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Articolo 21 - Editoriali
Il primo impegno del CDA: come liquidare il "carissimo Cattaneo"
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di Paolo Martini

Al settimo piano di viale Mazzini, in uno dei corridoi "proibiti" nel cuore del potere Rai, una stanza per Flavio Cattaneo c'è ancora. Davanti non stazionano più, come prima, i vari Gigi Marzullo e Fabrizio Rocca, fedeli compagni di nottate romane, ma del resto neanche l'ex direttore generale si vede a palazzo: c'è chi lo segnala a Forte dei Marmi, in vacanza, e chi l'ha visto entrare furioso a Milano, nello studio di un noto avvocato, per mettere a punto la querela contro "il Riformista", che l'ha bersagliato con accuse pesanti, e una richiesta di danni kolossal, si dice 10 milioni di euro, a "Novella 2000" per un'indiscrezione malevola sulla sua vita privata. Formalmente, comunque, Cattaneo risulta a tutt'oggi dipendente della Rai: e che dipendente, visto che l'uomo venuto dalla Fiera di Milano si era fatto ritagliare uno stipendio da 600mila e rotti euro. Strano privatizzatore che più strano non si può, non deve aver saputo resistere al fascino del posto sicuro: per la modica cifra di tre milioni e 181 mila lire del vecchio conio, al giorno, cadaun giorno dell'anno, Cattaneo ha pensato bene d'intrupparsi tra le "mezze maniche" da carrozzone pubblico.
 Al nuovo vertice Rai non mancano i problemi. Tra i tanti, c'è anche quello di sbrogliare consensualmente la matassa  delle spettanze di Cattaneo nel caso di un'uscita definitiva. Sulle prime si era parlato di una maxi-liquidazione, erano persino circolate voci di un possibile strascico giudiziario. Poi non se ne è più saputo nulla, e Cattaneo si è limitato a restar dipendente della Rai, prendendo possesso di una stanza libera al piano nobile, destinata al vicedirettore generale per la finanza che è un posto vacante. Ma, in pratica, non ci ha messo neanche piede: e adesso, al rientro dalla vacanze estive, si vedrà.
 Soprattutto nel centrodestra, sono in molti a voler evitare la complicazione di avere ancora Cattaneo parcheggiato al settimo piano del palazzo di viale Mazzini: anche perché il neo-nominato direttore generale Alfredo Meocci è sotto l'ipoteca di un'incompatibilità, che molti giuristi ritengono evidente, con la sua fresca esperienza di commissario dell'autorità di vigilanza. "In ogni caso, dubito che, stante questo governo, con l'ostilità notoria di Berlusconi, Cattaneo possa essere recuperato", allarga le braccia Sandro Curzi, che è stato uno dei grandi sponsor del "riposizionamento a sinistra" dell'ex direttore generale. Cattaneo, poi, conosce ovviamente tanti, forse troppi segreti di questi mesi. E' appena riesploso, con un botto firmato da Marco Travaglio sull'Unità, il caso dell'assunzione del figlio della segretaria di Licio Gelli: e qui si vede chiaramente lo sgambetto formale di Cattaneo che, tra gli ultimi atti, ha scaricato la responsabilità sul direttore berlusconiano di Raiuno Fabrizio Del Noce e sul potentissimo direttore del personale Gianfranco Comanducci (quest'ultimo, legatissimo a Cesare Previti, da anni è il personaggio forse più potente e pure riparato della tecnostruttura di viale Mazzini).
 Il presidente Claudio Petruccioli, che col nuovo direttore generale deve risolvere anche la grana Cattaneo, ostenta comunque la consueta moderazione: "non mi risulta che Cattaneo sia interessato a restare alla Rai, da semplice dipendente, e perciò troveremo un accordo", ripete. Gli altri ex direttori generali venuti da fuori Rai, come per esempio Pier Luigi Celli, che scelse di dimettersi, avevano contratti a tempo determinato: ma è solo una delle stranezze di questa controversa storia dell'avventura romana di Cattaneo, l'erede di un rampante costruttore edile brianzolo partito dalla Fiera meneghina con la benedizione di Paolo Berlusconi e di Ignazio La Russa, sbarcato a Roma con filo diretto a palazzo Grazioli e Marzulli al fianco, infine folgorato sulla via di Fassino, e di Paolo Gentiloni della Margherita. Parafrasando il titolo di una fiction che gli è così cara, Cattaneo "tre uomini, una storia".
 Come finirà? L'ultimo caso conosciuto di uscita consensuale di un ex numero uno dalla tv di Stato, riguarda il direttore facente funzioni, durante l'ultimo scorcio di presidenza Zaccaria, Massimo Cappon: per lui fu applicata una delibera che prevedeva, oltre alla buonuscita di rito, un pacchetto di 24 mensilità d'incentivo. Di sicuro c'è soltanto che, sia che Cattaneo resti ancora dipendente da tre milioni e passa di vecchie lire al giorno, sia che ottenga una congrua liquidazione, le polemiche del caso non mancheranno.   

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