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Articolo 21 - Editoriali
Fiat Melfi. La via muscolare per risolvere le controversie sociali
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di Salamandra

Alla FIAT di Melfi è andata in onda la via muscolare per risolvere le lotte sindacali, dopo oltre un decennio di pratica della concertazione. Le colpe ricadono, a quanto si conosce, sul governo che avrebbe deciso di far agire le forze dellâ??ordine per rimuovere i â??picchettiâ? degli operai che da oltre una settimana stavano impedendo lâ??afflusso di mezzi, materiali e personale agli stabilimenti.
Ancora una volta la FIOM-CGIL è rimasta isolata a livello sindacale e mediatico ( la sinistra sindacale, va ricordato, non ha firmato neppure lâ??ultimo rinnovo del contratto collettivo). Non entriamo nel merito delle questione sindacali che hanno spinto il più forte sindacato metalmeccanico a forme di protesta così estreme. I reportage di molti giornali hanno riferito di turni massacranti, di vere e proprie vessazioni padronali contro delegati e semplici lavoratori, di trattamenti salariali piuttosto difformi rispetto ai loro colleghi del Nord Italia.
Non câ??è dubbio che la fabbrica più avanzata tecnologicamente della FIAT sia anche quella dove è più alta la produttività, rispetto al resto dâ??Europa, ma anche quella dove i rapporti sindacali e di lavoro sono più deteriori.
Sulle rivendicazioni e i metodi si sono spaccati i vari sindacati di categoria. Quel che colpisce è che insieme alla FIOM stanno manifestando anche le rappresentanze di base, gli autonomi e la UGL ( il sindacato in qualche modo collegato ad Alleanza Nazionale).
Anziché cercare un tavolo unitario di trattativa, la controparte aziendale ha preferito giocare la carta della divisione, arrivando quindi allâ??epilogo violento delle cariche della polizia.
Non vorremmo che questa sia unâ??anticipazione della nuova linea politica della Confindustria di Montezemolo, il nuovo Presidente degli imprenditori, espressione della stessa FIAT e del mondo industriale avverso alla politica del governo Berlusconi ( e quindi dellâ??attuale Presidente confindustriale Dâ??Amato). Sarebbe davvero un cattivo inizio!
Eâ?? vero anche che la FIOM sembra spingere la CGIL di Epifani ( ma fece lo stesso anche durante lâ??epoca Cofferati) a posizioni di rottura con CISL e UIL, che finora ha portato solo ad accordi di vertice monchi, seprati e in unâ??ultima analisi, favorevoli alle scelte di politica economico-sociali imposte da Berlusconi-Tremonti e Lega.
La vicenda di Melfi, comunque, evidenzia il forte malessere che permea nella classe lavoratrice, non solo tra i metalmeccanici, che vede sempre più erosa la sua busta paga e marginalizzato il suo peso ideale e storico.
Il governo, anche in funzione delle prossime elezioni europee spinge per avvelenare il clima delle relazioni industriali, ma non ha fatto i conti con la propria base elettorale. Specie il vicepremier Fini, che tuona contro i lavoratori di Melfi, dimenticandosi che tra quelli ci sono anche i suoi sostenitori dellâ??UGL. Fini ha già perso il consenso elettorale nel pubblico impiego, massacrato da contratti non onorati, e tra la gente del Sud che pure lo avevano votato alle ultime elezioni politiche.
Un altro passo falso e si ritroverà con un pugno di mosche, vista la sua subalternità nelle scelte politiche e sociali ai voleri di Tremonti e di Bossi-Maroni.
La speranza è che la FIOM ritrovi  un terreno di unità con FIM-CISL e UILM, ma nel frattempo lâ??esempio di Melfi, vero gioiello di fabbrica e distretto industriale avanzato, dovrà servire ad analizzare lâ??evoluzione dei processi produttivi che sembrano ritornare al passato delle fabbriche disumane degli anni Sessanta e Settanta, mentre la flessibilità del lavoro e dei salari hanno la meglio sullâ??umanizzazione del sistema industriale occidentale.
Interpretare la realtà e cercare soluzioni avanzate fa parte del patrimonio genetico della sinistra e in questo senso occorre oggi una forte coscienza sindacale unitaria, aperta e senza scorciatoie. Soprattutto senza strumentalizzazioni politiche. Ritornare alla concertazione è fondamentale, specie per la stessa FIAT,malata grave che sta uscendo lentamente da una crisi epocale.
Ma non sono le proteste operaie che fanno perdere commesse e quote di mercato, quanto lâ??insipienza dei nuovi vertici manageriali, impegnati più a ricercare strade finanziarie che a tentare nuove vie industriali e più moderni rapporti sindacali.
Sul caso Melfi è fondamentale che tutta la stampa, scritta e radiotelevisiva, vigili con attenzione e senza paraocchi strumentali. Mai come oggi abbiamo bisogno di saper comprendere cosa sta diventando il nuovo lavoro nellâ??era della globalizzazione, con le giovani generazioni che non intendono vivere e lavorare allo stesso modo dei loro padri 20 o 30 anni fa. Non è solo questione di pari trattamenti salariali tra Nord e Sud, ma anche di qualità della vita e dello stesso lavoro in fabbrica, dei tempi e modi di lavorare, fuori dai desueti schemi di sfruttamento capitalistico.
Gli operai di Melfi sono lâ??espressione, atteggiamenti riprovevoli o meno compresi, della società italiana ed europea che sta cambiando con velocità tale che nemmeno gli stessi partiti della sinistra o le organizzazioni sindacali tradizionali riescono a padroneggiare.
Per quanto è nelle capacità dellâ??informazione, è fondamentale oggi analizzare, sviscerare, non banalizzare con gli schemi dâ??un tempo  come, dove e perché spira questo nuovo vento di ribellione.

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