al Toppo  c’è da anni un’azienda, la Chimet, che lavora rifiuti per l’estrazione di metalli preziosi, ma che opera anche lo smaltimento tramite incenerimento. La fabbrica è florida, dà lavoro, sponsorizza le associazioni sportive,  ma  - almeno così sostengono i pm della Procura di Arezzo -  lì attorno ha avvelenato tutto e tutti con fumi e fanghi tossici. In alcune aree, sottoposte all’esposizione dei fumi della Chimet i casi (ed i morti) di leucemia sono tre volte rispetto alle attese epidemiologiche. Una coincidenza,? Forse.
A Civitella un Comitato di cittadini ha raccolto migliaia di firme e ha denunciato questa situazione, facendo scattare le indagini della Procura e del Corpo Forestale. La polizia giudiziaria ha sequestrato aree inquinate da sostanze cancerogene e sulle quali veniva coltivato  grano poi per anni destinato al consumo umano, ha eseguito controlli, analizzato campioni, ordinato perizie. Alla fine la Procura ha disposto la comunicazione di fine indagini (preludio procedurale alla richiesta di rinvio a giudizio) per il titolare della ditta e per altre persone a vario titolo coinvolte. Tra esse vi è anche il primo cittadino di Civitella, Massimo Dindalini, accusato di non aver fatto nulla, anzi di aver tenuto segreti i fatti alla cittadinanza, di fronte ad un grave episodio di inquinamento causato dalla Chimet. Questo sostengono i magistrati dell’accusa. A stabilire la verità ovviamente saranno i tribunali.
Bene, la giornalista della TGR Rai, Costanza Mangini segue l’inchiesta giudiziaria e da conto, con due servizi, del provvedimento del pm. Lo fa senza chiedere permessi, senza accettare consigli, senza reticenze, senza frasi sfumate e soprattutto si permette di dar voce agli esponenti del Comitato che ha denunciato i fatti, ad altri cittadini che esprimono preoccupazione, mostra la cosiddetta “strada della morte”,  chiamata così perché vi è un numero impressionante di casi di tumore e leucemia, quindi intervista il sindaco inquisito e l’avvocato del titolare della Chimet, per dare spazio anche alla loro versione. Insomma un lavoro lineare, si potrebbe dire – usando le parole di Franco De Felice, caporedattore della TGR Toscana  che ha subito difeso la sua cronista, così come hanno fatto esponenti politici e associazioni – “da manuale del servizio pubblico”.
Non la pensano così il Sindaco e la sua maggioranza che, nella seduta del 27 febbraio,  approva un rovente ordine del giorno col quale si accusa Costanza Mangini di aver detto il falso, senza però smentire alcuna delle notizie fornite dalla giornalista, si dimentica di dire che il sindaco di Civitella è tra gli inquisiti, ma soprattutto si evidenzia il peccato più grave: aver dato la parola a chi la parola non doveva averla, i cittadini incazzati  davanti ad una lunga infinita teoria di morti. L’ordine del giorno, che - forse su un personalissimo sondaggio del Sindaco - esprime anche l’indignazione di “tutti i cittadini”,  conclude chiedendo al caporedattore della TGR Toscana (che li ha rispettosamente mandati a quel paese), al Cda di Viale Mazzini, alla Commissione di Vigilanza e all’Ordine dei giornalisti, di essere informati dei provvedimenti disciplinari adottati contro Costanza Mangini, non è chiaro se si aspiri al licenziamento, alle pene corporali, all’esposizione alla berlina, all’arresto e alla deportazione…..
Un attacco scomposto che assume il tono greve dell’intimidazione, in quanto espone consapevolmente la giornalista – indicata con nome e cognome - ad una oggettiva condizione di rischio personale in una vicenda dietro la quale non si può certo escludere, allo stato dell’inchiesta, che  possano esserci pensanti  e forse inconfessabili interessi legati ai rifiuti speciali.
 Una vicenda che nei toni e nei contenuti sembra tratta, con uno straordinario copia/incolla, dal migliore repertorio berlusconiano. Un tentativo di intimidire e tappare la bocca ad una giornalista che diventa scomoda semplicemente per aver fatto il proprio mestiere in maniera “normale”, in un Paese nel quale la normalità del giornalismo diventa un’eccezione e quindi assume il sapore strano e pericoloso di un’azione quasi eversiva rispetto ad un sistema di regole accettato dai più per quieto vivere e per  poter tranquillamente mangiare alla greppia del potere. I potenti (persino il piccolo Sindaco di un a paese di provincia), al di la del partito di appartenenza, non sopportano il giornalismo normale, e pensano di poterlo richiamare all’ordine. Il “giornalismo normale”, che lor signori chiamano fazioso, senza ovviamente conoscere il significato dei termini che usano, è quello che fa domande che non piacciono, che pone interrogativi, che da la parola a tutti senza chiedere autorizzazioni. E’ il giornalismo di Costanza  e di tanti altri colleghi che, in varie parti del Paese, assumendosi rischi più o meno grandi, ancora resistono,  accettano di pagare il loro prezzo per tenere la schiena dritta, che non ci stanno a vivere da servi e a tradire il loro editore di riferimento che è sempre e comunque, al di la della proprietà delle aziende editoriali, il lettore e l’ascoltatore.
 Dalla Sicilia alla Toscana, purtroppo chi sta al potere vuole che i giornalisti siano solo dei “reggimicrofono in guanti bianchi, pronti a annuire sorridenti davanti alle peggiori cazzate dei potenti, ad accogliere ogni menzogna senza osare contraddirla seppur  in possesso di inconfutabili fatti, cortigiani che scelgono con cura a chi dare la parola e soprattutto a chi negarla. Berlusconi ha fatto scuola.


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