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Articolo 21 - Editoriali
La protezione incivile di Bush
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di Siegmund Ginzberg

da L'Unità

Agli orrori del disastro sta seguendo un'umiliazione forse ancora più cocente per l'America. Al caos dell'uragano il caos dei soccorsi. Alla vergogna perché è stato scoperchiato il terzo mondo dei dimenticati in casa, quello per qualcosa che nessuno si aspettava, una disorganizzazione da terzo mondo. Con un'escalation dello scaricabarile e del palleggio di responsabilità tra autorità locali e autorità del governo centrale che nemmeno nel terzo mondo.
Washington cerca di cavarsela addossando il grosso della colpa per quel che non ha funzionato e continua a non funzionare, all'inefficienza locale. I locali, esasperati, ribattono che sono stati abbandonati, anzi, l'intervento dal centro sta rendendo tutto ancora più difficile e complicato. «Noi volevamo soldati, elicotteri, cibo e acqua. Loro volevano negoziare il diagramma organizzativo», ha accusato la portavoce del governatore della Louisiana. «Stiamo ancora litigando su a chi spetta l'autorità. Molti pensano solo a comandare. C'è un balletto tra governo dello Stato e governo federale», ha rincarato il sindaco di New Orleans. La rissa non riguarda solo l'inadeguatezza delle misure prima e durante l'uragano. Ma anche il dopo. Ancora domenica la massima autorità nazionale per le emergenze, il capo della Homeland Security Agency (che ora ingloba la protezione civile), Michael Chertoff, si era difeso dal nuovo uragano, quello delle critiche, con l'argomento stupefacente che «la forza dell'uragano andava oltre quello che potevamo anticipare» e quello, ancora più meschino, che «la responsabilità primaria nel fronteggiare le emergenze spetta alle autorità locali, non a quelle federali». «Nel momento stesso in cui il presidente dichiara un disastro federale, la responsabilità passa a Washington», la risposta immediata di un ex dirigente dell'agenzia. «Quel che lascia esterrefatti è che i responsabili federali non abbiano dato alcun ordine», la reazione di Paul Light, uno dei massimi studiosi di competenze governative alla New York University. Nei giorni scorsi dai responsabili a Washington erano venute dichiarazioni imbarazzanti: li si era sentiti ammettere di non avere la minima idea di quel che stava succedendo al Superdome, ad un certo punto Chertoff aveva attribuito la difficoltà nel provvedere prontamente rifornimenti e aiuti medici al fatto che si trovavano a fronteggiare «un perdurante problema dinamico con l'acqua». Ora pare che l'agenzia per la protezione civile abbia affittato due navi da crociera della Carnival Cruise Lines per ospitare provvisoriamente le vittime. Ma il Chicago Tribune riferisce che la nave ospedale Bataan, al largo del Golfo con centinaia di posti letto e la capacità di fornire 100.000 galloni di acqua potabile al giorno, resta inoperosa. I militari dicono che non potevano intervenire senza l'autorizzazione delle autorità civili. La Croce rossa dice di essere «frustrata dalla burocrazia», di non poter intervenire come vorrebbe. Le aziende private, e anche altri Stati, dicono che gli aiuti vengono rimandati indietro. L'immagine è quanto meno di confusione.
C'è chi dice che una delle ragioni è che la Federal Emergency Management Agency (Fema, la protezione civile) è stata inglobata nella nuova superagenzia per la sicurezza interna creata dopo l'11 settembre. Il risultato è che ne sono stati drasticamente ridimensionati gli organici (meno 500, benché fossero meno dell'1 per cento dei ben 180.000 dipendenti della superagenzia antiterrorismo), e i bilanci. I tagli hanno colpito soprattutto la prevenzione. Il columnist del New York Times Paul Krugman sospetta «ostilità ideologica all'idea stessa di usare il governo per il bene pubblico». Ma potrebbe esserci di peggio. La Fema aveva un capo giudicato molto competente, ma Bush lo ha sostituito con personalità politicamente più vicine a lui. «Hanno tolto la gestione dell'emergenza agli esperti, per darla in mano ai dilettanti», il giudizio durissimo del portavoce della Fema sotto Clinton. La ragione addotta era stata la priorità del terrorismo. C'è chi si chiede cosa avrebbero fatto se anziché Katrina a colpire fossero stati i terroristi. Che la decisione di mettere da parte l'orgoglio da iperpotenza e accettare per la prima volta l'aiuto offerto dal resto del mondo abbia a che fare con l'umiliazione autoinferta, sia un inizio di ripensamento?

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