di Luigi Mattucci
SarĂ colpa dellâ??estate o del lungo e travagliato percorso che alla fine ha condotto la Rai ad avere un nuovo Presidente e un nuovo Direttore Generale . Fatto sta che il nuovo Consiglio di amministrazione non ha ancora messo a punto , dopo quattro mesi dalla sua prima costituzione, unâ?? agenda dei suoi lavori, un ordine del giorno dal respiro strategico che lo ponga allâ??altezza dei numerosi e gravi problemi che il servizio pubblico si trova ad affrontare dopo i lunghi anni di gestione monocolore della destra e alla vigilia di una lunga e decisiva campagna elettorale.
Intendiamoci: alcune â?? mosse â?? sono state fatte e sono state fatte bene. Lâ??acquisto dei diritti della Champions League e dei mondiali di Calcio, la rivitalizzazione dello spirito di corpo che ha permesso ad alcuni settori aziendali di fronteggiare positivamente lâ??attacco di Mediaset alla centralitĂ della Rai in campo sportivo, le stesse polemiche di alcuni rappresentanti dellâ??opposizione in Consiglio contro comportamenti dirigenziali che potevano far supporre o temere atteggiamenti troppo arrendevoli di fronte alle iniziative della concorrenza , hanno dimostrato lâ??esistenza di una Rai ( di una parte della Rai ) disposta a combattere e capace persino di vincere anche nel periodo nel quale conflitto di interessi , Legge Gasparri, strapotere di Mediaset minacciano di rendere la posizione dellâ?? azienda oggettivamente difficile e subalterna agli interessi della concorrenza.
Ma i problemi della Rai vanno ben oltre la quotidianitĂ e le contingenze dei singoli programmi e , persino, dei singoli personaggi â?? giornalisti , conduttori , artisti â?? le cui vicende hanno animato , in questa Italia estiva e provinciale , le pagine illustrate dei rotocalchi e dei quotidiani.
I problemi della Rai che ci ha lasciato la monocrazia di Cattaneo sono di natura strutturale e riguardano innanzitutto lâ??organizzazione dellâ??azienda, la sua strategia industriale , la sua politica delle alleanze, la sua proiezione internazionale.
Una azienda organizzata attorno a un nucleo di fedelissimi Mediaset , che nega ai suoi dirigenti ogni autonomia decisionale e ogni responsabilitĂ creativa ; unâ?? azienda dove i processi ideativi e produttivi sono continuamente interferiti da controlli e interventi della Direzione delle risorse umane,della Direzione risorse televisive ,della Direzione del palinsesto,della Direzione produzione; unâ?? azienda che viene sottoposta dalle forze politiche della destra a un monitoraggio quotidiano su singoli episodi e singole notizie mentre la linea generale dellâ??informazione è costruita sugli interessi del premier, su unâ??agenda delle notizie scandalosamente manipolata , su forti omissioni e interessate promozioni. Unâ?? azienda siffatta non può essere restituita al pluralismo culturale e politico, al contributo creativo e produttivo interno ed esterno, alla completezza e allâ??equilibrio informativo con singoli interventi sul palinsesto e inserimenti di singole personalitĂ , anche di grande spessore e valore professionale.
Eâ?? necessario invece â?? se si vuole aprire una nuova stagione di creativitĂ e di pluralismo - che lâ??organizzazione della Rai venga profondamente ristrutturata e â??rovesciataâ? a favore dellâ??autonomia e della responsabilitĂ delle reti, delle testate, delle strutture â?? di genere â?? ( cinema, fiction, nuovi media ecc), degli stessi autori e collaboratori. Eâ?? appena il caso di ricordare che le stagioni culturalmente e creativamente piĂš felici della Rai sono state prodotte dalla grande autonomia garantita alle strutture di programmazione dalla Legge del 1975 che limitava esplicitamente i poteri di intervento delle burocrazie e dei coordinamenti accentrati attorno alla Direzione generale.
CosĂŹ pure,unâ??azienda frastornata da scelte strategiche contradditorie e incomplete che da un lato hanno favorito le iniziative espansive della concorrenza sul fronte del digitale terrestre e dallâ??altro lato hanno costretto le proposte Rai verso i nuovi mercati entro i limiti di una pluralitĂ di canali â??di servizio â?? la cui unica logica sembra quella della rinuncia al successo di audience e della creazione di nuovi posti di lavoro ; unâ?? azienda che ha limitato la propria capacitĂ di autofinanziamento versando i suoi preziosi utili al Tesoro, rinunciando allâ??adeguamento del canone dovuto per legge, non utilizzando le opportunitĂ strategiche e finanziarie implicite nel possesso e nella gestione di una rete di collegamento e di trasmissione che è oggi al massimo del suo valore potenziale; unâ?? azienda cosĂŹ frustrata e limitata non può essere rilanciata , e neppure guidata nel giorno per giorno , senza decidere una strategia unitaria di presenza sullâ??intero settore della comunicazione, senza definire opportune rinunce e nuove iniziative , smobilizzi e investimenti a lungo termine, senza affrontare in maniera definitiva e stabile le responsabilitĂ e i doveri di chi vuole e deve essere il presidio della produzione nazionale di cultura , di intrattenimento , di educazione , di formazione.
Naturalmente la definizione di una strategia di presenza sul mercato globale della comunicazione comporta anche la definizione di alleanze finanziarie, produttive , commerciali , strategiche. BasterĂ richiamare gli intrecci del capitale Fininvest con Telecinco, con Tarak Ben Ammar, con il mondo dello sport ( Milan e Lega Calcio ), con le strutture editoriali della Mondatori, per far emergere angosciosamente lâ??isolamento nel quale la Rai si trova ad affrontare la fase piĂš difficile della sua esistenza , aperta a un difficile ma possibile rilancio o a un irreversibile e rapido declino.Eppure le opportunitĂ di alleanze , in un mercato in fase di accelerata crescita e ristrutturazione sopranazionale ci sono: ci sono con le societĂ di produzione, con le piattaforme distributive, con le strutture che creano e distribuiscono nuovi format , nuovi personaggi, nuove forme di comunicazione.Ci sono con gli immensi e potenti blocchi di paesi emergenti ( Cina, India ; Indonesia )bisognosi non tanto di essere educati quanto di comunicare e aperti ( cosĂŹ come nel campo commerciale ) a un interscambio che per le nostre culture occidentali può essere una sfida ma è certamente occasione di contaminazione fruttuosa e innovativa.
Câ??è del velleitarismo nella definizione di un quadro di questo tipo? Dobbiamo accettare ancora una volta la rinuncia a piani ambiziosi, al livello delle capacitĂ e delle esigenze di un paese grande e moderno come il nostro? Dobbiamo credere ancora una volta alla realpolitik di chi ci richiama alla immodificabile subalternitĂ agli interessi partitici, alla presenza in Consiglio di una maggioranza condizionata dal conflitto di interessi, alla necessitĂ di non affrontare problemi che possono essere laceranti non solo fra gli schieramenti ma anche al loro interno?
Io penso che la grande opportunitĂ e la grande responsabilitĂ di questo Consiglio di amministrazione sia proprio questa. Di saper rinunciare alla logica degli interventi correttivi e compensativi, alle scaramucce di trincea in un campo di battaglia paludoso e penalizzante , alla lottizzazione degli incarichi e delle presenze in video , aprendo il confronto alle vere capacitĂ culturali e professionali, superando le schematizzazioni di schieramento , affidandosi alle capacitĂ e alla correttezza dei giornalisti , dei collaboratori, dei dirigenti.
Una Rai cosĂŹ ristrutturata avrĂ la possibilitĂ di competere e sopravvivere nei difficili anni che abbiamo davanti. Una Rai controllata, subalterna, lottizzata , lobotomizzata dai partiti sarĂ presto un peso insopportabile per la comunitĂ nazionale e per le stesse forze politiche che se ne libererebbero, con poco rimpianto , relegandola nellâ??angolo, nel nostro paese affollato, degli enti inutili .