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Le bombe di Firenze e il “fantaromanzo” di Silvia Resta
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di Federico Orlando

Le bombe di Firenze e il “fantaromanzo” di Silvia Resta

Una signora fiorentina mi scrive:  leggo cose inquietanti (le potrei leggere se già fosse passata la legge bavaglio sui giornali?) sull'inchiesta che i nostri servizi segreti starebbero conducendo su loro stessi per scoprire eventuali 007 infedeli che favorirono le stragi di Capaci e via D'Amelio: dove furono massacrati Falcone e Borsellino. In sintesi, i pubblici ministeri di Caltanissetta stanno indagando sul ruolo dei servizi nella trattativa Stato-mafia e nelle stragi. E il prefetto De Gennaro, ex capo della polizia e ora responsabile degli “apparati di informazione”, ha ordinato a sua volta un'inchiesta interna, molto ampia. Ma cosa è stata e cos'è quest'Italia? Totò Riina, si legge, aveva lanciato un segnale: “L'hanno ammazzato loro, non guardate sempre e solo a me, guardatevi dentro anche voi”.
Rispondo così alla signora: Gentile lettrice, non so molto di questi misteri. So solo che oggi è il 27 maggio. Quel giorno, nel 1993, a Firenze cominciò la stagione delle bombe, cinque morti, decine di feriti, danni incalcolabili agli Uffizi e ai Georgofili. La “stagione” sarebbe proseguita a Milano, e a Roma tra l’Arco di Giano e San Giorgio al Velabro, dove temila anni prima c'era la palude tiberina e il pastore Faustolo vi rinveniva la cesta con Romolo e Remo, appena partoriti da Rea Silvia. Cosa sapevano gli stragisti mafiosi di Velabro, Georgofili, Tempio di Vesta? Qualche mente molto più raffinata delle loro aveva valutato strategicamente luoghi simbolici da  colpire, per affrettare la resa della società e dello stato, traballanti tra partiti in agonia fin dalla caduta del Muro e la tangentopoli repubblicana. Stragi sì, ma, manovalanza a parte, non mafiose: piuttosto un colpo di stato bianco, la Spectre trasferita dalla fiction alla realtà.
Ci racconta tutto la collega del Tg7 Silvia Resta, nel suo bel romanzo “La bomba di Firenze”, edizioni Infinito, con prefazione del magistrato antimafia Alfonso Sabella (p.140, euro 12). Racconta di una giornalista americana che, venuta in Italia per scrivere dell'attentato ai Georgofili, riesce a contattare un ex generale dell'antimafia: che forse aveva capito tutto, perciò era stato esonerato e pensionato, e forse le avrebbe raccontato la storia delle bombe se una telefonata intelligente non lo avesse indotto a sparire da Firenze. Forse a telefonargli non erano stati i manovali della mafia ma le menti fini della Spectre. Non gli restava che fuggire in Svizzera, coi suoi documenti, a morirvi in pace di cancro, in una clinica super-discreta.
Ma la giornalista americana (ne abbiamo conosciute, toste, della medesima pasta) lo ritrova. Ed egli accetta di darle tutta la documentazione, affinché coi suoi articoli possa sventare le nuove stragi, a lui preannunciate, e smascherare la connection  politici-mafiosi-imprenditori-ecclesiastici-apparati-banche-giornali-massoni, che strangola l'Italia.
“Fantacronaca”, dice Silvia Resta del suo libro, uscito in tempo per rinfrescarci la memoria sulle bombe del maggio 1993 e successive. Ma fantacronaca non è, semmai metafora dell'Italia. E' la descrizione del golpe bianco, la conquista del potere non coi carri armati di Pinochet, ma col voto di milioni di elettori (terrorizzati dal vuoto di politica favorito proprio da chi si offre di portarli in salvo). Perciò, niente sorpresa ma  brava Silvia. La sorpresa, almeno per americanofili come noi, arriva quando la giornalista Usa telefona a New York d'essere piena di documenti e rivelazioni del generale morente, pronta a scrivere tutto. Ma il direttore le risponde che s’è montata la testa, che scrivere “tutto questo” non è possibile. E alla giovane entusiasta, che nell’impresa ha perso pure l' amante fiorentino di qualche notte (un critico d’arte che s’era rivenduto gli arazzi sottratti agli Uffizi fra le bombe dei Georgofili, ma non era sfuggito alle telecamere del generale), non resta che portare il malloppo a un giovane magistrato siciliano e partire per l’India, a meditare. Meditare sull'Italia, certo, ma anche sulla sua libera America dove la stampa si autocensura, talvolta, come in Italia fa tanto spesso. E i coraggiosi debbono sempre ricominciare.     

 


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