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Articolo 21 - Editoriali
La censura cinese e i colossi della rete
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di Bruna Iacopino

Censura e violazione della privacy sono diventate ormai di moda per la rete.
Dopo le accuse mosse contro Google e la sua casella di posta elettronica, Gmail, nuove bufere si scatenano sui colossi di internet. L??ultimo eclatante episodio è quello che vede incriminato il portale internazionale Yahoo, accusato di ??collaborazionismo? con il governo di Pechino.

Yahoo ??ha fatto la spia?, mandando in carcere il giornalista del «Contemporary Business News», Shi Tao, 37 anni, il 24 novembre 2004, giudicato colpevole e condannato a 10 anni di detenzione solo per aver spedito, ad amici e colleghi, anche oltre oceano, una mail in cui raccontava di come la Repubblica popolare cinese avesse impedito ai giornalisti, di commemorare in qualsiasi modo, il 15° anniversario della strage di piazza Tienanmen. Che in Cina vigesse una rigida censura non è un fatto nuovo, da sempre, le organizzazioni umanitarie lo avevano denunciato, la gravità del fatto sta nella totale violazione del diritto della privacy da parte della multinazionale per poter accrescere la propria presenza all??interno del ricco mercato cinese, sbaragliando la concorrenza.

I dati del povero Shi Tao sono stati consegnati nelle mani delle autorità di Pechino, che, hanno ritenuto opportuno infliggere una punizione esemplare, tale da scoraggiare i viaggiatori della rete, ormai divenuti tantissimi anche nel paese orientale.
Tuttavia, il dito accusatore, non va puntato solo su Yahoo? anche Google e Microsoft sono diventati, con gli anni, ottimi alleati della politica repressiva cinese. I bloggers non possono utilizzare termini come libertà e democrazia, o parlare di diritti civili, sesso, e libertà individuali.
Se ??navigate? in Cina, sappiate che è impossibile collegarsi a siti catalogati come ??dissidenti?, quello della Bbc, per esempio, e, attenti a non digitare su un motore di ricerca, parole come, Tibet, Dalailama, Tienanmen? rischiereste grosso!
Dopo le denunce da parte di Reporters sans frontieres, Yahoo, ha ammesso di aver consegnato il nome di Shi Tao alle autorità di Pechino.

Non molto tempo fa, Ethan Gutmann, giornalista di fama e collaboratore del Wall Street Journal, a Pechino, nel suo ultimo libro "Losing the New China: A Story of American Commerci", aveva denunciato la Cisco, azienda americana leader nella produzione di infrastrutture di rete, per aver fornito al Governo cinese, un database di stato, aggiornato in tempo reale ed esteso fino ai cellulari d'ultima generazione, che permette alle autorità di censurare arbitrariamente tutte le forme di comunicazione digitale, violando, così, le norme statunitensi in materia di esportazione verso la Cina.

Infatti le norme americane vietano la vendita alle autorità cinesi di molte delle tecnologie più avanzate: vista l'attuale situazione cinese, caratterizzata da un controllo centralizzato iperinvasivo che si abbatte persino sui motori di ricerca, in molto ritengono che Cisco abbia effettivamente violato queste leggi. Persino il Washington Post, sebbene in sordina, si è scagliato contro Cisco.

A questoo punto c'è da chiedersi:ma, il confine tra etica e profitto, ha davvero cessato di esistere?

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