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Articolo 21 - Editoriali
Le vacanze di Mr. President
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di Vittorio Zucconi

da La Repubblica 

ACCOMPAGNATO dai suoi due fedeli terrier, la cagnetta nera Beazley in braccio e il consigliere politico Karl Rove al seguito, George W. Bush è sceso da ieri nell´adorato ranch texano di Crawford per una vacanza, naturalmente "di lavoro" come vuole la piaggeria ufficiale. � stato salutato dai fuochi della strage continua di suoi colleghi, dipendenti del governo federale come lui, ma meno fortunati di lui: 21 marines caduti in due giorni a ovest di Bagdad. E dalla notizia d´un giornalista americano trucidato in quella Bassora sciita dominata dai "turbanti", come dicono i locali, dalla teocrazia.
A due settimane, forse, dal completamento formale di quella nuova costituzione irachena che dovrebbe sancire solennemente il 15 agosto la nascita della democrazia accettata coraggiosamente da milioni di cittadini che vollero credere a una promessa non mantenuta, l´insicurezza divora la vita dei cittadini, la fornitura di acqua e di elettricità latita, la benzina viene razionata, in un Paese seduto sul secondo giacimento del mondo, l´aggressività degli "insorti" s´inasprisce arrivando a uccidere 7 marines, lunedì scorso, in uno scontro a fuoco aperto, non in "vili agguati". E nel sud sciita, attorno alla seconda città irachena, Bassora, regna una relativa quiete soltanto perché, come aveva scritto a prezzo della propria vita Steven Vincent, governa non già la democrazia promessa, ma il suo opposto, la teocrazia degli ayatollah.
Le vacanze estive di Bush nel forno di Crawford (massima di ieri, 42 gradi centigradi) sono spesso occasione di ironie contro un capo dello Stato che non perde occasione per rifugiarsi nella prateria e per farsi inquadrare in camiciola a scacchi, five gallon hat, cappello largo da cowboy, in testa, al volante del rustico pick up mentre va a segare arbusti circondato dal drappello del servizio segreto. Ma se le quattro, o cinque, settimane di "buen retiro" in Texas sono effettivamente vacanze di lunghezza inaudita per gli americani che devono contentarsi di una o due all´anno, in questo 2005 le ferie estive del presidente cadono, per lui, in un momento provvidenziale e necessario. L´essenza del "bushismo", dietro la retorica della democrazia e della libertà da diffondere comune al messianismo storico degli Stati Uniti, non è nell´avere sempre ragione, come soltanto i più devoti chierichetti sostengono, è nella sua capacità di agire e di decidere, o di creare l´impressione di farlo.
Bush non può permettersi il lusso di apparire sbiadito o zoppicante.
Questa difficile estate di "indecisionismo" sta infatti segnando un momento di depressione rischioso per lui.
L´indice di popolarità nei sondaggi Gallup, per quel che valgono queste istantanee, è al minimo storico del suo regno, al 44%, mentre una maggioranza di americani dice di non credere più che l´invasione e poi l´occupazione dell´Iraq siano "giustificate". La grande iniziativa politica del suo secondo mandato, la privatizzazione delle pensioni federali (Social Security) è affondata nella palude della opposizione democratica e delle defezioni repubblicane, sotto la massiccia impopolarità della proposta. Per mandare il pupillo di Cheney e l´uomo di punta dei neo conservatori al Palazzo di Vetro, John Bolton, ha dovuto aggirare, legalmente ma molto poco elegantemente, il Senato, facendo di Bolton il primo ambasciatore Usa nella storia delle Nazioni Unite insediato senza il sì costituzionale del Parlamento. E anche i pacchetti legislativi passati prima delle vacanze parlamentari sono versioni annacquate di quello che "W" voleva. Dalla "Legge energia", gonfia di sontuosi favori fiscali alla lobby dei petrolieri, manca l´ok alla perforazione dell´ultimo giacimento ancora non sfruttato in Alaska, sulla quale Bush insiste invano da cinque anni.
I "blues" del secondo mandato presidenziale sembrano avere colpito anche quest´uomo apparentemente così deciso, semplice, ottimista e libero da preoccupazioni intellettuali. La sensazione che egli "si sia stancato del giocattolo", come ha scritto un vecchio columnist anziano ed equilibrato, David Broder, si diffonde in una città come Washington, dove i lupi annusano immediatamente ogni segnale di debolezza del "lupo alfa", del capo branco. I sondaggi riservati avvertono che il partito di maggioranza sta perdendo punti rispetto alla minoranza democratica, a un anno dalle politiche di medio termine, e deputati e senatori cominciano a innervosirsi, come quel capogruppo al Senato, il fedelissimo dottor Frist, che ha scaricato il suo protettore sulla ricerca embrionale. Quelle voci di un prossimo inizio del ritiro dall´Iraq, proprio in corrispondenza delle legislative 2006 sanno molto di osso gettato a un elettorato sempre meno bellicista e sempre più deluso.
La prima decisione della signora che Bush ha voluto come vice di Condoleezza Rice alla segreteria di stato, Karen Huges, per le pubbliche relazioni internazionali, è stata di buttare a mare la formula sacra della "Guerra al terrorismo" per introdurre una formula fumosa e gelatinosa di "Lotta all´estremismo radicale globale" che persino un John Kerry avrebbe potuto sottoscrivere. In autunno, lo attende la conferma del giudice John Roberts alla Corte Suprema che non entusiasma la destra cristiana più integralista nel suo partito e, per principio, non piace neppure alla sinistra abortista, dunque espone Bush su un doppio fronte di critica. Passerà certamente, ma conta sapere quante frecce gli saranno scoccate addosso e quali patteggiamenti nei corridoi saranno necessarie per evitare un secondo caso Bolton, che per un giudice Costituzionale sarebbe intollerabile.
A questa "operosa vacanza", tra tronchi da segare per le tv, trotelle da pescare nel laghetto privato, barbecue all´aperto e visite di apoplettici dignitari stranieri costretti a inzupparsi di sudore per il privilegio dei 40 gradi nella Bassa texana, il presidente chiede lo slancio per uscire dai "Bush Blues", dalla stanchezza di guidare un mondo e un´America che non sono quelli che lui avrebbe immaginato e voluto. Nella incertezza di una stagione internazionale che gli ripresenta intatti e acuiti i problemi degli arsenali Nord Coreani, dell´Iran radicalizzato dalla vittoria del sindaco di Teheran, di una forza armata americana che sta lasciando nella polvere migliaia di soldati (14mila feriti e 1.820 caduti) senza riuscire a rimpiazzarli con nuove reclute, Bush sembra tornato l´uomo del 10 settembre 2001, incerto, sbiadito, assente, irrilevante, prima dell´elettroshock dell´11.
Ma il Bush delle Torri Gemelle non ci può più essere, ora che l´Iraq smentisce ogni giorno gli "illusionisti" della marcia trionfale nella Bagdad esultante e il terrorismo islamico «combattuto là per non combatterlo qui», come vuole l´ultimo slogan rimasto in piedi, sta facendo morti tanto "là" che "qui". Servirebbe ora disperatamente un "Terzo Bush", dopo il primo troppo esitante e il secondo troppo arrogante, un Presidente che tornasse dal Texas con un cambio di marcia, se non proprio con una metamorfosi, per guidare l´America nell´inverno che porta promesse sinistre.
Un leader reso più maturo dalla constatazione che vale per lui come valse per tutti i suoi predecessori da un secolo, che il resto del mondo cambia l´America almeno tanto quanto l´America crede di cambiare il mondo e soltanto un manipolo di ideologi allucinati può credere che Washington possa forgiare il pianeta a propria immagine, esportando se stessa ovunque. Buone vacanze quindi, egoisticamente parlando, Mister President.

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