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Articolo 21 - Editoriali
La Palestina è sola
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di Alì Rashid*

Non era mai avvenuto prima che un'Amministrazione americana - per quanto legata ad Israele - con l'approvazione del piano di annessione della Cisgiordania da parte di Sharon ed l'esecuzione «mirata» prima di Yassin e ora di Rantisi, avesse ostentato tanto disprezzo del ruolo e delle risoluzioni delle Nazioni Unite che condannano l'occupazione della Palestina da parte di Israele, la sua politica di violazione sistematica del diritto internazionale, l'alterazione dei rapporti demografici con il trasferimento forzato di popolazione, pulizia etnica compresa - perché di questo si tratta quando parliamo della questione dei rifugiati espulsi con la forza ed il loro diritto al ritorno ormai negato. Questa posizione non è dettata solo dal trasversale e pesante condizionamento sulla politica degli Stati uniti rappresentato, soprattutto in campagna elettorale, dal peso del voto ebraico, e che coinvolge sia il presidente Bush che il suo avversario democratico Kerry. Ma da un patto di carattere ideologico, militare e strategico che lega a doppio filo gli ambienti più reazionari e conservatori in America ed in Israele. Un patto che ha come obiettivo per il momento la liquidazione definitiva della questione palestinese, il dominio assoluto sul Medio Oriente e le sue risorse energetiche attraverso il metodo esclusivo dell'uso della forza e della guerra.

Solo in questa chiave è possibile interpretare l'ostinazione di Bush a scatenare la guerra all'Iraq, e la determinazione di Sharon ad affossare qualsiasi possibilità di una soluzione politica per i territori occupati. Con l'insensibilità di entrambi a qualsiasi forma di diritto e legalità internazionale; mentre, insieme, promettono al mondo una guerra permanente e senza fine in nome della lotta al terrorismo, un terrorismo che praticano in modo sistematico. E che cercano di provocare, sbarrando la strada ad ogni soluzione politica, e poi accusando di «terrorismo» ogni forma di resistenza ai loro piani criminali.

Da troppo tempo Israele si è messa al di fuori della legalità internazionale e con la sua politica aggressiva sta destabilizzando il mondo. Oggi è in aperta compagnia degli Stati Uniti e questo complica ancora di più la situazione. Ma la risposta della comunità internazionale non può essere «un poco o un molto di complicità», altrimenti, saremmo trascinati, tutti, inevitabilmente, come vogliono Bush e Sharon, verso il baratro dello scontro tra civiltà e religioni, proclamato e teorizzato.

La risposta deve essere un netto rifiuto e un presa di distanza come ha fatto coerentemente la Spagna. Almeno, subito, con la sospensione del trattato commerciale dell'Unione europea con Israele, e non la sua promozione a Stato membro come alcune lobby economiche filo-israeliane qui in Italia stanno facendo. Se è vero che per una soluzione di tutta la questione mediorientale servono stabilità, democrazia e sviluppo, allora non si può prescindere dalla soluzione della questione palestinese. In questo quadro tragico è altresì vero che i palestinesi sono l'anello più debole, per il rapporto asimmetrico con Israele, per la divisione del mondo arabo e la corruzione ed inaffidabilità della sua classe dirigente, per l'assenza e la paralisi della istituzioni internazionali .

Noi non potremo mai accettare il piano che ha in mente Sharon semplicemente perché rappresenta la nostra fine, e non solo politica. Siamo soli, la Palestina è sola, in un rapporto di forza che per il momento non lascia scampo e non offre alternative politiche dal momento che anche Shimon Peres, a nome di quello che resta del partito laburista, sembra deciso a prendere parte al governo di unità nazionale guidato dalla destra razzista israeliana. Prendiamo atto che le scelte politiche di Bush e Sharon sono incompatibili con la pace in Palestina e che per la democrazia, vera, in Medio Oriente, servirà ancora un lungo periodo di lotta e resistenza.

Il mondo rompa il silenzio, l'assedio e la solitudine della Palestina rifiutando la logica imperiale che semina odio, morte e fallimenti. Si può fare, il governo spagnolo dimostra che la scelta è possibile.

* Primo segretario Delegazione palestinese in Italia

da "Il Manifesto" - 20 aprile 2004

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