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Articolo 21 - Editoriali
La Piazza e il Popolo*
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di Antonio Padellaro

Il primo segno è augurale: la gente è tanta. Sono le undici e a Roma Termini il marciapiede della metro A, direzione Piazza del Popolo, è intasato: la folla preme sulle scale mobili, lâ??altoparlante consiglia di aspettare. Nei vagoni stipati, bandiere dellâ??Ulivo, bandiere rosse con la Quercia, uno striscione dipinto con lo spray: «loro truccano le elezioni, noi non staremo a guardare». Smentito, dunque, chi aveva temuto la scarsa affluenza, perché le persone sono sfiduciate, perché chiamate con poco preavviso, perché le manifestazioni si fanno al sabato, perché la domenica la gente o sta a casa o va in gita, perché vedrai che piove, perché, perché, perché. Câ??è il sole. Così estivo è unâ??altra sorpresa: ripone i soprabiti e scioglie lâ??aria umida e pessimista che da un poâ?? ci avvolge tutti quanti. Câ??è la Piazza e câ??è il Popolo. Cinquantamila o centomila?
Non sapremmo dire ma crediamo che più dei numeri parli lâ??energia collettiva. Si sente subito che oggi tutti sono venuti ad ascoltare perché tutti hanno qualcosa di molto importante da dire (rabbia, fiducia, speranza); e sono la rappresentanza civile di altri milioni di cittadini che non ci sono ma è come se ci fossero.
� una forza vitale, densa e compatta, in piedi sul bordo delle fontane, aggrappata ai muraglioni che salgono al Pincio, alle statue dei santi. Un popolo che avrebbe riempito spazi più grandi e che il centrosinistra ha fatto male a non cercare più spesso.
Il secondo segno è politico. Sul palco sono presenti, al completo, i leader dellâ??Unione. Anche Bertinotti, anche Di Pietro, anche Mastella, anche Pecoraro Scanio: tutti impegnati a contendersi i voti delle primarie, tra sette giorni, eppure tutti intorno a Prodi. A cui renderanno la vittoria meno squillante ma la cui premiership dicono di voler rafforzare. Una contraddizione? Una farsa, come qualcuno sostiene? La piazza non la pensa così. Oggi, li applaudono vedendoli insieme. Domenica, ne sceglieranno uno solo. Si chiama democrazia. Fino a qualche mese fa la destra ballava sulle divisioni dellâ??Unione non avendo altro argomento di cui rallegrarsi. Dicevano: come faranno a governare nove o dieci partiti e partitini spaccati su tutto? Espediente polemico che non rende più se Berlusconi e i suoi epigoni lo hanno accantonato. Non funziona perché i leader dellâ??Unione, nessuno escluso, sono stati bravi, diamogliene atto, a non rinnegare la parola Unione che campeggia sui loro manifesti.
Tattica momentanea? Lo vedremo. Tregua destinata a durare fino alle elezioni? Sarebbe un risultato eccellente. Perché la piazza e il popolo hanno ben chiaro che lâ??obiettivo adesso è uno soltanto: battere Berlusconi, mandare a casa un governo che gli italiani non si meritano, conquistare la maggioranza dei voti alle prossime elezioni. Concentratevi sulla vittoria, non disunitevi, fate quadrato: questa era la voce della piazza.
Il terzo segno è Prodi. Non ha, come si dice, un eloquio trascinante. Non sfodera frasi ad effetto. Non sollecita lâ??applauso facile. Lui preferisce attenersi ai fatti. Che enumera drammatici ed evidenti: il declino dellâ??Italia, lâ??impoverimento delle famiglie non sono chiacchiere da comizio ma problemi reali, esistenziali. Ci sono a confermarlo donne e uomini che lui può guardare in faccia, non le percentuali di uno studio. Parla da economista, non da impresario. Non deve vendere nulla perciò pronuncia frasi semplici che raccontano di leggi ad personam, di stravolgimento della costituzione, di truffe elettorali. Siamo guidati da un uomo inadeguato. Siamo diventati lo zimbello dellâ??Europa.
Crude verità che non hanno bisogno di svolazzi retorici. Questi cinque anni li ha trascorsi a guidare lâ??Europa non a raccontare barzellette. La piazza lo ascolta elencare i problemi di questo paese e le possibili soluzioni. Applaude molti passaggi ma la colonna sonora è soprattutto il silenzio. Quelle cinquanta o centomila persone così tese e attente mentre Prodi, Mariangela Melato, il sindaco Domenici raccontano la Finanziaria assurda che taglia le mense scolastiche e uccide lo spettacolo ci dicono, molto più di qualsiasi previsione o sondaggio elettorale, che lâ??epoca degli imbonitori è finita.

*da l'Unità

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