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“1° Marzo 2010: una giornata senza di noi” colora di giallo le piazze italiane
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di Roberto Secci

“1° Marzo 2010: una giornata senza di noi” colora di giallo le piazze italiane

Il 1° marzo diventerà la “festa gialla” sul calendario di molti Paesi europei: Italia, Francia e Grecia tanto per cominciare. Ieri, in moltissime città di questo pezzo d'Europa dove, nonostante le resistenze dei governi nazionali, è in corso un fenomeno migratorio che ubbidisce a leggi complesse che alimentano cicli di forte intensità e che è difficile pensare di disciplinare, sono scese in piazza decine di migliaia di persone. Non uno sciopero di fabbrica. Ma il tentativo di diserzione dai luoghi della produzione formale e informale: uno sciopero delle badanti e dei bambini, dei soci di cooperativa e degli ambulanti, degli operai e degli operatori dei call centers. Una protesta che ha assunto forme diverse: cortei, concerti, scioperi, astensione dal consumo, lezioni di clandestinità in piazza e nelle scuole, proiezioni. 
La scelta del giallo non è stata casuale: si tratta di un colore che non può essere associato ad alcun partito politico. Sotto il profilo della 'psico-cromatica', poi, il giallo è il colore della rinascita, del cambiamento.
Nel manifesto programmatico dell'iniziativa, i promotori italiani hanno voluto sottolineare che “'Primo marzo 2010, una giornata senza di noi” è un collettivo non violento che riunisce persone di ogni provenienza, genere, fede, educazione e orientamento politico. Immigrati, seconde generazioni e italiani, accomunati dal rifiuto del razzismo, dell'intolleranza e della chiusura che caratterizzano il presente italiano. "L'emigrazione non è un crimine" e "Non siamo criminali" sono stati due degli slogan riecheggiati in tutta le piazze insieme alla protesta contro la politica del governo in materia di immigrazione.  Come dimenticare che lo scorso maggio, il governo di Silvio Berlusconi ha approvato una legge che ha introdotto il reato di immigrazione clandestina  e il prolungamento del tempo di permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione degli extracomunitari che entrano in Italia senza permesso di soggiorno. L'immigrazione clandestina, ossia l'ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato, è adesso un reato. Chi arriva in Italia senza il permesso di soggiorno può adesso essere trattenuto nei Cie fino a 180 giorni. Se poi uno straniero resta in Italia nonostante il provvedimento di espulsione rischia una pena da sei mesi a un anno se il suo permesso è scaduto da più di 60 giorni. La pena aumenta e va da uno a quattro anni se lo straniero è entrato in Italia illegalmente o non ha chiesto il permesso di soggiorno e diventa da uno a cinque anni se lo straniero che ha ricevuto l'ordine di espulsione e un nuovo ordine di allontanamento continua a rimanere illegalmente in Italia.  Da maggio a oggi ci sono stati anche i drammatici fatti di Rosarno e centinaia di casi di intolleranza e di razzismo che, spesso, vengono inghiottiti dalla cronaca locale. Eppure il nostro Paese è stato per oltre un secolo un paese di emigrazione: si stima che fra il 1876, anno in cui si cominciarono a rilevare ufficialmente i dati, e il 1985 circa 26,5 milioni di persone lasciarono il territorio nazionale. Molti dei nostri connazionali, la stragrande maggioranza di loro, furono costretti a subire lo stesso trattamento, episodi di razzismo e di intolleranza compresi,  che oggi subiscono in Italia i migranti, di prima o seconda generazione che siano. Provate a legger la relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti. Ottobre 1912 :
“Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro. I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali”. “Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purchè le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione”.
Chissà se i parlamentari della Lega lo sanno!

 


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