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Articolo 21 - Editoriali
La Rai privata sarà davvero una Rai migliore?
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di Roberto Seghetti*

Lâ??idea che la privatizzazione della Rai sia un passo necessario per migliorare la Rai si basa su alcuni malintesi che purtroppo sono diventati cultura di base anche per un pezzo del Centrosinistra. Il principale malinteso riguarda la possibilità che lâ??ingresso nel capitale e quindi anche nel consiglio di amministrazione della Rai di investitori privati sia di per sé un freno alle pretese della politica.

A voler essere buoni è unâ??idea, come dire?, ingenua. Basta vedere che cosa è accaduto allâ??Eni: lâ??amministratore delegato, Vittorio Mincato, che aveva presentato per anni bilanci con utili ed efficienza invidiabili, è saltato come un tappo di spumante dal suo posto. La ragione? Si opponeva ad alcune idee del governo sul gas russo. Eppure lo Stato, tra ministero dellâ??Economia e Cassa Depositi e Prestiti, controlla ormai meno di un terzo del capitale dellâ??Eni.

E nel Cda di questa grande multinazionale italiana siedono i rappresentanti di fior di investitori privati. Pensare che la presenza dei privati possa di per sé frenare le pressioni, la presa della politica sulla Rai, è dunque sbagliato. Al massimo i privati faranno resistenza per ottenere dalla politica benefici per se stessi, prima di lasciarle il passo libero nelle decisioni che riguardano la Rai.

Lâ??unica cosa certa è che peseranno i loro interessi, a fianco e in aggiunta a quelli della politica. Il secondo malinteso riguarda lâ??idea che si possa contenere lâ??influenza dei privati (che in Italia, come dimostra la lettura dei più importanti quotidiani del paese, quando si tratta di informazione pensano ai propri affari prima che alla libertà). Ebbene, oltre un decennio di privatizzazioni dimostrano che nei casi più nobili in effetti è cresciuta lâ??efficienza delle aziende privatizzate. Ma in molti altri, gli investitori privati si sono limitati a «succhiare» i benefici di situazioni di monopolio o di oligopolio. E in altri ancora sono stati così maldestri da far scattare addirittura la nostalgia per i vecchi boiardi.

Quanto alla loro influenza, il modello Mediobanca (piccoli pacchetti di azioni consorziati in una sacra alleanza che mette insieme una rete di amici forti) dimostra che anche mettendo un tetto allâ??acquisto di titoli Rai non si eviterebbe il problema. Di volta in volta i diversi azionisti si alleeranno con il governo o con lâ??opposizione.

E indovinate un poâ?? quali ragioni saranno alla base delle loro scelte? Illusoria, poi, oltre che ingenua, sarebbe lâ??idea, se ci fosse, di collocare pacchetti di azioni in mani amiche: quando si tratta di affari gli amici non esistono. E, se esistono, non sono per sempre. Decenni di delusioni nei rapporti con i potentati dellâ??informazione e della comunicazione dovrebbero aver insegnato qualcosa. Infine, câ??è il malinteso sulla qualità del prodotto. I privati darebbero una spinta alla qualità?

Forse, chissà, dipende. Una cosa, invece, è certa: sicuramente dovrà aumentare la spinta al guadagno (altrimenti per quale ragione un privato dovrebbe mettere i propri soldi in gioco? Oggi non basta più, come negli anni Settanta, che possa fare accordi con la politica. Oggi pretendono anche utili crescenti, come provano i bilanci editoriali).

E la spinta a guadagnare significa più attenzione alla pubblicità che al prodotto, più attenzione agli interessi degli strati sociali più ricchi e che possono consumare, più attenzione ai programmi che fanno guadagnare piuttosto che ai programmi che interessano e magari fanno anche audience (sì, tutte le ultime ricerche dicono gli inserzionisti non vogliono solo audience: vogliono audience selezionata, con buona pace di pensionati, meno abbienti e altre categorie sociali poco interessate alla crescita dei consumi). Insomma, credo che occorra muoversi con maggiore attenzione quando si parla di privatizzazione della Rai.

E che, nel caso, bisognerebbe anche chiarire in primo luogo come la si vorrebbe privatizzare: non câ??è un solo modello e non sono tutti uguali. E in secondo luogo, come la si vorrebbe valutare. Ricordo che gli advisor scelti dal governo e dallâ??ex direttore generale Cattaneo valutarono la Rai (la cifra ufficialmente non è mai stata resa nota) intorno ai 5 miliardi di euro (meno della metà della capitalizzazione di Mediaset in Borsa).

Un poâ?? poco. Ma non senza ragione: la Rai ha un valore sociale, diciamo un avviamento di rapporto con il territorio, difficilmente quantificabili in termini di business. Pensate alla sede di Bolzano, con giornalisti di lingua tedesca e di lingua italiana.

Come quantificare in termini di business commerciale la coesione sociale che si ottiene in questo modo? Nelle carte di un advisor il numero dei giornalisti starà solo nella parte dei costi. E lo stesso vale per alcune sedi del Mezzogiorno: come valutare redazioni e sedi collocate in aree territoriali che generano poca pubblicità? Le regole del business sono ferree: non importa il ruolo sociale. Anche in questo caso si resta solo nella parte dei costi. Non sarebbe male allora, quando si parla di privatizzazione chiarire meglio anche queste cose. 
*giunta della Fnsi

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