di Giorgio Bocca
da L'Espresso
Il sasso lanciato da un cavalcavia sull'autostrada Roma-Napoli da quattro balordi è la dimostrazione lampante che la lotta al terrorismo è, nella società moderna, tecnicamente impossibile. Invece del sasso poteva essere una bomba, invece di un morto centinaia di vittime. La mobilitazione di decine di migliaia di poliziotti serve ai governi per dichiarare che 'tutto è sotto controllo', affermazione ridicola in un tempo in cui, come tutti sanno, anche la distribuzione di energia elettrica in Europa può essere interrotta dalla caduta di un albero.
Le vacanze estive ci hanno fatto vedere fiumane di persone esposte a possibili attentati che le polizie non potrebbero in alcun modo impedire.
San Pietro è raggiungibile da kamikaze come da missili, un papa è stato colpito da un sicario proprio sulla piazza, basta entrare in una stazione ferroviaria come in un aeroporto per rendersi conto che l'apparato di prevenzione e difesa fa acqua da tutte le parti e che l'offensiva del terrore è relativamente contenuta non per merito delle difese, ma per la debolezza di un nemico di sunito e privo di un progetto politico attuabile nella realtà geopolitica.
Ciò che il terrorismo ha già ottenuto è una sorta di intossicazione poliziesca che si pensava finita con la guerra fredda, quella sorta di incubo delle opposte fabbriche di intrighi e di menzogne. Quel che si è saputo recentemente sul sequestro e sulla liberazione di italiani in Iraq come in Afghanistan lascia pensare che tutto sia consistito in un gigantesco scrocco da parte di apparati polizieschi pronti ad approfittare della confusione e magari a crearla.
Chi sono state, per cominciare, le vittime di questi sequestri? Persone importanti nella grande partita fra intervento americano e resistenza islamica? No, i sequestrati sono personaggi minori, facilmente catturabili perché praticamente privi di protezioni, mercenari di basso bordo, giornalisti o fotografi d'avventura, volontarie di associazioni umanitarie.
A cosa servivano i sequestri? Sostanzialmente a ricattare i governi, a esporli alle reazioni emotive delle pubbliche opinioni e quindi a costringerli alle trattative e all'esborso di grandi somme di denaro 'nero' non controllabile dai parlamenti.
Chi erano i sequestratori? Da quel che si è capito non gruppi della resistenza irachena, ma ex appartenenti alla polizia segreta di Saddam Hussein, che per campare avevano rimesso assieme una organizzazione armata per operazioni politico-criminali.
Ricordate le descrizioni dei rapitori delle due Simone, le volontarie italiane? Indossavano una divisa paramilitare, si muovevano agli ordini di un comandante, non si definivano politicamente, non dicevano chi erano, per conto di chi agivano, quali canali avrebbero usato per trattare.
E tutti noi pensammo alla segretezza della guerra, ai misteri di una resistenza che si muoveva dentro una guerra civile. E invece, con ogni prababilità , queste e altre vicende dipendevano solo dalle combinazioni affaristiche degli apparati polizieschi più o meno deviati e dal fatto che i governi hanno bisogno di loro.
Hanno inventato con loro la parola magica di 'intelligence', spacciata come strumento superiore e segreto di informazione, ma in realtà combinazione allo stato nascente di poliziotti carrieristi e di avventurieri che prima fanno i sequestri poi di comune accordo li gestiscono, inventando liberazioni teatrali e terminando in gloria con i rientri in patria dei liberati o delle salme, ripresi dalla televisione alla presenza delle supreme autorità dello Stato in una vaga aria di ritorno al fascismo o almeno alla sua retorica patriottarda.