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TAGLI & BAVAGLI: le famiglie Cucchi e Aldrovandi contro il bavaglio
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di Filippo Vendemmiati

TAGLI & BAVAGLI: le famiglie Cucchi e Aldrovandi contro il bavaglio

Due donne molto diverse,  unite prima da una tragedia familiare e ora anche da una comune battaglia in nome della verità e della giustizia. Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, e Patrizia Aldrovandi, mamma di Federico (nella foto).   I loro cari sono morti e in entrambi i casi queste due donne hanno scoperto che anche i rappresentanti delle istituzioni possono sbagliare e condurre alla morte  innocenti. Ilaria Cucchi e la sua famiglia   sono all’inizio di un lungo e inesorabile calvario giudiziario; Patrizia e il marito Lino Aldrovandi hanno ottenuto, a cinque anni dalla morte del figlio, la condanna in primo grado dei quattro agenti autori del pestaggio e quindi di altri tre agenti della questura di Ferrara, responsabili di aver depistato e inquinato le prove.  Le storie sono diverse,  ma alcune circostanze sono incredibilmente uguali tra loro. Entrambe le vittime sono state subito additate come tossicodipendenti, secondo l’assunto che  malmenare una persona in difficoltà sia un’attenuante  piuttosto che un’aggravante, come invece riconosce il giudice Francesco Maria Caruso nella sentenza pronunciata a Ferrara il 6 luglio dell’anno scorso. In entrambi i casi dopo la morte è calato il silenzio e la giustizia non è partita, come obbligo sarebbe. Sono stati i familiari e  i loro legali a suggerire   agli organi di informazione che qualcosa di strano avvolgeva queste “morti già archiviate” e  da dimenticare in fretta. Ilaria Cucchi e Patrizia Aldrovandi sono state costrette a violentare il proprio dolore e a pubblicare le foto dei cadaveri del fratello e del figlio:  ferite,  lividi,  tumefazioni, il sangue sono diventati denuncia pubblica oltre che tragedia privata. Solo così e per questo si sono finalmente avviate  quasi in contemporanea le inchieste giornalistiche e quelle giudiziarie, rivelando poi, come nel caso di Federico - morto a 18 anni in via Ippodromo - una realtà ben peggiore e crudele di quanto gli stessi familiari avessero potuto temere.
Ora Patrizia scrive a Ilaria (la lettera la potete leggere nel sito federicoaldrovandi.blog.kataweb.it): “Anche per la mia famiglia intervenne il presidente della Camera (Bertinotti), anche questo ci accomuna”.
Senza la forza di queste due donne, la parola del cittadino contro quella delle istituzioni, senza la pressione crescente di alcuni organi di stampa che hanno pubblicato “notizie riservate” e “intercettazioni ambientali”, oggi non sapremmo nulla delle circostanze in cui sono finite le vite di  Federico e Stefano. “Perché, si chiede Patrizia, eliminare proprio tutto ciò che lo stesso Giudice ha riconosciuto esser stato determinante affinché giustizia non fosse negata?”
Nell’introduzione alla sentenza di condanna del processo Aldrovandi, scrive il giudice Francesco Maria Caruso:
“Quando un affare del genere si verifica in una città civile come Ferrara, dotata di opinione pubblica e società civile reattive, di un sistema di informazione diffuso e disposto a diffondere notizie e spiegazioni e a non subire condizionamenti, il fatto di cronaca diventa un caso. Non un qualsiasi procedimento giudiziario, ma un affare pubblico”.

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