Clicca qui per il nuovo sito di Articolo 21 »
Ricerca con Google
Web articolo21.info
 
 
Articolo 21 - Editoriali
Radicali e riformisti, una lite spericolata
Condividi su Facebook Condividi su OKNOtizie Condividi su Del.icio.us.

di Paolo Martini *

Radicali o riformisti, a chi giova? Anche nella sinistra per così dire televisiva fa furore una divisione insensata. Si discute e si censura, sulle censure e sulle critiche censorie dei censurati, con grande gioia di chi assiste allo spettacolo da fuori. Alla fine è davvero da ammirare l'ex presidente Lucia Annunziata, bersaglio di Sabina Guzzanti in "Viva Zapatero" e non solo,  che vuole discutere con la stessa Guzzanti nella sua nuova trasmissione di Raitre. E chissà che magari Giovanni Floris non voglia far accomodare sulle poltrone di "Ballarò" il suo feroce critico Marco Travaglio... Ma l'infervorare un po' insensato delle polemiche tra una sinistra cosiddetta radicale e quella riformista e moderata, tra "girotondini" e uomini delle istituzioni, tra censurati e presunti
"collaborazionisti" sta creando una nebbia pericolosissima che rischia di togliere di mezzo la questione di fondo. E non è l'eterna e inutile querelle tra antagonisti e riformisti, tra
radicali e moderati: perché parlando di tv e di informazione non ha senso parlarne sempre e soltanto in termini politici, come se disfatto un regime (che sia ormai in disfacimento è evidente), se ne dovesse rifare un altro, o peggio ancora. Cari Travaglio e Floris, colleghi eccellenti e di chiara fama: la questione è semplicemente quella fondamentale della nostra professione, la qualità dell'informazione. Le idee non contano, paradossalmente, quanto l'attitudine ad indossarle con onestà e chiarezza. E ciascuno lo farà, poi, a modo proprio, è evidente: non è obbligatorio possedere il calore meridionale e generazionale di un Santoro, e nemmeno la saggezza distante e patriarcale di un Biagi è riproducibile. Ma certo va accettato il tono più freddo e internazionale di chi è venuto dopo, e persino il sacro furore dell'integralista cattolico che si leggeva nello sguardo di un Socci. Un'informazione senza un punto di vista, o che fintamente rinuncia ad averlo e a dichiararlo, rischia di essere molto sterile. Prendiamo un altro esempio, politicamente neutrale nel senso di estraneo a entrambi gli schieramenti, come quello di Massimo Fini, non a caso emarginato nella Rai dei regimetti di queste ultime stagioni: Fini è un eccellente giornalista, le sue opinioni sono condivisibili da una minoranza di
persone, mentre i più trovano irritante il suo dichiararsi così
nettamente antimoderno, e persino antidemocratico, nel senso di fieramente critico nei confronti della democrazia. Ecco, in un panorama generale così profondamente sensibile ai valori economici, in uno spirito del tempo così intriso di merci e di capitali, in una cultura dominante che si direbbe della democrazia tardo-capitalista, a maggior ragione una voce dissenziente come quella di Fini merita di essere ascoltata. Ebbene, nel caso della Rai, è ora di chiarire una volta per tutte che i punti di vista devono essere rappresentati nel numero maggiore possibile e nel modo più profondo possibile. E' anche per questo che esiste un servizio pubblico, serve per assicurare voce a chi non ha un potenziale di mercato o di potere. L'alternativa peggiore alla programmatica rinuncia dei punti di vista, è la sterilizzazione di tutta l'informazione televisiva in un salottismo complice e civettuolo, è il banale riequilibramento degli spazi nello stile dei "panini" da telegiornale, è l'omologazione culturale, che tanto è più orribile se viene ammantata di signorilità e peggio ancora di progressismo. Non si vuole certo tracciare l'elogio ipocrita e retorico dei giornalisti brutti, sporchi e cattivi. Ma è anche ora di smetterla di negare che i punti di vista siano il sale dell'informazione ed è ora quindi di accettare e di pretendere che alla Rai ad esprimersi siano anche e soprattutto "i differenti", e non gli indifferenti. E' in definitiva su questo crinale della differenza e dell'indifferenza, che più si sono urtati i lacchè del regimetto alla Rai in questi anni: come si dimostra anche dal piccolo caso della trasmissione censurata e infine soppressa che ho avuto la ventura di curare, "Dodicesimo Round", nonostante due dei quattro intervistatori venissero da giornali di centrodestra e dichiarassero spesso e volentieri il loro punto di vista certo non antigovernativo. Il nodo è molto semplice: chi ha il potere in genere non è disposto ad accettare che i giornalisti facciano per davvero delle domande, qualunque sia il punto di vista, fosse pure coincidente, che possano insomma aprire delle questioni. E, ripeto, ciascuno lo farà a suo modo: l'importante è farlo per davvero, e non per finta. Anni fa Biagi liquidò un famoso collega che si vantava di aver inventato le interviste provocatorie, con la battuta: "l'ultima domanda davvero provocatoria l'ha fatta Dio a Caino: dov'è tuo fratello Abele?"

  * giornalista e autore di "Dodicesimo Round"

Letto 516 volte
Notizie Correlate
Audio/Video Correlati
Dalla rete di Articolo 21