Clicca qui per il nuovo sito di Articolo 21 »
Ricerca con Google
Web articolo21.info
 
 
Articolo 21 - Editoriali
La religione dei senzadio
Condividi su Facebook Condividi su OKNOtizie Condividi su Del.icio.us.

di Eugenio Scalfari

da L'Espresso

La libertà è la condizione necessaria e sufficiente affinché una comunità esista


 Qualche giorno fa, per l'esattezza il 13 aprile, ho letto su 'Repubblica' un delizioso articolo di Michele Serra che mi aveva incuriosito fin dal titolo: 'La sfida tra religioni che esclude i laici'. Il testo, l'ho già detto, era una vera delizia: ironia, paradosso, scherzo, leggerezza sintattica e verbale, rivestivano un problema molto serio che qui vorrei riprendere e che presenterò con le parole dell'autore. Scrive Serra: "Nell'intreccio infuocato delle discussioni sul mondo, l'invadenza delle fedi e dei fedeli è travolgente e, se mi è concesso dirlo, opprimente. Io, non credente, in queste discussioni non mi sento previsto, anzi non sono previsto. Spiazzati, anzi sfrattati dal rinvigorire furibondo delle fedi religiose, noi senzadio siamo al margine d'ogni discorso.

Con un amico miscredente ci si chiedeva con allegro malumore se non siano maturi i tempi per organizzare una 'jihad atea'. Per la verità già ebbe luogo nell'Est, non meno repressivo e catechistico di tutte le offensive confessionali. E finì male, come meritava... Ma, santo cielo, sospesi come siamo sul baratro di nuove guerre di religione, bisognerà pure che la mediocre ragionevolezza degli agnostici trovi, e il più presto possibile, una sua voce udibile, una sua forma culturale e forse anche politica e reclami il suo posto in questo pandemonio di Verbi confliggenti... Ma organizzare i disarmati e i tolleranti è la cosa più difficile da fare quando non si ha un Libro da brandire né un paradiso da promettere".

Ben detto, caro Michele Serra, benissimo detto. Forse hai dimenticato di aggiungere (ma mi pare implicito tra le righe del tuo testo) che noi 'senzadio' non siamo soltanto disarmati e tolleranti, senza Libro (sacro, ovviamente) da brandire né paradiso da promettere, ma siamo anche scettici, sofistici, dubbiosi su tutto e perfino sul fatto di esistere. In compenso, talvolta, siamo anche stoici, pazienti, tenaci, non abbiamo il Libro ma abbiamo molti libri, amiamo la libertà e la giustizia e ci sentiamo nipoti di quelli che fondarono il principio dell'eguaglianza di tutti dinanzi alla legge. Questo per ricordare che non siamo proprio dei mollacchioni che si fanno scudo del pensiero debole. Io, perdinci, questo modo di pensare lo trovo forte, anzi fortissimo e sono pronto a contrastare chiunque volesse impedirmi di professarlo, anche se non mi arrogo il diritto di imporlo a chicchessia.

Bisognerebbe organizzare i tolleranti e i pacifici di tutto il mondo e farne un'imponente massa d'urto per contrastare il fanatismo e l'intolleranza da qualunque parte provenga? Per carità, caro Serra, non proviamoci neppure, sarebbe pura follia soltanto il pensarlo. I tolleranti e i pacifici diventerebbero a loro volta guerrieri e ci ritroveremmo alle prese con un'altra religione altrettanto fanatica e dogmatica di quelle storicamente esistenti.

Benedetto Croce che di queste cose se ne intendeva abbastanza si batté a lungo contro l'idea di fondare un partito liberale che era venuta in mente a molti dei suoi amici subito dopo la caduta del fascismo e la fine della guerra. Il liberalismo - diceva don Benedetto a chi gli chiedeva insistentemente porsi alla testa dei liberali italiani - non può in nessun caso essere un partito perché la libertà è come l'aria che respiriamo, spira per tutti e non può essere monopolizzata da alcuno. La libertà è la condizione necessaria e sufficiente affinché una comunità esista, affinché le idee e gli interessi più diversi possano convivere, affinché nascano e si rafforzino istituzioni capaci di produrre e diffondere i beni pubblici tra tutti i cittadini che se non fossero liberi non esisterebbero come cittadini, ma sarebbero soltanto turbe di schiavi, di servi, di sudditi.

� certamente vero - proseguiva don Benedetto nella veste di pedagogo che non ha mai dismesso finché è vissuto - che la libertà è spesso soffocata, ferita, oltraggiata; ma anche sotto quei regimi che l'abbiano totalmente soppressa e che mantengano i sudditi in condizione di schiavitù usando a questo scopo gli strumenti più raffinati, spiando non solo i comportamenti ma addirittura i pensieri e gli affetti delle persone sottomesse a quel giogo; ebbene, anche in quella penosissima condizione la libertà agisce, si propaga, scava come una vecchia talpa, riconquista le coscienze, spinge alla ribellione. Alla fine trionferà sui suoi nemici e uscirà da sotto terra alla piena luce. Ma attenzione: il suo trionfo non sarà mai definitivo, ci saranno sempre zone d'ombra, coscienze intorpidite e servili, brame irriducibili di chi vuole arrogarsi il potere di pensare per tutti, di decidere per tutti, di essere il depositario delle verità ultime. In questo modo e tra questi contrasti la vita e la storia non arriveranno mai alla quiete perpetua che si raggiunge solo con la morte e la cadaverica rigidità degli spiriti e dei corpi.

Ho citato Croce perché in tempi recenti è stato il più coerente 'defensor libertatis', anche se alla fine si arrese all'idea degli amici che quel partito liberale da lui non voluto l'avevano comunque fondato e facendogli dolce violenza ve lo misero alla guida. Si arrese ma fin dall'inizio preconizzò che un partito liberale avrebbe avuto una sia pur modesta funzione in tempi di libertà oppressa mentre si sarebbe inevitabilmente dissolto quando la conquista della libertà fosse stata salda e condivisa.
Credo che questi stessi argomenti possano valere quando si parla di atei o laici che dir si voglia. Personalmente preferisco questa seconda dizione e so bene che qualificarli 'senzadio' è un modo ironico di assumere come proprio l'appellativo dispregiativo che viene appiccicato a chi non ha una fede religiosa.

I senzadio, stando alla lettera di quella definizione, sono quelli che non credono in un dio personale e trascendente, signore del creato e dispensatore di benefici e di castighi. Ma credono anch'essi in qualcosa che va oltre i destini delle persone. Credono nella forza creativa della natura, nelle infinite forme nelle quali essa si dispiega e si realizza, nelle leggi che presiedono allo sviluppo di quelle forme e nell'assenza di ogni legge che dia un senso e un fine al muoversi della vita. Credono infine, i laici 'senzadio' al diritto di ciascuno di affermare le proprie credenze nel limite di non recar danno o discrimine a chi non le condivide e al diritto di tutti di difendere quel limite e imporne il rispetto a chi volesse varcarlo e sopraffarlo.

Ma io non penso, caro Michele, che sia una debolezza dei laici la loro impossibilità e anzi il loro preliminare rifiuto ad una qualsiasi forma di organizzazione e non sia un segno di impotenza la mancanza di un Libro cui riferirsi (e d'un paradiso da vagheggiare). Né il passero né la rosa vagheggiano paradisi, ma vivono appieno la vita che i liberi e le menti hanno realizzato associandosi nelle forme della rosa e del passero. Così per la nostra umana specie, anche se deturpata dalla violenza dei fanatismi. Contro i quali non c'è che opporre la forza della ragione e la testimonianza dell'amore.

Letto 1374 volte
Notizie Correlate
Audio/Video Correlati
Dalla rete di Articolo 21