di Antonio Padellaro
da L'UnitÃ
Caro Paolo. Ieri su queste colonne sei andato giù duro quando hai definito «un fallimento pieno e perfetto» le appena 130 adesioni allâ??idea (appoggiata da te e da altri amici de lâ??Unità ) di presentare un candidato alle primarie che non fosse espressione dei partiti ma potesse rappresentare la stagione dei movimenti «troppo presto conclusa». Non mi sorprende che tu chiami le cose con il loro nome: lo hai sempre fatto senza sconti per nessuno, destra o sinistra che fosse. Pessima abitudine a cui, infatti, devi lâ??iscrizione, a imperitura memoria nella colonna infame dei girotondisti, giustizialisti, forcaioli, in buona compagnia con chi ha diretto questo giornale negli ultimi anni, con chi lâ??ha scritto e con chi lâ??ha letto. Siamo stati accusati, in solido, di uso estremista, giustizialista, forcaiolo e quantâ??altro della lingua italiana solo perché ci siamo intestarditi a definire ladro chi ruba e corrotto chi intasca mazzette. Fino alla provocazione più estrema che è stata quella di sostenere che, perfino in Italia, la legge dovrebbe essere uguale per tutti. In nome di questa comune condivisione del vocabolario permettimi quindi di non essere dâ??accordo con alcune tue considerazioni. Non sulle 130 firme, numero incontestabilmente misero, ma sui cupi presagi che ne ricavi. Soprattutto, non credo che il fallimento di questa iniziativa significhi di per sé (riassumo) la definitiva sconfitta di unâ??alternativa al regime non compromessa e invischiata nei soliti giochi della partitocrazia. Abbiamo tutti ben presente il rischio di ritrovarci tra qualche mese con una sorta di berlusconismo senza Berlusconi, in una terra di nessuno dominata, come scrivi, dallâ??inciucio e dal compromesso al ribasso. Se questo è il pericolo, l'Unità , tu lo sai come lo sanno i lettori, non farà sconti a nessuno.
Nello stesso tempo non possiamo ragionare come se fossimo sempre allâ??anno zero, con la logica del non câ??è più niente da fare; del tanto, una volta al potere, destra e sinistra pari sono. So bene quanto i tuoi ragionamenti siano lontani da certo moralismo generico e qualunquista. Nondimeno penso che uno sforzo vada fatto per non farci invischiare tutti in una sorta di inerte rassegnazione. Partiamo quindi dai numeri. Giorni fa in unâ??intervista all'Espresso Nanni Moretti ha ricordato come unâ??esperienza di straordinario valore politico e umano la manifestazione di piazza San Giovanni del settembre 2002 contro il regime (sì, il regime) del presidente-padrone. Visto che quell'evento lo hai voluto fortemente, visto che su quel palco c'eri anche tu, ti chiedo: è possibile che tre anni dopo di quel milione di persone (a dir poco) decise e appassionate ne siano rimaste 130? Ora, è pur vero che nel frattempo sul quel fuoco, su quel calore ampie e numerose secchiate di acqua gelida sono state versate dalle segreterie del centrosinistra. L'ultima delle quali l'anno scorso quando, lo ricorderai, su impulso dell'Unità e dei movimenti si pensò di dar vita a una San Giovanni Due, inziativa prima sostenuta e poi accantonata dai partiti dell'Unione per motivi che restano misteriosi. Può darsi, per dirla tutta, che alle nomenclature non garbasse affatto restare nell'ombra di una fin troppo rigogliosa fioritura della società civile: voti utili sotto elezioni ma da riaccompagnare a casa subito dopo.
Sia come sia, non ti sembra impossibile che quei cittadini siano tutti o quasi tutti rifluiti nelle secche della disillusione o del rimpianto? Non pensi, invece, che tutte o quasi tutti quelle brave e appassionate persone siano rimaste, idealmente, lì a piazza San Giovanni a chiedersi cosa sia la cosa più giusta e, soprattutto, più utile fare in questo momento? � tutta gente che come te che come noi non considerano affatto chiusa la partita elettorale con Berlusconi e suoi alleati. Gente che non condivide proprio per niente l'insensata euforia che da qualche tempo agita il centrosinistra, i cui leader sembrano troppo occupati a litigare per un potere che ancora non hanno e troppo poco concentrati sulla battaglia decisiva delle politiche 2006, secondo gli ultimi sondaggi ancora incertissima.
C'è un altro punto sul quale penso sarai d'accordo: forse nessuno tra coloro che quel sabato erano a piazza San Giovanni (e tra coloro che oggi ci tornerebbero volentieri) pensava di partecipare alla fondazione di un nuovo partito. Del resto, quanto la politica poco si addica ai non professionisti del ramo lo hanno imparato a proprie spese quei dilettanti del voto che hanno pensato bene di candidarsi alle europee o alle amministrative come campioni della società civile antipartitocratica. Sappiamo bene come è andata a finire.
Non pensi dunque, caro Paolo, che il popolo di San Giovanni, come del resto il popolo tutto del centrosinistra abbia già scelto, insieme ai partiti dell'Unione, il candidato che ha le maggiori probabilità di battere Berlusconi e di governare ( si spera bene) l'Italia nei prossimi cinque anni: Romano Prodi? E non credi che a differenza di Rifondazione, Verdi, Udeur, Italia dei Valori (e delle legittime aspirazioni dei rispettivi leader di farsi notare) i cittadini dei movimenti abbiano ritenuto che le primarie serviranno, in realtà , soltanto a rafforzare la candidatura di Prodi e ad attribuire ad essa quella legittimazione popolare che il Professore non ha ancora ricevuto, privo com'è di un proprio partito? Non pensi cioè che lungi dall'aver dimenticato San Giovanni quei cittadini proprio in quello spirito stiano agendo? E che perciò quelle 130 firme (per un candidato del quale tra lâ??altro non era nota nemmeno lâ??identità ) siano in qualche modo simboliche e rappresentino, al contrario di un fallimento «pieno e perfetto», il preannuncio di una possibile vittoria?