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Articolo 21 - Editoriali
Costanzo e Diaco, in fondo a sinistra
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di Piero Ricca

In questi anni ho interloquito spesso con elettori della cosiddetta Casa delle libertà, e alcuni erano ex simpatizzanti di sinistra.
Quando si toccava il tema del "regime mediatico" le risposte più frequenti erano due: a) la sinistra cosâ??ha fatto se non lottizzare la Rai? b) ma dove lo vedi questo regime se Mentana Costanzo e le Iene sono di sinistra e lavorano a Mediaset? Alla prima obiezione era difficile rispondere senza ricorrere al discutibile
argomento del meno peggio. Per rispondere alla seconda osservazione bisognava fare un discorso sulla complessità del meccanismo della formazione del gusto, dellâ??opinione e del
consenso in una "moderna" società dello spettacolo.

Quasi sempre era tempo sprecato cercare di spiegare che controllare il flusso della comunicazione e il mercato della pubblicità garantisce un vantaggio micidiale da molteplici punti di vista: ricatto sul sistema economico, potere di intimidazione sui giornalisti, gestione dellâ??agenda dei temi rilevanti, "selezione" degli avversari. Di tale gestione del potere della comunicazione fa naturalmente parte la falsa rappresentazione di un pluralismo interno. Allo scopo sono necessarie figure ambigue, finte neutrali, abili a dissimulare le vere finalità del proprio ben remunerato lavoro. Termine tecnico per definirle, a Roma, è "paraculi". Più che ciò che si dice la differenza la fa ciò che si impedisce di dire, con la selezione dei temi e dei punti di vista, e la distorsione della prospettiva nella quale temi e punti di vista vengono offerti. Campione dei finti neutrali è Bruno Vespa, che indubbiamente conosce bene la macchina e la fa fruttare, in ogni senso, a vantaggio suo e dei suoi "azionisti" del momento.

Può far rabbia ma non deve sorprendere, per esempio, che ci sia la fila di esponenti del centrosinistra disposti a presenziare, oltre che nel salottino bianco di Porta a Porta, alle presentazioni dei suoi libri natalizi. Lorsignori sono distanti anni luce dal comprendere che il contesto è importante almeno quanto i contenuti, posto di averne di validi e convincenti. Comparendo spesso e volentieri in tali discutibilissime tribune, tra lâ??altro, sarà poi difficile che essi prendano a cuore la questione della censura: che ovviamente non riguarda loro, ma alcuni precisi autori artisti e giornalisti giustamente considerati scomodi.
Primo della fila degli incensurati è il compagno Fausto, in assoluto il più ospitato a Porta a Porta, e ben quotato anche sui media della ditta, tipo tg4 e Panorama. Che fine farebbe lâ??anticomunismo senza più "comunisti" in circolazione? "Io vado ovunque, che male câ??è? Non sono contaminabile", ha spiegato il Rifondatore del comunismo in una recente intervista al Corriere,
prima di scagliarsi contro i soliti, tremendi "giustizialisti e moralisti", tipo quel Travaglio che gli fa venire "lâ??orticaria".

Il massimo è quando i finti neutrali riescono addirittura a farsi percepire come oppositori. Indiscusso reuccio del genere è Maurizio Costanzo, il quale in una sola vita è riuscito a passare da intervistatore di fiducia di Licio Gelli a consulente per la comunicazione di Dâ??Alema, Rutelli e Veltroni, rimanendo sempre strapagato addetto ai circenses di Mediaset. Un tipo che a Fausto non fa venire alcuna irritazione cutanea. Ma anche Enrico Mentana non scherza. Continua a dirsi e a essere percepito
di sinistra, eppure nei momenti decisivi ha serenamente portato acqua al datore di lavoro. Per i dettagli rimando a un recente articolo dal titolo "Il comodino da notte".del solito Travaglio, rompiballe in servizio permanente e dunque amato dai lettori e odiato nei palazzi. Anche la cacciata di Mentana dal tg5, che naturalmente ha fatto gridare allo scandalo i clienti di Costanzo, è significativa: essa è arrivata quando serviva definitivamente trasformare il tg5 in un volantino della Casa, allâ??insegna del gossip e della propaganda. L'ex comunista Carlo Rossella, nel genere, dava più garanzie.

Un ragazzo che si sta facendo strada è Pierluigi Diaco, deejay, conduttore radiofonico, collaboratore del Foglio, amico di Veltroni, vicedirettore mancato del tg4 (lo voleva Fede, accanto alle meteorine), e ora spalla di Piero Fassino (o viceversa) in una conduzione su un circuito radiof onico nazionale. I redattori di Radio 24 ricordano bene i suoi finti sondaggi di gradimento per le primarie, in funzione anti-Prodi; ora tiene banco a Rai
News 24. Piace in modo equamente ripartito, a destra e a sinistra. Spigliati, veloci di lingua, abili a giocare di sponda, questi finti neutrali capaci di farsi percepire come oppositori sono, visti i
competitors, i meno rozzi interpreti del giornalismo embedded di casa nostra. Giornalismo embedded: letteralmente, che va a letto con. Il loro compito è fiutare il vento e offrire, frammisto allâ??intrattenimento, quel dosaggio di informazione che lâ??apparato che li ingaggia ritiene potabile.

Sia Costanzo sia Diaco hanno fatto questâ??anno la loro brava comparsata alla festa nazionale dellâ??Unità di Milano, acclamati dagli ospiti come dalla platea.
"Saluto il popolo della sinistra, la nobiltà della politica è qui!", urlava il deejay, coprendo la voce di Giancarlo Caselli, relatore in un convegno attiguo. Un momento rivelatore fu quando, qualche anno fa, questo bravo ragazzo dovette gestire nel suo spazio a Radio Rai Vittorio Agnoletto. Tentò, lui così garbato e complimentoso con (quasi) tutti i suoi ospiti, di fargli fare una pessima figura, naturalmente senza riuscirci. Non si presentò la
necessità con Furio Colombo. La puntata con lâ??allora direttore dellâ??Unità fu cancellata dâ??imperio, ricorrendo alle solite banalità, dal direttore della divisione radiofonica del servizio pubblico, che non era poi così certo che il giovane Diaco sarebbe riuscito a mettere in difficoltà il vecchio Furio. Oggi Colombo - oppositore intransigente, che in questi anni ha cercato di squarciare il set di cartapesta eterogestito, nel quale lâ??opposizione garbata ha accettato di giocare la sua partita - non è più direttore dellâ?? Unità, mentre Diaco fa lo speaker del segretario dei Diesse.

Ricordo di aver posto la questione Vespa proprio a Piero Fassino, anni fa, alla vigilia dellâ??ennesimo spot editoriale per messer Brunetto. "Non mi spetta esprimere giudizi su un giornalista, non ci giova dare unâ??immagine sempre lamentosa di noi, e comunque nessuno mi tapperà mai la bocca", fu in sostanza la sua risposta sulla prima dellâ??Unità nel gennaio 2003. Ha capito tutto. Anche lâ??on. Bersani ha le idee chiare in materia di comunicazione: "Siamo costretti a giocare con lâ??arbitro Moreno, ma se siamo bravi vinciamo lo stesso", mi disse un paio di anni fa, evidentemente tornando dalla Luna. Insomma si ha a che fare con un mix di bassi calcoli politici, coda di paglia e ritardo culturale.  Quel mix che ha impedito agli amati leaders
ulivisti, quandâ??era possibile, di donare al Paese regole serie in materia antitrust e sui conflitti di interesse. "Quando eravamo al governo avevamo altre priorità, e poi nessuno immaginava che crescesse un bubbone del genere", ha candidamente ammesso Prodi non più di dieci giorni fa, a un convegno di Libertà e Giustizia. Il bubbone - imprevedibile? - sarebbe la vergogna planetaria di un governo d â??affari. Che cosa faranno questi cherubini, quando â?? come tutti ci auguriamo â?? torneranno al governo? Riscriveranno le regole per riaprire il mercato della
comunicazione? Nomineranno arbitri imparziali? Saranno in grado di autosuperarsi, riformando un sistema che, anche grazie ai loro calcoli e alla loro sprovvedutezza, ha svilito come non mai informazione e cultura, e dunque democrazia e convivenza?

Non è impossibile come sembra. Ma per crederci avremmo bisogno, come dire, di un "aiutino". Per esempio, che mettessero nero su bianco degli impegni chiari e precisi, PRIMA delle elezioni. Poche cartelle scritte in grande, sotto il titolo: "Riforma del sistema della comunicazione, dellâ??informazione
e della pubblicità". Più firma. Non si parte da zero, visto che qualche idea operativa i "giustizialisti" e "moralisti"  lâ??hanno messa in campo. Non è una pretesa da "orticaria", vero?

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