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Articolo 21 - Editoriali
Una brutta, bruttissima giornata per il diritto e la giustizia
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di Ignazio Patrone*

Ieri il Senato ha approvato il ddl ex-Cirielli. 
Md si era già espressa su questo testo con un suo analitico documento di qualche mese or sono, che trovate sul nostro sito www.magistraturademocratica.it e sul n. 1/2005 di Questione giustizia, a pag. 211; non si tratta, come ben sapete, solo di un ddl scritto per regalare l'impunità, a processi in corso, ad alcuni imputati eccellenti.
Siamo infatti di fronte allo stravolgimento del nostro sistema penale, alla pratica istituzionalizzata del diritto diseguale, a misure che causeranno ulteriori danni ad una giustizia in crisi; non lo diciamo solo noi; lo hanno scritto i professori di diritto penale delle nostre università e in calce troverete il loro appello, rimasto come sempre inascoltato.
 
Sempre ieri è stato pubblicato il decreto-legge Pisanu che dovrebbe contrastare il terrorismo internazionale;
nel testo sin qui diffuso (ieri sera, mentre la discussione era già in corso in Commissione, sul sito del Parlamento il testo ufficiale non era ancora reperibile in rete !) oltre ad una serie di misure di scarso se non scarsissimo peso ed al consueto disordinato inasprimento di alcune pene e della condizione degli stranieri, si prevedono anche limitazioni alla possibilità di delegare la polizia giudiziaria per le notifiche degli atti del procedimento penale; 
intendiamoci bene; è chiaro che la polizia giudiziaria dovrebbe essere utilizzata per compiti di istituto e che le notificazioni dovrebbero, di regola, essere effettuate dagli ufficiali giudiziari; ma allora gli ufficiali giudiziari dovrebbero esserci ed occorrerebbe prevedere un sistema nel quale vi sia un minor numero di atti da notificare;
anche in questo caso però della efficienza della giustizia al Governo ed alla maggioranza non importa nulla; la parola d'ordine è: "arrangiatevi".
 
Il decreto legge prevede anche il prelievo coattivo di "materiale biologico dal cavo orale" dell'indagato da parte della polizia giudiziaria previa autorizzazione scritta, oppure verbale, del PM; tale disposizione appare illegittima alla luce della sentenza della Corte costituzionale n. 238 del 1996, perlomeno sotto il profilo della genericità delle ipotesi in cui tale attività -indubbiamente restrittiva della libertà personale- potrà essere compiuta; ma pare proprio che di tale precedente non si sia tenuto alcun conto.
 
Il decreto poi riscrive la definizione di terrorismo ai fini della applicazione della legge penale, dandone una qualificazione tanto lata da apparire applicabile ad una serie non previamente determinabile di condotte; una norma sulla quale dovremo ritornare ma che sembra dettata al solo scopo di impedire in futuro sentenze non gradite quali quelle del Gup di Milano. E' il diritto penale del nemico, ne più ne meno.
 
Infine -ma sul punto la confusione dei lavori parlamentari è assoluta, tra emendamenti presentati e poi stralciati- sembra che si vogliano affidare in via permanente alle forse armate compiti di polizia giudiziaria; si introduce lo stato di assedio insomma, o giù di lì.
 
Il tutto sta avvenendo a tappe forzate, senza una vera discussione in Parlamento e nel Paese. Si resta senza parole, è la sconfitta della ragione: una brutta giornata per il diritto e la giustizia.
 
*Il segretario nazionale di Magistratura democratica

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APPELLO CONTRO IL DISEGNO DI LEGGE IN MATERIA DI PRESCRIZIONE

I sottoscritti, professori di diritto penale, richiamano l'attenzione sul Disegno di legge n. 3247, attualmente all'esame del Senato, che comporta  l'abbreviazione dei tempi per la prescrizione di ampie classi di reati, segnalando che, se diventasse legge, abolirebbe di fatto norme incriminatrici di gravissimi delitti, avrebbe sicuri effetti criminogeni e, sotto svariati profili, violerebbe il principio di eguaglianza/ragionevolezza sancito dall'art. 3 Cost.

Com'è noto, già oggi l'estinzione dei reati per prescrizione è un'allarmante patologia del sistema penale italiano. Nel 1999 erano caduti in prescrizione circa 113 mila reati; con un crescendo impressionante si è passati a 123 mila nel 2001, 151.000 nel 2002, 183 mila nel 2003; secondo le previsioni ministeriali, si arriverà a 210.000 nel 2004.

Tra i giuristi divergono le opinioni non sul bisogno di una cura, ma solo sulla scelta della cura più appropriata per arginare una così devastante patologia. Saremmo tornati a discutere sul 'che fare?' nel marzo e nell'ottobre di quest'anno, in occasione di congressi già programmati. Purtroppo oggi ci troviamo di fronte ad un progetto che, accelerando la prescrizione dei reati, si muove in senso diametralmente opposto a quello auspicato da tutti.
Per effetto della approvazione della legge diventerebbero sostanzialmente inapplicabili norme incriminatrici di gravi reati. Delitti puniti con la reclusione sino a cinque o  sei anni - come, ad esempio, la corruzione per atti contrari ai doveri d'ufficio, l'usura, il furto in abitazione, l'omicidio colposo, gran parte dei reati di sfruttamento della prostituzione, dei reati tributari  e del contrabbando legato alla criminalità organizzata - oggi si prescrivono in 15 anni (in presenza di atti interruttivi): in base al progetto si prescriverebbero invece in soli 7 anni e mezzo (in presenza di atti interruttivi), incrementandosi a dismisura il numero dei reati destinati a morire per prescrizione.
Un codice penale così riformato avrebbe addirittura un effetto criminogeno: la consapevolezza dell'impunità per effetto della prescrizione si tradurrebbe in una sorta di istigazione a delinquere. Il disegno di legge, dunque, anziché curare il cancro della prescrizione, ne causerebbe la metastasi.

Non solo. Il disegno di legge all'esame del Senato presenta nel suo complesso gravi e manifesti vizi di illegittimità costituzionale, per violazione del principio di ragionevolezza sancito dall'art. 3 Cost.: vizi rilevabili già nella fase della promulgazione di una legge che recepisse i contenuti di quel progetto.
Il primo, e più macroscopico, profilo di irragionevolezza del disegno di legge emerge dalla considerazione dei suoi effetti: è irragionevole che il legislatore minacci cinque o sei anni di reclusione, e al contempo garantisca a chi si accinge a delinquere che quella minaccia cadrà nel vuoto, perché il reato da lui commesso cadrà in prescrizione.

Un ulteriore profilo di irragionevolezza del disegno di legge risiede nella scelta di accomunare le cause di interruzione e di sospensione della prescrizione, disponendo che "in nessun caso la sospensione e l'interruzione della prescrizione, anche congiuntamente considerate, possono comportare l'aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere" (art. 6 n. 5). L'irragionevolezza è manifesta, poiché l'interruzione e la sospensione rispondono a logiche del tutto diverse: l'interruzione è espressione del perdurante interesse dell'autorità giudiziaria a reprimere il reato; la sospensione, all'opposto, è espressione della forzata inattività dell'autorità giudiziaria, che per poter compiere ulteriori atti processuali deve attendere determinazioni o provvedimenti di altre autorità o il venir meno di impedimenti delle parti o dei loro difensori.

I firmatari di questo documento esprimono, in conclusione, la loro profonda preoccupazione per i dirompenti effetti che la progettata legge produrrebbe sulla convivenza civile e sul funzionamento della giustizia penale. Nel contempo riaffermano il proposito di riprendere la strada verso una riforma che sia in grado di arginare la grave patologia della prescrizione, riconsegnando al diritto penale la sua imprescindibile efficacia ed effettività.

GIULIANO VASSALLI (professore emerito Univ. Roma 'La Sapienza'); ALBERTO CRESPI (professore emerito Univ. Milano Statale); CESARE PEDRAZZI (professore emerito Univ. Milano Bocconi); GIORGIO MARINUCCI (Univ. Milano Statale); FEDERICO STELLA (Univ. Milano Cattolica); FERRANDO MANTOVANI (Univ. Firenze); ALBERTO ALESSANDRI (Univ. Milano Bocconi ); FRANCESCO ANGIONI (Univ. Sassari); GIULIANO BALBI (Univ. Napoli II); ARMANDO BARTULLI (Univ. Milano Cattolica); ALESSANDRO BERNARDI (Univ. Ferrara); MARTA BERTOLINO (Univ. Milano Bicocca); DAVID BRUNELLI (Univ. Perugia);  MAURO CATENACCI (Univ. Teramo); STEFANO CANESTRARI (Univ. Bologna); GIOVANNI COCCO (Univ. Cagliari); GENNARO VITTORIO DE FRANCESCO  (Univ. Napoli II); GIOVANNANGELO DE FRANCESCO (Univ. Pisa); MARIAVALERIA DEL TUFO  (Univ. Napoli Suor Orsola Benincasa); CRISTINA DE MAGLIE (Univ. Pavia); GIANCARLO DE VERO (Univ. Messina); EMILIO DOLCINI (Univ. Milano Statale); LUCIANO EUSEBI (Univ. Cattolica Piacenza); GIOVANNI FIANDACA (Univ. Palermo);  CARLO FIORE (Univ. Napoli Federico II); GIOVANNI FLORA (Univ. Firenze); LUIGI FOFFANI (Univ. Trento); LUIGI FORNARI (Univ. Catanzaro); GABRIELE FORNASARI (Univ. Trento); GABRIO FORTI (Univ. Milano Cattolica); SERGIO MOCCIA (Univ. Napoli Federico II); VITO MORMANDO (Univ. Bari); FRANCESCO PALAZZO (Univ. Firenze); CARLENRICO PALIERO (Univ. Milano Statale); MICHELE PAPA (Univ. Firenze); MARCO PELISSERO (Univ. Alessandria); CARLO PIERGALLINI (Univ. Macerata); PAOLO PISA (Univ. Genova); SALVATORE PROSDOCIMI (Univ. Brescia); DOMENICO PULITANO' (Univ. Milano Bicocca); MARIO ROMANO (Univ. Milano Cattolica); SERGIO SEMINARA (Univ. Pavia); PLACIDO SIRACUSANO (Univ. Messina); GIUSEPPE SPAGNOLO (Univ. Bari); FRANCESCO VIGANO' (Univ. Milano Statale); SERGIO VINCIGUERRA (Univ. Torino); MARIO ZANCHETTI (Univ. Castellanza); GIAMMARCO AZZALI (Univ. Bari Jean Monnet); CARLO BENUSSI (Univ. Milano Statale); GIOVANNI CERQUETTI (Univ. Perugia); STEFANO FIORE (Univ. Campobasso); SILVIA LARIZZA  (Univ. Pavia); MARCO MANTOVANI (Univ. Macerata); ENRICO MEZZETTI (Univ. Teramo); CLAUDIA PECORELLA (Univ. Milano Bicocca); DAVIDE PETRINI (Univ. Torino); FRANCESCO SCHIAFFO (Univ. Salerno); STEFANO TORRACA (Univ. Campobasso); CARLO RUGA RIVA (Univ. Milano Bicocca).

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