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Articolo 21 - Editoriali
Il diritto allâ??istruzione e il dovere dellâ??informazione
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di Salamandra

Câ??era una volta la scuola massa e lâ??accesso libero allâ??università. Ora, quel diritto sancito per tutte le classi sociali, dai meno abbienti ai più fortunati economicamente, è stato messo in forte discussione. Nella pratica, più che  con le leggi. Lâ??operazione di escludere fasce di giovani soprattutto allâ??università avviene purtroppo con la riforma del centrosinistra con  Berlinguer e poi aggravata dalla gestione del centrodestra con la â??ministraâ? Moratti.

Eâ?? davvero strano che da diversi anni gli organi dâ??informazione non si domandino come mai câ?? è un forte abbandono dopo il diploma e durante la scuole secondarie! Non solo, ma finora non câ??è stato un giornale o un programma di approfondimento radiotelevisivo che si sia soffermato sulla chiusura dellâ??accesso ad un gran numero di facoltà universitarie, nonostante non sia stato decretato per legge il numero chiuso.

Intanto, con la gestione Moratti la situazione si è ancor più aggravata. Eâ?? venuto allo scoperto lo scandalo dei ricercatori e degli assistenti â??volontariâ? che in migliaia e migliaia lavorano nelle facoltà con stipendi di fame, senza sicurezze occupazionali né previdenziali. Per la prima volta, i Senati accademici si sono rivoltati contro il ministro in gonnella ed è scoppiato per lâ??ennesima volta ( e subito dopo insabbiato nelle nebbie dei mass-media) lo scandalo delle baronie e dellâ??ereditarietà familistica delle cattedre in molti atenei.

Ma câ?? è un altro scandalo di cui nessuno parla, mentre ci si dilunga tra luglio ed agosto a decantare sui giornali i corsi più prestigiosi, le facoltà più â??ficheâ?, le università pubbliche o private che fanno tendenza: si tratta dei test di ingresso alle facoltà, specie a quelle scientifiche, ma non solo, che stanno creando un giro dâ??affari e di speculazioni davvero inimmaginabili.

Decine e decine di migliaia di diplomati, in queste settimane, sono alle prese con lo studio di manuali di test ( che costano dai 17 ai 32 euro ciascuno e spesso per un corso se ne devono acquistare due o tre), per potersi preparare agli esami di ingresso in molte facoltà: quelle scientifiche come medicina, ingegneria, architettura, veterinaria, farmacia ( queste con ingresso a numero â??programmatoâ?, in pratica chiuso), ma anche le umanitarie come lettere e filosofia, economia, scienze politiche, psicologia, eccâ?¦, dove invece i risultati dei test servono solo a formare un giudizio con crediti o debiti formativi che andranno recuperati nel corso degli studi.

Per sostenere il test di medicina, ad esempio, si sono creati corsi privati di preparazione, dove gli aspiranti-matricole studiano durante agosto come se fossero fuori-corso iscritti a uno dei tanti CEPU, spendendo però cifre che possono arrivare a diverse centinaia di euro.

Si è creato attorno a questo mondo para-universitario un mercato più che florido con alcune, poche, società che organizzano corsi preparatori, stampano manuali e, addirittura, stilano gli stessi test per le diverse facoltà universitarie, che poi a settembre gli aspiranti-matricole dovranno sostenere.

Il giro di affari è miliardario, conteggiato nelle vecchie lire, i conflitti di interesse sono macroscopici, le irregolarità tutte da investigare!

Altra anomalia di questo â??guazzabuglio universitarioâ? è che le università pubbliche si fanno una spietata guerra tra di loro, a tutto danno dei diplomati, negando in pratica il diritto alla libera scelta e alla concorrenza, creando un regime di trust.

Se uno vuole, ad esempio, partecipare alle selezioni di architettura o ingegneria, a Roma, ha due opzioni: La Sapienza o Roma tre. Ma i test si tengono nello stesso giorno e alla stessa ora e si pagano due bollettini di 25 e 26 euro ciascuno per parteciparvi. Quindi, il malcapitato studente si trova di fronte allâ??impossibilità di poter sostenere entrambi i test, come vorrebbe invece la sana e libera concorrenza  antitrust, ed è obbligato ad una solo chance. Eâ?? questo il diritto allo studio e alla libera scelta dellâ??insegnamento?

Poi ci sono i â??trucchiâ? per aggirare gli ingressi. Ad esempio, chi vuole fare medicina ( sempre a Roma, i test si tengono lo stesso giorno a La Sapienza e a Tor Vergata), si iscrive ai test di ingresso sia di medicina sia di biologia. Se per caso non si viene ammessi alla prima, si possono seguire i corsi di biologia e sostenere alcuni esami che poi potranno essere convalidati a medicina, una volta rifatto e magari superato il test, lâ??anno successivo.

Ogni aspirante-matricola deve, insomma, sborsare più di 60 euro per comprarsi i manuali di test e altri 51 euro per sostenere almeno due selezioni in due facoltà tra loro equivalenti di università diverse ( medicina e biologia, ingegneria e architettura, scienze politiche ed economia, veterinaria e biologia, per fare qualche esempio). A meno che, per estrema sicurezza, non scelga di seguire anche dei corsi privati negli appositi istituti parauniversitari che preparano appunto ai test di ingresso.

Ma chi può permettersi tutto questo?

E una volta superato lo sbarramento iniziale, le tasse che superano i 350 euro per lâ??immatricolazione ( per alcuni corsi si arriva anche a 700) certo non agevolano il diritto allo studio. Per non parlare del costo dei libri, dei laboratori e di altre attrezzature. Se poi si scelgono le Università private, allora i costi si decuplicano.

E la qualità dei corsi con la riforma del â??tre più dueâ?? Chiedete agli studenti e ai docenti universitari! In tre anni si sostengono gli esami che una volta si facevano in cinque, i corsi sono però abbreviati e poi  si sono inventati gli â??esoneriâ? scritti che producono crediti e via cantando.

Dopo tre anni, e una tesina apposita, si ottiene la mini-laurea, si diventa un qualcosa di indefinito che non serve per nessun tipo di lavoro, e quindi si è obbligati a continuare per ottenere la cosiddetta â??laurea magistraleâ?. Alla quale però dovranno far seguito almeno due anni di stages, preferibilmente allâ??estero, costosissimi, per sperare di gareggiare nelle selezioni per curriculum che le aziende sostengono per cercare nuovo personale. Alla fine di questo â??cursus honorumâ? si ottiene, se tutto va bene, un bel contratto a tempo determinato, sottopagato, secondo le nuove regole della legge â??Biagiâ?. Ovvero ci si laurea in â??dottori precari a vitaâ?!

Eâ?? questa la libertà allo studio, il diritto alla pari dignità di insegnamento  e opportunità di lavoro, valori per i quali dagli anni della contestazione in poi i movimenti studenteschi e le forze sindacali avevano lottato e in parte erano riusciti ad ottenere anche delle garanzie?

La speranza e la nostra sollecitazione è che la libera stampa apra gli occhi e cominci ad indagare, perché è dalle nuove generazioni e dalla loro autonomia di pensiero, dalla loro preparazione universitaria-professionale che la società può attingere nuova linfa in grado di far avanzare libertà, progresso e democrazia.

Dalla precarietà sociale, dallâ??impoverimento delle coscienze e dallâ??appiattimento della cultura e dellâ??insegnamento, purtroppo, può uscirne fuori solo un regime.

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