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Articolo 21 - Editoriali
Hiroshima, 60 anni dopo. Il mondo non ha ancora capito la lezione
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di Francesco Lenci*

*da L'Unità

IL 6 E IL 9 AGOSTO 1945 furono sganciate sul Giappone le prime bombe atomiche che rasero al suolo le città di Hiroshima e Nagasaki. Nei disegni dei sopravvissuti lâ??orrore di quello che Bertrand Russell definì «la più drammatica e terrificante combinazione di un trionfo scientifico e di un fallimento politico e morale».  60 ANNI FA furono sganciate sul Giappone le prime due bombe atomiche. Ma il mondo dâ??oggi non sembra ancora aver capito la lezione di quellâ??orrore.
Raccogliendo lâ??appello di Einstein del 1939, nel 1942 il Presidente degli Usa Roosvelt dette avvio al Progetto Manhattan. Nato per scongiurare il pericolo che i nazisti fossero gli unici a possedere armi basate sulla fissione nucleare, il Progetto continuò anche dopo la capitolazione della Germania (Maggio 1945). Ma già dalla fine del 1944 era noto che i tedeschi non sarebbero riusciti a costruire bombe atomiche. Eppure soltanto un fisico polacco, dei tanti scienziati che lavoravano a Los Alamos, abbandonò il Progetto: Joseph Rotblat.
Nonostante le raccomandazioni di autorevoli scienziati americani a non usare la bomba sul Giappone (Rapporto Franck), su ordine del Presidente Truman, il 6 Agosto 1945, alle ore 8.15, il bombardiere «Enola gay» sganciò la prima bomba atomica ad Uranio (Little boy) sulla città di Hiroshima. La bomba, di potenza esplosiva pari a circa 13.000 tonnellate di tritolo, uccise immediatamente circa 68.000 persone e ne ferì mortalmente circa 76.000: decine di migliaia dâ??esseri umani uccisi al momento della deflagrazione e nelle ore successive, migliaia di cadaveri per terra o portati via dai fiumi, decine di migliaia di sopravvissuti (hibakusha) immersi in un silenzio reso ancora più cupo dalla pioggia nera radioattiva, alcuni completamente denudati dallâ??evaporazione di tutti gli indumenti, martoriati dalle radiazioni, dal calore, dallo spostamento dâ??aria, dalle macerie di 70.000 edifici distrutti, notti e notti illuminate solo dai fuochi accesi per cremare i cadaveri. Il 9 Agosto, alle 11.02, una seconda bomba (Fat man), a Plutonio, come quella del test del 16 Luglio ad Alamogordo, fu sganciata su Nagasaki. La bomba, di potenza equivalente a quella di circa 22.000 tonnellate di tritolo, uccise immediatamente circa 38.000 persone e ne ferì mortalmente circa 21.000.
Nel 2005, sessantesimo anniversario dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, ricorrono anche altri due anniversari, strettamente legati a quelle tragedie: il cinquantesimo del Manifesto Russell-Einstein ed il decimo del Premio Nobel per la Pace a Rotblat e al Pugwash. Nel 1955 Russell ed Einstein, assieme ad altri nove eminenti scienziati (tra i quali Rotblat), consapevoli del potere devastante delle bombe H (già nel 1945 Bertrand Russell aveva stigmatizzato i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki come «la più drammatica e terrificante combinazione di un trionfo scientifico e di un fallimento politico e morale») e della distruzione della civiltà tutta in caso di guerra, rivolsero un appello alla comunità scientifica del mondo, noto come il Manifesto Russell-Einstein, a seguito del quale, nel 1957 si tenne a Pugwash, in Canada, il convegno auspicato dal Manifesto stesso. Nacquero così le Conferenze Pugwash (Pugwash Conferences on Science and World Affairs), alle quali parteciparono fin dagli inizi scienziati dâ??ogni nazione per affrontare e contribuire a risolvere i problemi della pace e della sopravvivenza del mondo.
La Conferenza annuale Pugwash del 2005 si è appena conclusa ad Hiroshima e, per la prima volta dal 1957, Rotblat non era presente per problemi di salute, anche se, come sempre, le sue idee e le sue scelte hanno ispirato tutti i lavori. Particolarmente attuale una sua riflessione del 1985 sulla propria decisione di abbandonare il progetto Manhattan: «Dopo quaranta anni una domanda continua a tormentarmi: abbiamo imparato abbastanza per non ripetere gli errori che commettemmo allora? Io non sono sicuro nemmeno di me stesso. Non essendo un pacifista perfetto, io non posso garantire che in una situazione analoga non mi comporterei nello stesso modo. I nostri concetti di moralità sembra vengano abbandonati una volta che unâ??iniziativa militare è stata avviata. Ã?, quindi, della massima importanza non permettere che si creino tali situazioni». Quanto questo drammatico ed autorevole appello alla prevenzione sia stato e sia disatteso e quanto si sia lontani dal rinunciare alla guerra per la soluzione delle controversie internazionali è davanti agli occhi di tutti. Ancora oggi gli hibakusha chiamano la bomba pika-don perchè quel 6 Agosto del 1945 furono prima abbagliati da un bagliore (pika) e poi frastornati da una specie di tuono (don). E anche molti dei sopravvissuti alle stragi terroristiche di New York, Mosca, Madrid, Londra, Bagdad, Sharm-el-Sherk o alle azioni di guerra devastanti strutture civili e popolazioni inermi in Afganistan, Cecenia, Kosovo, Iraq ricordano di avere visto una specie di lampo e poi sentito un boato. Ancora e sempre testimonianze di moltitudini di innocenti catapultati in un mondo di morte, di dolore. E accanto a queste, le testimonianze mute di centinaia di migliaia di morti per fame, malattie, povertà.
Da sessanta anni Hiroshima e Nagasaki ed i loro cittadini testimoniano lâ??orrore della guerra, la scelta della riconciliazione, la speranza di un mondo diverso e dopo cinquanta anni lâ??appello conclusivo del Manifesto è tragicamente attuale ed urgente: «Ci rivolgiamo come esseri umani agli esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto. Se potete farlo, rimane aperta la strada verso un nuovo paradiso; se non potete, sta di fronte a voi il rischio della morte universale».

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