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Articolo 21 - Editoriali
Verso il Forum di Articolo 21 con il coraggio delle proprie idee
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di Salamandra

Più si avvicina la scadenza delle determinanti elezioni generali del 2006, più si allontana dal dibattito politico (specie nel centrosinistra) il tema della libertà dâ??informazione e del sistema di regole per governare la comunicazione negli anni a venire, di fronte alle incessanti e sconvolgenti innovazioni tecnologiche e al perpetrarsi del regime di oligopolio e di conflitto di interessi imperante in Italia.

Non è un caso che i giornalisti devono scioperare giorni e giorni per rivendicare lâ??apertura di un tavolo serio di trattative per il rinnovo del loro contratto, scaduto quasi un anno fa ( faranno la fine dei metalmeccanici?), e nel frattempo nella società civile oltre che negli ambenti politici si assiste a fenomeni di palese fastidio, di disinteresse crescente per una battaglia che in altri tempi comunque riusciva a coinvolgere lâ??una e gli altri.

Colpa dellâ??uso â??antiquato e spuntatoâ? dello sciopero, come indefessi commentatori â??cerchiobottistiâ? vorrebbero far credere allâ??opinione pubblica? Oppure si tratta, più realisticamente, dâ??interessi inconfessabili bipartisan per  mettere sotto tono la spinosa questione del â??mercato dellâ??informazioneâ??

Già nella campagna elettorale del  1996, lâ??Ulivo cercò di smussare i contrasti interni alla coalizione su questo problema e di non preoccupare più di tanto il principale interlocutore politico, nonché proprietario dellâ??oligopolio privato e, per questi motivi, espressione del mastodontico conflitto di interessi.

Si arrivò platealmente a sancire la difesa delle reti e dei posti di lavoro di Mediaset, per finire con la farsesca messinscena della Bicamerale.

Non brillò la stagione politica ulivista per quanto atteneva alla legislazione, per adeguare il nostro sistema delle comunicazioni almeno a quello più avanzato europeo!

Non sparì la lottizzazione in RAI, Mediaset crebbe in maniera esponenziale, aumentarono i proventi pubblicitari di Publitalia-Berlusconi. Il mercato della comunicazione si è fatto più oligopolistico,  i problemi della carta stampata si sono ingigantiti: le libertà si sono ridotte ( vedere le classifiche annuali dellâ??americana Freedom House e dellâ??organizzazione sopranazionale OSCE!).

Con lâ??avvento della legge di controriforma delle TLC Gasparri e della macchiettistica legge sul conflitto di interessi, promossa dallâ??attuale commissario europeo Frattini, siamo arrivati allâ??incancrenirsi della crisi e alla sistematizzazione del regime (SIC!).

Eppure, dal 2002 in poi le forse sconfitte del centrosinistra rialzarono la testa proprio in virtù di un identico sentire in merito alla libertà di comunicazione: chi si ricorda ancora della grande manifestazione allâ??auditorium di Roma con tutti i segretari di partito, riuniti insieme proprio da Articolo 21 per la prima volta, dopo oltre un anno dalle elezioni perse e che portò alle dimissioni di tutti i consiglieri di opposizione dal CDA della RAI?

E le battaglie per far tornare Biagi, Santoro, Luttazzi, Guzzanti e a tanti altri, in RAI, per far cessare la censura e le epurazioni in tutte le tv del â??regno berlusconianoâ?? E le lotte giuridiche vinte davanti al Parlamento europeo e nelle aule dei tribunali?

Da qualche mese a questa parte, però, un poâ?? dopo la nomina del nuovo CDA RAI con il â??bilancinoâ? delle appartenenze politiche secondo la Gasparri, il centrosinistra ha fatto scendere una nebbiolina diffusa e penetrante sui temi della  comunicazione. Forse per diversità di progetti che vorrebbero vedere una RAI in parte privata per alcuni, totalmente pubblica per altri! O forse per il ritorno di fiamma di fantasmi bicamerali del passato recente! O, peggio ancora, per incapacità a prendere â??il toro per cornaâ?, come hanno fatto invece gli amici spagnoli del governo Zapatero!

Fatto sta, che il tema delle libertà dâ??informazione e delle regole di sistema è diventato un argomento che â??scottaâ?, da procrastinare al dopo-elezioni, magari, o da affrontare in alcune generiche e sofferte cartelle di principi da allegare al â??Programmaâ? della coalizione di centrosinistra.

Ma ciò che ha fatto finora vincere il centrosinistra e che ha riportato unità e speranza nel suo elettorato, e non solo, è stata propria la capacità di affrontare i problemi concreti senza tentennamenti, operando anche scelte difficili e coraggiose. Sono state così vinte elezioni amministrative, europee e regionali.

E il grande inaspettato successo delle Primarie? Sembra passato un secolo da quel 16 ottobre, grazie anche alla campagna di occultamento mediatico che ne è seguito. Ecco perché è necessario ed urgente che si parli del regime di oppressione sulla libertà di comunicazione, senza paure né pruderie recondite, prendendo, appunto â??il toro per le cornaâ?.

Se non affrontiamo ora e con serena dialettica questo tema, rischiamo di trovare oscurati per i prossimi mesi non solo sulle TV e radio, ma anche, sulla carta stampa, tutti i temi sociali ed economici che più stanno a cuore al centrosinistra ed al suo elettorato.

La comunicazione e le regole per gestirne diritti e doveri sono argomenti ormai â??più che sensibiliâ?, di pari dignità con quelli dellâ??assistenza sanitaria, delle pensioni, degli stipendi e dei contratti, della casa, del lavoro e della formazione scolastica, della politica estera.

Per questo, senza preconcetti e senza formule magiche o risolutorie, abbiamo il dovere di confrontarci e mettere â??nero su biancoâ? idee e proposte per il futuro governo del centrosinistra, senza preoccuparci di scontentare qualche settore più o meno vicino a noi, più o meno appartenente ai cosiddetti â??poteri fortiâ?, o di far soffrire i salotti buoni riconquistati alle nostre idee.

Prendiamo esempio dallâ??esperienza dei movimenti della sinistra riformatrice europea: poche idee, chiare e, se possibile, anche dure, anche controcorrente, ma portatrici di unâ??idea complessiva di società, alternativa e diametralmente opposta a quella della destra smantellatrice dei valori solidaristici e innovatori, che dal dopoguerra in poi hanno caratterizzato invece le società socialdemocratiche più avanzate del Vecchio Continente.

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