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Articolo 21 - Editoriali
Il Paese dei calci Perduti
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di Oliviero Beha

da L'Unità

Il campionato - Caro Direttore, non starai più nella pelle: finalmente ci siamo. Comincia oggi, con gli anticipi, il campionato di calcio di serie A, nella stagione che porta ai Mondiali di Germania, e subito prima alle elezioni politiche di aprile. Invece che pensare alla Croce Rossa e all??ennesimo condono, invece che trattare con Scelli (ma chi lo conosce?) e Siniscalco, il presidente del Consiglio può negoziare con Ancelotti la posizione tattico-strategica di Kakà. Svarierà partendo da dietro per non intasare il Grande Centro?
?, lo ammetterete, una boccata d??ossigeno un po?? per tutti, a partire da lui medesimo, Berlusconi. Si ritrova finalmente «in campo aperto», dopo un??estate di trame e camarille. Si troverà a contendere lo scudetto a Juventus e Inter, con un arbitro, dei guardialinee, un pubblico (per lo più televisivo) che può controllare (???) quello che succede sul terreno di gioco. Se nel frattempo, con le plusvalenze di Borsa collegate alla tv, alle concessioni governative confermate quando non era al governo, all'impero editoriale sempre più esteso, il premier punta alla Fiat (la Juve?), alla Telecom (l'Inter?), al Corriere della Sera (la Fiorentina, la Roma, per interposti pacchetti azionari?), noi non lo possiamo sapere. C'è su tutto ciò una leggerissima nebbia di fine estate che non riusciamo a diradare. Ed è probabile che a quel poco di opinione pubblica rimasta in questo paese non importi neppure molto. Forse all'estero. Ma torniamo al cuore della faccenda, il calcio. Per fortuna possiamo rituffarci nella rotondolatria e distrarci dal terrorismo e dalla recessione con l'ennesima avventura del «campionato più bello del mondo». Non avere a che fare con i rischi internazionali di Al Qaeda e con i problemi correlati di ordine pubblico ci fa tirare un sospiro di sollievo. Ma attenzione: mi dicono però che il ministro dell'Interno, Pisanu, pare avere problemi simili con Schengen e con gli stadi della serie B, parte dei quali oggi sono chiusi per «ragioni di sicurezza», per indisponibilità degli impianti, per sindaci nicchianti nonostante i club abbiano firmato contratti tv modello «gestione separata» dal contesto cittadino. Hanno scoperto in extremis, percorrendo il sentiero della cosiddetta «tolleranza zero» di cui si ciancia inanemente da qualche mese, che non sarebbero agibili di sabato. Come mai se ne siano accorti così tardi, è e resterà effettivamente un mistero. E, si badi, Bin Laden con l'Albinoleffe almeno per ora davvero non c'entra. C'entra invece con la voce «ordine pubblico», che in teoria dovrebbe contribuire a rasserenare, la situazione di Genova e del Genoa, retrocesso in C1 per una vicenda giudiziaria da manuale, in confronto alla macroscopicità della quale la storiaccia del ragazzo bresciano che operava in garage sugli zii sembra incerta agli inquirenti: ma sì, valigetta con il denaro e intercettazioni sono il classico caso di scuola. Peccato che il governatore ligure Burlando non la veda così, avendo dato ai giudici dei «deficienti» e al nostro costume civico una martellata di cui non si sentiva proprio il bisogno. I tifosi e il club di fronte all'evidenza si sono rifugiati nel più classico «perché solo noi? e allora gli altri?», che è un po' l'equivalente contemporaneo delle parole nazionali di Goffredo Mameli, in politica, in economia, appunto nel pallone che di questi due elementi intrecciati sta scoppiando.
Come per il Genoa, la voce «ordine pubblico» riguarda il Torino, ed è incubata nella sostanza per tutto il mondo del calcio. Ma non dovevano distrarci, gli stadi, dal terrorismo e dalla recessione?
Quest'ultima è entrata al galoppo ovviamente anche nel pallone. Ce lo ha detto l'estate appena conclusa: sentori di bancarotta generalizzata, salvo i più ricchi già citati, pessima gestione amministrativa dei club, tasse non pagate, controlli insufficienti, nemmeno si trattasse della Banca d'Italia (che, ma tu guarda, magari c'entra di straforo con le storie societarie di Roma e Lazio degli ultimi anni). Nel frattempo la recessione ha spinto il potere calcistico, dopo anni di sperperi e di vani interventi delle Procure della Repubblica, a inasprire le tasse di iscrizione per il calcio giovanile, così da garantire anche al settore un futuro peggiore, a scanso di equivoci...E ci sarebbe poi il caso del furbo Collina, che traffica da testimonial con lo stesso sponsor del Milan, per assicurare il massimo della trasparenza. E quello è a detta di tutti il migliore dei giudici/arbitri, figuriamoci gli altri... E nel frattempo la «guerra» dei diritti tv per il pallone in chiaro l'ha vinta Mediaset, cioè Berlusconi, cioè Galliani, insomma il Milan. Si ha quasi l'impressione, per carità impalpabile, che tra il campionato, la tv, la stagione delle elezioni politiche ci siano degli elementi in comune. Forse sfugge quali siano... ? troppo dunque, nella campagna d'autunno del campionato e della politica, della Champion's e delle primarie, chiedere un segnale preciso a chi ritiene che non sia giusto, lecito, utile, foriero di un futuro decente lasciare le cose come stanno in quest'oligarchia italiana di bassissimo profilo che parla di mercato e invece pratica «cartellacci» in ogni settore? Un segnale di cambiamento a partire dall'ambito più popolare del paese, appunto quello del pallone? Un ambito dove la cosiddetta «palude del Grande Centro» c'è già, e da sempre?
Lo capiscono, Prodi, l'Unione, chiunque si candidi a invertire la rotta di uno sfascio generalizzato, che arriverebbe prima e più forte un segnale di discontinuità nel calcio che nel resto? Proprio perché il viluppo complessivo pare ormai inestricabile ricominciare dagli stadi, con tutto quello che si portano dietro come questione sociale e culturale, sarebbe un messaggio immediatamente percebile dal cittadino e dall'elettore, pur sub specie tifosa. Se invece governo e opposizione si sentono già seduti insieme alla tavola imbandita degli Europei del 2012, che l'Italia vorrebbe ospitare ancora una volta, allora teniamoci questo calcio e questo paese com'è, come leggiamo tutti i giorni sui giornali, compreso il lunedì.
www.olivierobeha.it

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