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Respingimenti. Dopo l'UNHCR, i dubbi della magistratura
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di Ambra Murè

Respingimenti. Dopo l'UNHCR, i dubbi della magistratura

Le organizzazioni umanitarie lo dicono dall’inizio: i respingimenti dei migranti sono una violenza. La magistratura ora apre un’inchiesta: un dirigente del ministero dell’Interno e un generale della Guardia di Finanza sono stati rinviati a giudizio dalla procura di Siracusa. L’accusa per loro è di violenza privata. Violenza, nello specifico, sarebbe stato ricondurre in Libia, alla fine dello scorso agosto, 75 immigrati, tra cui alcuni minorenni, contro la loro volontà e senza averli identificati. Gli stranieri, intercettati su un barcone al largo di Portopalo di Capo Passero, furono respinti in Africa a bordo di una nave della Guardia di Finanza. Al centro del reato – spiegano i magistrati siciliani – non c’è il respingimento in sé, attuato in base a un accordo del nostro Governo con la Libia, ma la mancata applicazione della legge. La nave della Guardia di Finanza, infatti, si considera a tutti gli effetti territorio italiano. E, quasi superfluo dirlo, in territorio italiano quelle 75 persone avrebbero avuto diritto a ricevere la protezione internazionale che si riconosce ai minori e ai rifugiati politici. Lo conferma ai nostri microfoni la portavoce italiana dell'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati (UNHCR), Laura Boldrini. Ma la linea del Governo non cambia. Lo hanno ribadito in coro il ministro e il viceministro dell’Interno, Roberto Maroni e Alfredo Mantovano: “noi – hanno detto - continueremo a respingere”.


ASCOLTA L'INTERVISTA A LAURA BOLDRINI


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