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Articolo 21 - Editoriali
Un Presidente per la Rai
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di Roberto Natale*

Un Presidente. Vogliamo il Presidente. Deve cessare lo scandalo di un servizio pubblico che da 14 mesi e mezzo (Lucia Annunziata si dimise il 4 maggio dellâ??anno scorso) non può usufruire della condizione che in una qualsiasi altra azienda è di banale normalità: un gruppo dirigente completo, con poteri pieni e non contestati, che non debba perder tempo in dispute giuridico-politiche sulla propria legittimità. Non ci interessa che le ferie siano imminenti: due settimane sono più che sufficienti, se si vuole decidere. E non ci interessano i calcoli di chi, fuori dalla Rai, ragionando sulle politiche del 2006 punta a mantenere tutto comâ??è: perché pensa di conservare un vantaggio pre-elettorale (nel centro-destra), o perché crede che sarà più facile cambiare il vertice in caso di vittoria (nel centro-sinistra).

Questi calcoli, â??realisticiâ? ai limiti del cinismo, possono avere cittadinanza fuori dalla Rai. Ma dentro la Rai non si trova un dipendente disposto a credere che lâ??azienda possa reggere così per un anno ancora. Eâ?? per questo che domani, martedì 19 luglio, donne e uomini del servizio pubblico daranno un altro segnale: dopo lo sciopero dei giornalisti del 4 giugno e dopo il documento firmato unitariamente tre settimane fa da tutte le rappresentanze di tutte le categorie aziendali, domani sarà giornata di sit-in. Due al prezzo di uno, promossi dai sindacati confederali (Slc-Cgil, Fistel-Cisl, Uilcom-Uil) e dallâ??Usigrai.

Si comincia alle 11,30, in via XX Settembre, davanti al Ministero dellâ??Economia; si prosegue dalle 13,30 in piazza San Macuto, nei pressi della Commissione di Vigilanza, dove il Ministro Siniscalco domani pomeriggio sarà in audizione. Sappiamo bene â?? le agenzie di stampa ne hanno dato numerose conferme anche nelle ultime settimane â?? che il Presidente del Consiglio continua a seguire la vicenda in primissima persona: alla faccia del conflitto di interessi e delle declamate intenzioni di non ingerenza, propone alcune candidature e ne blocca altre.

Ma la legge Gasparri dice che è al Ministro dellâ??Economia che tocca il diritto-dovere di fare una proposta. E allora la rispetti in primo luogo lui, questa legge alla quale il governo teneva al punto da essersi esposto alla bocciatura di Ciampi. A molti dei dipendenti Rai, come a milioni di persone in Italia, la Gasparri non piace per nulla. Eâ?? una legge che fa dei consiglieri di amministrazione i diretti fiduciari dei partiti che li hanno nominati, accorciando ulteriormente la distanza tra viale Mazzini e le forze politiche (non sarà un caso che ben quattro degli otto attuali consiglieri siano parlamentari, peraltro ancora in carica).

Eâ?? una legge che sottomette esplicitamente la Rai al governo, al quale viene riconosciuto un diretto potere di nomina.  Su un solo punto le legge esprime lâ??intenzione di andare oltre unâ??idea primitiva del bipolarismo e sembra guardare alla Rai come istituto di garanzia: con la norma che impone un gradimento dei due terzi della Vigilanza per il candidato presidente. Le nomine che attenevano allâ??interesse dei singoli partiti e del governo sono state fatte con grande velocità. Si è arenata invece la nomina che richiede una concezione meno proprietaria della cosa pubblica. Non è accettabile.

E non câ??è da perdersi dietro proposte di modifica come quelle avanzate dal Ministro Landolfi, che per essere approvate richiederebbero la stessa intesa fra le parti e molto tempo in più di quanto non ne serva per fare un Presidente secondo la legge in vigore. La Gasparri va sì radicalmente riscritta, ma su ben altri punti. Ora applicatela senza tardivi pentimenti. E date finalmente al servizio pubblico una condizione meno precaria. La Rai deve potersi muovere a pieni giri, se vuole correggere la rotta dopo questi anni di autonomia svenduta, di ossessione finanziaria e di scelte orientate ad una insensata privatizzazione.

* segretario Usigrai

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