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Articolo 21 - Editoriali
Guerra e bugie. Iraq. La verità sui morti di Nassiriya
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di Salamandra

Il contingente italiano sta in Iraq  per ??pacificare? oppure per guerreggiare?

La domanda non è per nulla peregrina, nonostante i tanti sforzi da parte del governo Berlusconi di screditare sui media la versione di ??Italiani brava gente?, arrivati in Iraq più per fare del bene, aiutare la popolazione martoriata, che per sostenere lo sforzo bellico degli ??amici americani?, inviati da Bush-Cheney-Rice e Rumsfeld per difendere gli interessi petroliferi ad ogni costo, ??dead or alive?, come ai tempi del vecchio Far West.

E soprattutto dopo gli scontri a fuoco avvenuti nel distretto di Nassiriya, la zona sottoposta al controllo del nostro contingente, l??Italia è entrata definitivamente in guerra o c??è ancora qualche ??anima candida? della maggioranza di governo che gioca alla mistificazione accreditando la bugia della ??missione di pace??

I 15 morti iracheni ufficiali (come si affannava a certificare il neo-conservatore Gustavo Selva dalla tribuna di ??Excalibur?) per la riconquista dei ponti a Nassirya sul fiume Eufrate tra il 4 e il 5 aprile, dopo una furiosa battaglia durata 18 ore, ingaggiata da 600 nostri militari contro mille miliziani sciiti, stridono con il puntuale e documentato reportage stilato dal bravo inviato di guerra Giovanni Porzio di ??Panorama? (settimanale della scuderia Berlusconi).

Porzio è andato da Bagdad a Nassiriya una settimana dopo gli scontri ed a parlato con il Comandante in capo della missione ??Nuova Babilonia?, generale Francesco Paolo Spagnolo, e con lo stesso capo del contingente italiano, generale Marco Chiarini, per saperne di più, non fidandosi delle sole versioni ufficiali. Ha ascoltato anche la governatrice della regione, l??italiana Barbara Contini, e diversi sceicchi e capi tribù della zona.

Sarebbe andata così. I guerriglieri occupano i tre ponti di Nassiriya, gli italiani ordinano agli iracheni di ritirarsi, e poi tornano dentro la base di Tallil per evitare confronti diretti. A questo punto il comando americano ordina agli italiani di riprendere i tre ponti sull??Eufrate. I nostri rispondono di non volerlo fare, perché altrimenti avrebbero dovuto ingaggiare un conflitto a fuoco.

Gli americani, però, li mettono davanti all??aut aut: ??o andate voi oppure ci pensiamo noi, ma allora  il contingente italiano torna a casa?!

Il generale Spagnuolo, rendendosi conto che l??intervento americano avrebbe causato molte vittime, sull??esempio dell??attacco a Falluja, decide allora di intervenire (nonostante le trattative della Governatrice Contini con i capi tribù per trovare una via di uscita pacifica).

Succede in parte quello che  già sappiamo: i nostri vanno a parlamentare, ma partono dei colpi dalla parte irachena,  dove i guerriglieri avevano anche messo avanti alle proprie milizie donne e bambini (secondo la ricostruzione ufficiale italiana).

Si scatena dunque  una battaglia che dura 18 ore, alla fine della quale i nostri riconquistano il controllo dei ponti e ritornano alla base. La versione ufficiale parla di 15 vittime tra gli iracheni e di alcuni feriti tra le nostre truppe.

Fonti militari ben informate, però, avrebbero confermato a Porzio che per il volume di fuoco che si era sviluppato in quelle 18 ore, ci sarebbero state almeno 150/200 e non 15 soltanto.

Ad ??Excalibur? le fonti ufficiali hanno fatto riferimento ancora a quell??episodio, parlando di poche vittime tra gli insorti  e accusando della sparatoria la polizia irachena, che avrebbe perso la testa, mentre i nostri non avrebbero addirittura sparato.

Puntuale e dettagliata la ricostruzione fatta, invece, nel reportage di Porzio sul ??Panorama? del 15/22 Aprile. Ma, come capita a volte, nessuno riprende la versione non ufficiale, che molti giornalisti occidentali a Baghdad invece avevano avuto modo di conoscere, seppure indirettamente. Tanto meno nessun effetto politico suscita il primo conflitto a fuoco di nostri militari dopo la fine della Seconda guerra mondiale!

Come mai? Forse tutti i politici, anche quelli di sinistra, e i media sono distolti dall??altro evento, quello della probabile liberazione dei tre ostaggi in mano ai guerriglieri iracheni di Falluja? E come spiegare il silenzio mediatico sullo stravolgimento della natura della nostra missione in Iraq?

C??è  poi un altro particolare che, in qualche modo, conferma come la missione sia ormai vissuta come un??operazione di guerra vera e propria.

I nostri militari di stanza a Nassirya dovrebbero portare un nastrino bianco che contrassegna l??operazione di pace, ma molti di loro si rifiutano di metterlo. Ci sono alcuni anche arrabbiatissimi, perché, sostengono, che il nastrino bianco non permetterebbe loro di ottenere, una volta tornati in Italia, gli scatti di carriera  conseguenti all??operazione in stato di guerra, come accadde per i loro commilitoni inviati  in Kossovo.

Si può ancora parlare, anche da questi ??dettagli?, di missione italiana di pace in Iraq?

Quanti altri morti dobbiamo attenderci, prima di strappare il velo dell??ipocrisia e far tornare le nostre truppe in Italia e chiedere un intervento davvero pacificatore  ??super partes? dell??ONU?

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