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Articolo 21 - Editoriali
Un â??testo unicoâ? che ci allontana dallâ??Europa
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di Roberto Mastroianni*

da Europa Quotidiano

La recente decisione con cui il Consiglio di stato ha richiesto la Corte di giustizia comunitaria di pronunciarsi su numerosi, profondi dubbi di compatibilità della legge Gasparri con i vincoli europei potrebbe avere un effetto devastante sul futuro della legge di riforma del sistema televisivo.
Come si ricorderà, sia lâ??Autorità garante della concorrenza, sia lâ??Autorità delle comunicazioni avevano in numerosi interventi ed audizioni parlamentari sollecitato a rivedere parti della legge, in particolare gli articoli che hanno consentito la proroga del sistema di distribuzione delle frequenze già più volte stigmatizzato dalla Corte costituzionale e penalizzante, nella specie, soprattutto per la concessionaria Europa 7. Le Autorità erano state facili ma inascoltati profeti nellâ??indicare profonde criticità tra la nuova legge e le direttive comunitarie in tema di comunicazioni elettroniche, laddove queste impongono agli stati membri della Comunità di adottare un sistema di attribuzione dei â??titoliâ? per operare nel sistema radiotelevisivo basato sullâ??evidenza pubblica e non discriminatorio. A ciò il Consiglio di stato, sul solco di altrettanto inascoltati interventi del parlamento europeo, dellâ??assemblea parlamentare del Consiglio dâ??Europa e della Commissione di Venezia, aggiunge ulteriori profili di probabile contrasto con principi di base del sistema costituzionale europeo, quale il pluralismo dellâ??informazione e la tutela del diritto dei cittadini ad essere adeguatamente informati, coinvolgendo anche le modalità di passaggio al digitale terrestre ed i criteri introdotti dalla legge Gasparri per la valutazione del peso degli operatori, a pretesa tutela della concorrenza.
La risposta della Corte di Lussemburgo giungerà non prima di un anno. Nel frattempo, altre iniziative governative rischiano di rendere ancora più profondo il solco che separa la disciplina italiana della radiotelevisione dalla legalità europea. Mi riferisco al progetto di decreto legislativo, predisposto in ottemperanza allâ??articolo 16 della legge Gasparri, con il quale il parlamento delegava il governo ad adottare un â??testo unicoâ? delle disposizioni legislative vigenti in materia, con la possibilità di apportarvi modifiche o integrazioni soltanto al fine di assicurare la migliore attuazione degli obblighi derivanti dallâ??appartenenza allâ??Ue.
Dalla lettura dello schema di decreto, prossimo allâ??approvazione, emerge invece che la stesura del testo unico rischia di diventare lâ??occasione per nuovi inadempimenti degli obblighi europei.
Mi limito in questa sede ad indicarne tre: a) mentre le direttive europee confermano che la televisione a pagamento per singolo evento (pay per view), nei tempi decisi dallâ??emittente, rientra senzâ??altro nella nozione di â??trasmissione televisivaâ?, il decreto governativo (art. 2, co. 1, lett. H) la esclude dal calcolo antitrust dei canali posseduti da ogni singolo operatore. Il risultato è quello di ridurre il numero di canali controllati dai principali operatori privati operanti anche nel digitale terrestre e quindi di consentire loro, con questo artificio, di rispettare il limite massimo del 20 per cento del totale dei canali televisivi imposto dalla legge. B) in tema di interruzioni pubblicitarie, lâ??articolo 37 del Testo Unico riprende una â?? notoriamente abrogata in quanto sostituita dalla legge n. 122 del 1998 â?? disposizione della legge n. 223 del 1990 (legge Mammì), in maniera da consentire lâ??interruzione pubblicitaria della trasmissione di opere teatrali, liriche e musicali non solo, come le norme comunitarie impongono, in occasione dellâ??intervallo, ma anche durante lâ??opera. C) infine, sempre in tema di pubblicità, è oramai fatto notorio lâ??assoluta inefficacia dellâ??apparato sanzionatorio vigente per fungere da deterrente nei confronti della violazione delle regole europee in tema di â??tettiâ? di affollamento e di interruzione dei programmi.
Ciò è dovuto sia alla farraginosità e lentezza della procedura che lâ??Autorità delle comunicazioni è tenuta a seguire, sia allâ??ammontare davvero minimo delle sanzioni che questa è autorizzata a comminare. Nel mentre la Commissione europea rivolge allo stato italiano la richiesta formale di adottare un apparato sanzionatorio più ef- ficace, il governo si muove in tuttâ??altra direzione: non solo non provvede ad aggiornare le regole esistenti per assicurare la migliore attuazione delle regole europee, ma al contrario incide sullâ??unica norma, tra quelle vigenti, che, se pure mai applicata dallâ??Autorità, è senzâ??altro capace di sanzionare in maniera efficace le emittenti non virtuose e quindi di fungere da adeguato deterrente. Ed infatti, mentre la legge Mammì (art. 31) prevede che in caso di recidiva nella violazione delle medesime disposizioni lâ??Autorità â??disponeâ? la sospensione della concessione televisiva per un periodo da undici a trenta giorni, lâ??articolo 51 del Testo Unico, al comma 8, trasforma lâ??obbligo in facoltà prevedendo che lâ??Autorità «può disporre» la sospensione, operando così in aperto conflitto anche con i limiti della delega legislativa.
Non sfugge che tutti gli interventi elencati vanno in unâ??unica direzione, quella degli interessi delle emittenti tv, con buona pace dei richiami ad una più equa distribuzione delle risorse tra i vari comparti delle comunicazioni di massa. Il governo è ancora in tempo per rimediare ed evitare lâ??ennesimo inadempimento degli obblighi europei.

*università Federico II Napoli comitato scientifico Articolo 21

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