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Articolo 21 - Editoriali
De Filippi e down: ma proprio tutto non può fare spettacolo
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di Massimo Del Papa*

Al programma di Maria de Filippi, in crisi d'ascolti, sfoggiano i down. Cosa che non è piaciuta ad alcune famiglie direttamente interessate, le quali hanno rilevano come le persone in un simile contesto siano state utilizzate quali fonti di ilarità e comunque con la degnazione tipica che si rivolge ai minorati, ai sottouomini. No, la questione è un po' diversa, anche chi è in perfetta buona fede tratta sempre un diverso come non si dovrebbe, scade senza capirlo nel patetico, usa sempre un po' troppo di tutto, un po' troppa cortesia, un po' troppa delicatezza, un po' troppa attenzione e tutto dipende dal tentativo, folle, senza speranze, di normalizzare ciò che normale non è, di azzerare una diversità che invece sta lì, evidente, insuperabile: a maggior ragione in televisione. Errori indotti dall'inesperienza di chi non è pratico di situazioni così delicate e figuriamoci una De Filippi il cui specifico non il terzo settore ma, viceversa, il primo, giovani sempre molto belli e molto infoiati, più o meno per contratto. 

Lei, la Maria nazionale (a cosa siamo ridotti) replica che, al contrario, i down in trasmissione sono stati trattati con estrema delicatezza e rispetto, quanto a dire maneggiati con cautela, usati nel modo giusto. Ha senza dubbio le sue ragioni, la moglie di Costanzo è troppo navigata televisivamente per rischiare un simile autogol. In questa storia apparentemente hanno tutti ragione: sicuramente risate e ilarità per i down ci sono state, e altrettanto certamente erano di simpatia e di rispetto.  

Ad essere sbagliata era la cornice, era il contesto. Un down in un varietà come quello di De Filippi è un numero come un altro, una novità che (auspicabilmente) impenna l'audience e, di conseguenza, il gettito pubblicitario. Insomma un altro modo per far soldi, per rintuzzare la concorrenza. La questione non è se ai down venga o non venga riservato "il giusto rispetto" (ma quale sarebbe?), il fatto è che non può essere "C'è posta per te" il contesto giusto per una dimensione che è anche un problema. Non può una coppia di down venire ridotta a una situation comedy come un'altra dove si parla dei doveri coniugali e di chi lascia per casa cosa.

Non può, per la facilissima ragione che la complessità della condizione viene banalizzata, svuotata dalla televisione secondo lo schema di riconversione dell'anomalia che Pasolini aveva perfettamente compreso e illustrato. ? come quando si inserisce la diversità in un circo dove tutto è diverso, tutto è stravolto: qui scatta l'ingiuria, perché è un modo sleale di annullare la diversità, per quanto "rispettata". 

Dove si celebrano i mongoloidi è andato anche il segretario DS Fassino. Questa potrebbe essere una battuta al vetriolo, di quella satira irriverente che ormai nessuno in Italia ha più il coraggio di fare. Invece la cosa tragica è che di ironico, di irriverente non c'è nulla. ? la realtà nuda e cruda che il leader del principale partito di sinistra in Italia finisce a ciarlare di niente, là dove tutto, ma proprio tutto, fa spettacolo. 

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