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Articolo 21 - Editoriali
La morte di Mohammad Aroun, numero due del sindacato dei giornalisti irakeni
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di Franco Siddi

Lâ??assassinio del numero due del Nuovo Sindacato dei Giornalisti Iracheni, Mohammad Aroun, suscita nuovo dolore e profonda inquietudine in tutti gli uomini di pace e colpisce ancora una volta le espressioni di una stampa che vuole svolgere il proprio ruolo come fondamento di democrazia e libertà. I faticosi sforzi del popolo iracheno di costruire le basi democratiche della convivenza e di liberare le energie espressive delle idee e delle voci plurali che animano la società hanno subito un pesante colpo. Paga con la vita, ancora una volta, un giornalista, paga con la vita un collega impegnato nel difficile lavoro di riorganizzazione del Sindacato del Giornalisti attraverso un processo di coraggiosa azione di collegamento e unificazione delle tre principali rappresentanze sindacali dei giornalisti iracheni.

La prima tappa di questo lavoro era rappresentata dallo sviluppo di attività per affermare le principali esigenze della categoria nellâ??Iraq che tenta di uscire dal dramma della guerra e degli scontri armati tra fazioni: una carta per lâ??indipendenza editoriale, nuove regole per impedire le ingerenze politiche nel lavoro dei media, affermazione di condizioni di sicurezza per tutti i giornalisti iracheni. Un approccio nuovo, sostenuto dalla Federazione Internazionale dei giornalisti, cui concorre la Fnsi, nella consapevolezza che si è indispensabile promuovere una cultura internazionale capace di determinare una riduzione del livello di pressione sui media da parte delle grandi forze politiche e dei poteri interni ed esterni. Eâ?? lâ??impegno per una cultura democratica nei media imperniata sulla giustizia, sul rispetto del lavoro professionale, della sua funzione, che non piace agli uomini dello scontro armato e che, quasi certamente, è allâ??origine dellâ??assassinio di Mohammad Aroun.
Queste aggressioni alla vita dei giornalisti sono diventate intollerabili. Con lâ??ulteriore notizia di oggi della morte certa di un giornalista francese, Fred Nerac, del quale non si avevano più tracce dal giorno del suo sequestro, il 22 marzo 2003, sono 69 i giornalisti caduti nel teatro del terrore iracheno.

I giornalisti in queste frontiere continuano ad essere esposti a rischi atroci e a prezzi ingiusti. La situazione è oggettivamente difficile e gravissima. Va promossa però ulteriormente la cultura della pace, del rispetto delle funzioni e degli operatori dellâ??informazione libera. Va rafforzato il diritto internazionale per la sicurezza dei giornalisti e perché ogni attacco mortale alla loro vita e alla loro attività sia considerato crimine perseguibile ovunque, in quanto crimine contro i diritti universali dellâ??uomo. Come giornalisti italiani della Fnsi, esprimiamo solidarietà ai colleghi del Nuovo Sindacato Iracheno dei Giornalisti, a tutto il coordinamento impegnato negli sforzi di unificazione dei giornalisti iracheni promosso dalla Federazione Internazionale della categoria (IFJ) mentre ribadiamo il nostro dolore per la nuova tragedia.

Nello stesso tempo siamo vicini, non solo idealmente, a tutti i colleghi in difficoltà nello svolgimento della loro attività nelle aree di crisi e ci uniamo allâ??appello generale per la liberazione immediata di Rory Carroll, lâ??inviato del Guardian di Londra sequestrato ieri a Bagdad. I giornalisti liberi e indipendenti non sono fazioni né strumenti della guerra. I loro occhi e la loro penna sono organi e strumenti di conoscenza, di libertà e di pace.
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