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Articolo 21 - Editoriali
E' tornato il proporzionale ma assomiglia al maggioritario
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di Frida Nacinovich

da Liberazione

Ridono quelli della Casa delle libertà, si fanno l'occhiolino, pacche sulle spalle e strette di mano. Come se avessero preso un terno al lotto. Si alzano in piedi, applaudono la riforma della legge elettorale. La loro legge elettorale. Rumoreggiano: hanno stravolto le regole, fanno uno strappo anche alle forme. Dall'altro lato dell'aula di Montecitorio, quelli dell'Unione sventolano le tessere che servono per il voto elettronico, non le hanno usate. Un'ultima forma di protesta. La destra berlusconiana se le suona e se le canta, la Camera approva: 323 sì, 6 no e 6 astenuti. Silvio Berlusconi l'aveva detto: «Alle 18,30 ci sarà il voto». Ha sbagliato di poco, meno di mezz'ora, può accontentarsi.

Avanti tutta, sua maestà il presidente del Consiglio ha deciso. Tanti saluti alle primarie della destra, a mai più rivederci alle discussioni sulla leadership. Berlusconi non abbandona nemmeno per un attimo i banchi del governo. Invece Gianfranco Fini cede alla debolezza del fumo. Non importa, il vicepremier esce ma rientra ad ogni votazione. Due boccate e via perché le chiamate si susseguono, e la Casa delle libertà ha fretta. Ah, c'è anche da controllare che i deputati, gli onorevoli colleghi della maggioranza non facciano scherzi. Non possono e non devono sbagliare. La gaffe (gaffe?) sulle "quote rosa" viene esorcizzata da un solerte Ignazio La Russa con questa testuale dichiarazione: «Colpa dell'opposizione che ci ha boicottato». Mezza An, quella lontana dallo sguardo accigliato di Fini ha disobbedito. Fa niente, ora il vicepremier stringe la mano al suo capogruppo. Un incidente di percorso.

La mossa del Cavaliere riesce, l'Udc finisce sotto scacco e la riforma elettorale passa l'esame della Camera. Silvio Berlusconi ha vinto, sbandiera poco elegantemente il successo: «Con questo sistema elettorale le primarie non sono più necessarie. Non ne sento più parlare». Di più: «Non mi risultano cambi di leadership. Sui giornali si leggono tante cose....». Parole che segnano la caporetto dei folliniani dell'Udc. Non di quelli legati a Berlusconi (ministro Giovanardi in primis). E Pierferdinando Casini? «E' il garante della riforma elettorale», parola di Berlusconi. Presidente della Camera nominato, mezzo salvato.

I nazional alleati di Fini si allineano, sta diventando un'abitudine: «Le primarie sono incongruenti con il proporzionale», avverte il vicepremier. L'Udc non è d'accordo ma si adegua e vota il proporzionale in salsa berlusconiana.

Dopo il mercoledì "rosa", quello segnato dalla bocciatura delle quote femminili, delle proteste in aula con cartelli tricolori, arriva il giovedì. Il D-day, quello del voto. Urla, applausi, fischi. Un'altra giornata di ordinaria follia a Montecitorio. Gli onorevoli deputati della maggioranza procedono a passo spedito, sembrano un battaglione di soldati in marcia, seguiti a vista dai generali Berlusconi e Fini.

L'ordine del giorno impone agli onorevoli di rammaricarsi in pubblico per la sconfitta dell'emendamento sulle "quote rosa". In privato c'è la libera uscita, così al bar si ascoltano commenti del tipo: «Vi immaginate la "quota rosa" con le liste bloccate? Andavamo tutti a casa». Complimenti, complimenti vivissimi.

In aula si vota, si vota e si rivota. A cominciare dall'approvazione del primo articolo della riforma elettorale: sistema proporzionale con tre soglie di sbarramento. Voto a scrutinio segreto senza sorprese: 328 sì, 256 no e 2 astenuti. Approvato anche l'ennesimo emendamento "ad personam" della maggioranza. I partiti rappresentati alle Camere non dovranno raccogliere le firme, basta un seggio al Parlamento europeo: Alessandra Mussolini ringrazia. Gli italiani molto meno, ma questa è un'altra storia.

«Che disastro...». A un certo punto il presidente della Camera Casini non riesce a nascondere la delusione. E queste sue parole, pronunciate davanti ai boati di destra e sinistra durante una votazione segreta, si sentono chiaramente in Aula e dai teleschermi di "Radio Aula" visto che ha dimenticato di disattivare il suo microfono. Benvenuti nel paese delle libertà.

Poi un nuovo sì da Montecitorio, al premio di coalizione regionale (335 sì, 224 no e un astenuto). Il premio di maggioranza si calcolerà dunque su base regionale. In parole povere il premio di maggioranza al Senato può andare in una regione alla Casa delle libertà e in un'altra regione all'Unione. Buonanotte.

Tutto di corsa, perché così vuole il premier. L'Unione comunica che resterà in aula ma non parteciperà al voto: «Non ce ne andiamo perché questa è la nostra casa - spiega Castagnetti della Margherita - Non votiamo perché questa non è la nostra legge». Franco Giordano di Rifondazione comunista parla di «un falso proporzionale imposto dalla maggioranza contro il volere di metà Parlamento e metà cittadini. Siete gli inventori della democrazia della convenienza: oggi conviene questo falso proporzionale, domani chissà». Ecco Piero Fassino: «Voi vi aggrappate come il naufrago all'albero della nave che affonda, non vi basterà, gli italiani saranno ancora più severi: cambiare le regole del gioco, cambiare la legge non vi risparmierà una sconfitta severa». Al segretario Ds risponde Rocco Buttiglione, così: «L'intervento di Fassino è pindarico, diciannovista e a tratti dannunziano». Si capisce perché lo chiamano il filosofo dell'Udc.

La giornata scorre veloce, la legge elettorale viene stravolta ben prima di cena. Destra in festa al ristorante. Sull'altro fronte, Francesco Rutelli della Margherita avverte: «Nessuno nel centrosinistra apra tormentoni su come presentarsi alle elezioni politiche». Tre secondi dopo il diessino Antonello Cabras risponde ad alta voce: «Le soluzioni possono essere tante: una lista Prodi, una lista dell'Unione al Senato con Prodi capolista o far tornare in campo la lista dell'Ulivo. Tra queste la seconda mi sembra la più realistica». Si ricomincia da tre, come nel film di Massimo Troisi.

Arriva la sera, Berlusconi si dice spavaldamente convinto che alle prossime elezioni politiche vincerà ancora il centrodestra. «Perché questo esecutivo ha ben governato». Sipario.

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