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Articolo 21 - Editoriali
Povertà, 15 milioni sul lastrico
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di Orsola Casagrande

L'Eurispes: raddoppiano le famiglie italiane a rischio. Molte non hanno soldi per mangiareSempre

da Il Manifesto

più povere. E' questo il desolante risultato dello studio commissionato a Eurispes da Donneuropee Federcasalinghe e presentato ieri a Torino. Dalla ricerca emerge infatti che ai 2 milioni e mezzo di famiglie già definite povere (per un totale di circa 8 milioni di persone) devono aggiungersi altri 2 milioni e quattrocentomila (cioè altri 7 milioni e mezzo di persone) di nuclei familiari a rischio di povertà. Il quadro diventa ancora più drammatico se si considera che tra le famiglie povere, nel 2002, il 33.3% delle famiglie con un solo genitore, il 21.1% delle coppie con due figli e il 33.9% delle coppie con tre o più figli, non sempre hanno avuto i soldi per comprare il cibo necessario, per pagare le bollette e per le cure mediche. Insomma il rapporto Eurispes getta ombre assai cupe sul futuro delle famiglie italiane. Anche perché le cause, come ha sottolineato il presidente dell'Eurispes Gian Maria Fara, «sono da ricercare tra l'altro nel progressivo smantellamento del welfare, nella caduta verticale della qualità dei servizi dalla sanità ai trasporti, nella trasformazione del mercato del lavoro, nell'impoverimento dei ceti medi». Federcasalinghe mette insieme i dati e sottolinea con la sua presidente Federica Rossi Gasparrini, che «è in atto una vera e propria discriminazione nei confronti delle famiglie con figli e in particolare di quelle monoreddito. D'altra parte - aggiunge Rossi Gasparrini - in Italia soltanto lo 0.9% del Pil è destinato alle politiche familiari contro un 3% di Francia e Germania».

Federcasalinghe ha deciso di commissionare il dossier per «avere una fotografia della famiglia del dopo 2000 e in particolare dei suoi bisogni». I risultati contrastano fortemente con quanti si fermano a ritenere poveri soltanto i 2 milioni e mezzo di famiglie che vivono al di sotto della soglia di povertà. Per intervenire in maniera efficace ed aggredire la povertà infatti sarebbe meglio tenere in considerazione, dice l'associazione, anche il crescente numero di famiglie a rischio di povertà.

Analizzando un po' più in profondità i dati del rapporto si conferma per esempio un fatto: i sussidi monetari attualmente in vigore a sostegno delle famiglie risultano del tutto inadeguati al mantenimento dei figli. In Italia infatti uno dei principali strumenti a sostegno della famiglia è quello di natura fiscale (le varie detrazioni Irpef per familiari a carico). Ma è evidente che se l'arrivo del primo figlio comporta mediamente una diminuzione del reddito a disposizione tra il 18 e il 45% e una spesa aggiuntiva compresa tra i 500 e gli 800 euro mensili, il sostegno che sarebbe necessario è assai maggiore di quello effettivamente offerto. I dati poi variano molto se si prendono in considerazione l'età e la collocazione geografica. Così, se al nord la povertà interessa l'11.6% delle famiglie con cinque o più componenti, al sud la percentuale sale vertiginosamente raggiungendo il 32.4%.

Un buco nero è quello dei servizi per la prima infanzia. O meglio della loro carenza. I servizi privati infatti coprono a livello nazionale oltre un quinto dell'offerta complessiva: 604 asili su 3008 sono infatti gestiti da privati. In alcune regioni e province autonome, poi, l'incidenza del privato sul complesso degli asili nido è particolarmente rilevante. Bastino gli esempi della provincia autonoma di Bolzano (43.7%), del Veneto (52.2%), della Calabria (45%) e della Campania (52.9%). Naturalmente gli elevati costi dei servizi privati impedisce di fatto a molte famiglie di considerarle una reale alternativa al pubblico. Le famigerate liste d'attesa del resto rimangono lunghissime, sia tra i privati che nel pubblico: un terzo dei bambini italiani è in lista d'attesa per entrare in un asilo nido. Le regioni più carenti sono il Trentino Alto Adige dove la percentuale dei bambini in stand-by sfiora il 60% e la Liguria con il 55.8% di domande non accolte. Non stanno meglio la Valle d'Aosta dove la percentuale arriva al 51.7%. In queste tre regioni il numero di bambini che attendono di andare all'asilo supera quello delle domande accolte.

Ieri si è fatto anche il punto sul progetto di sportello telematico di informazione sociale che la provincia di Torino per prima ha messo in funzione. Gli sportelli (ce ne sono ventuno territoriali più un portale internet con operatori messi a disposizione dalla stessa Federcasalinghe) offrono risposte e consigli su temi che vanno dalla famiglia, ai giovani, dagli anziani all'handicap alla tossicodipendenza.

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