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Articolo 21 - Editoriali
Sindaci, politici e magistrati soli contro la mafia più potente
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di l'Unità

Lasciati soli. Sindaci, amministratori comunali di grandi città e di piccoli comuni di montagna. Soli di fronte alla â??ndrangheta. La mafia calabrese che oggi tutti definiscono la più pericolosa, la più potente, la più organizzata, quella che ha le maggiori ramificazioni internazionali. Ma gli allarmi lanciati, le denunce, sono serviti a poco. Meno di zero. Una esempio per tutti: nellâ??ultima relazione sullo stato della sicurezza in Italia alla â??ndrangheta viene dedicata una striminzita paginetta. Neppure una riga sulle intimidazioni a sindaci, assessori, esponenti politici. «Lâ??alito della â??ndrangheta grava sullâ??amministrazione e sulla politica locale in modo sempre più forte». Quando Enzo Macrì,sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia pronuncia queste parole, deputati e senatori della Commissione antimafia restano di stucco. Era lâ??8 aprile di un anno fa. La situazione, da allora, è peggiorata. Perché la grande holding del crimine internazionale, numero uno nel traffico degli stupefacenti, non intende affatto «mollare la presa» sul territorio. E la curva di auto bruciate, proiettili consegnati in buste con minacce di morte, agnelli sgozzati fatti ritrovare davanti alla porta, portoni di comuni bruciati, aumenta sempre di più. In quella occasione Macrì fornisce cifre impressionanti: dal 2001 al 2003 gli attentati e le intimidazione contro amministratori locali sono 230, la stragrande maggioranza a Reggio e in provincia. Dove la â??ndrangheta è la più forte e potente. Analisi della Guardia di Finanza: in Calabria operano 200 cosche con 10mila affiliati, 112 solo nel Reggino, dove gli affiliati sono 7mila, il 70%. «Una provincia - nota il pm - che ha solo 600mila abitanti ha oltre il 60% del numero delle cosche e il 70 per cento degli affiliati». In questa parte della regione câ??è il cuore del narcotraffico mondiale. Ne parla il dottor Antonio Catanese, procuratore distrettuale antimafia. «I colombiani fanno credito soltanto alla â??ndrangheta, che in questi traffici è protagonista anche per conto terzi, perché i vari cartelli colombiani intrattengono rapporti con altre organizzazioni criminali, solo se queste ottengono la fidejussione della â??ndrangheta». Tempo fa, un boss di Cosa Nostra è stato sequestrato dai colombiani e liberato solo dopo lâ??intervento di un pezzo da novanta della mafia calabrese. La droga, insieme alle armi, sbarca nel porto di Gioia Tauro. Qui ogni giorno si movimentano 2500-3mila containers, dentro câ??è di tutto. Anche cocaina (lâ??anno scorso la Finanza in un colpo solo ne ha sequestrati 320 chilogrammi). E armi da guerra. Pochi mesi fa è stato bloccato un carico di 10mila mitragliette e kalashnikov provenienti dalla Romania e destinato agli Stati Uniti. Affari miliardari. Profitti da capogiro che i capibastone investono nellâ??economia legale. In Calabria e nel nord. Eâ?? sempre il sostituto procuratore Macrì a parlare: «La â??ndrangheta entra nel terziario in misura massiccia. A Milano si sta impadronendo di ristoranti, caffé (persino la galleria del Corso è occupata dai boss), di supermercati. La stessa operazione sta avvenendo su Roma: è in corso lâ??acquisizione di alberghi, ristoranti e di bar in tutta la capitale. I soldi della â??ndrangheta sono oggi investiti nellâ??economia lecita. Ciò produce e produrrà guasti enormi perché la potenza economica si traduce in capacità di condizionamento politico». Mafia potentissima, che però non perde mai di vista il controllo del territorio. Neppure del più piccolo comune. Vedi il caso di Platì, poco più di 3mila anime nel cuore della Locride. Ã? il regno dei superlatitanti. Il pm Nicola Gratteri, sentito in modo top-secret dalla Commissione parlamentare antimafia, raggela tutti: «A Platì il 98 per cento delle costruzioni è abusivo, nessuno paga lâ??Ici. Qui ci sono chilometri di gallerie costruite a cielo aperto, in pieno giorno, bisogna farle con la pala e il piccone. Se vi dico che sono state costruite dagli operai della Forestale, voi cosa mi dite? Ho fatto fare delle perizie e ho dimostrato che lo stesso cemento usato per la pavimentazione del Comune di Platì è stato usato per fare i bunker. Abbiamo dovuto fare delle azioni di guerra per poter andare a Platì. Ci vuole fegato. Restare lì tre giorni e scavare e vedere gli occhi della gente che sono dei mitra. Io vivo lì, a 20 chilometri e ho una scorta che ha una macchina con 250mila chilometri».
Così vivono i magistrati più impegnati nella lotta alla mafia in Calabria. Così vivono sindaci, amministratori e consiglieri regionali. Quelli non collusi col sistema di potere mafioso. Perché è morto Francesco Fortugno? Per la sanità, dicono in molti. Il grande business della Calabria, dove si sperimenta il «meglio» del malaffare politico e delle collusioni mafia e politica. Tra la fine di settembre e gli inizi di ottobre, la procura di Vibo Valentia scopre un giro di tangenti (2milioni 165mila euro) pagate per la costruzione dellâ??ospedale. Finiscono nei guai lâ??ex assessore regionale alla Sanità della giunta di centrodestra, Giovanni Liuzzo, il presidente della Asl, direttori generali e medici. Insieme a un parlamentare dellâ??Udc che avrebbe avuto, tra gli altri, regali sotto forma di acquisto di mille tessere del partito a 100 euro ciascuna. «Fortugno - dice Doris Lo Moro, magistrato in aspettativa e assessore alla Sanità della giunta di centrosinistra - può essere stato ucciso per tante ragioni. La prima: hanno voluto colpire il cambiamento che il nuovo governo regionale sta imprimendo alla vita politica e amministrativa. Quellâ??omicidio è un messaggio allâ??intera Calabria, quasi un punto di non ritorno. La situazione è pericolosissima». La sanità in Calabria assorbe il 73% del bilancio regionale, cifre da capogiro. La nuova giunta ha operato scelte dirompenti. Ha centralizzato gli acquisti, imposto un controllo di appalti per servizi e forniture severissimo. Ma soprattutto si appresta a rivoluzionare i vertici delle Asl. Quindici in tutta la regione, 12 sono commissariate, tre «oggetto di verifica». I nuovi manager (detentori di un potere straordinario) saranno scelti con avviso pubblico. Ã? poco, si può fare di più? Per i boss è già troppo.

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