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Articolo 21 - Editoriali
Interessi pubblici e interessi privati nella revisione della direttiva comunitaria sulla televisione
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di Roberto Mastroianni

Anche uno sguardo superficiale al panorama europeo del settore televisivo consente di individuare le principali prioritĂ  per lâ??azione di un legislatore che abbia cura dellâ??interesse dei cittadini e delle imprese. Tra queste, una seria disciplina delle concentrazioni e delle integrazioni verticali, i rapporti tra i vari media, la garanzia del pluralismo delle fonti informative, efficaci misure contro la deriva â??trashâ? dei programmi e la sfrenata corsa allâ??audience, un argine contro lâ??invadenza delle comunicazioni commerciali. Ancora, incentivi reali per la produzione europea e la qualitĂ  dei programmi, una barriera contro fenomeni di coabitazione tra potere politico e potere mediatico, il ruolo delle televisioni pubbliche.

La creazione di uno spazio audiovisivo europeo comporta la condivisione di scelte di fondo che richiamano la responsabilitĂ  del governo dellâ??Europa, posto che il corretto funzionamento del mercato europeo dei media rientra tra le competenze della ComunitĂ  europea anche per gli aspetti non meramente â??economiciâ?.

In questo senso si erano espressi il Parlamento europeo, il Consiglio dâ??Europa, lâ??OCSE, invocando a piĂš riprese interventi normativi capaci di governare un mercato che, pur nel suo continuo e vorticoso sviluppo, rimane strettamente collegato con il diritto primario dei cittadini ad unâ??informazione pluralistica e di qualitĂ .

Purtroppo, nulla di tutto ciò emerge dalla proposta che la Commissione europea ha presentato di recente per la modifica del principale strumento legislativo comunitario che disciplina il settore, la direttiva â??Televisione senza frontiereâ?. La proposta, ora sottoposta al vaglio dei veri legislatori europei (il Parlamento e il Consiglio dei ministri), introduce alcune importanti regole di comportamento nella diffusione dei servizi â??non-lineariâ? (vale a dire a richiesta individuale, come la video-on-demand, internet), mentre per quel che concerne la televisione tradizionale (servizi â??lineariâ?) si limita ad operare un drastico taglio dei vincoli relativi alla diffusione della pubblicitĂ  in televisione. In particolare, vengono abrogate molte delle regole che limitano le interruzioni pubblicitarie dei programmi, con la conseguenza che, ad esempio, le opere teatrali e musicali potranno essere interrotte in ogni momento e non solo negli intervalli come avviene oggi. Ancora, i programmi sportivi potranno essere infarciti di minispot, e salta anche la regola che oggi impone il rispetto di un intervallo di almeno venti minuti tra successive interruzioni dello stesso programma. Quanto ai â??tettiâ? di affollamento pubblicitario, viene abrogato quello giornaliero, mentre quello orario (20%) viene imposto solo per la diffusione di messaggi pubblicitari â??breviâ? (gli spot), e non per le telepromozioni e le televendite, che potranno essere trasmesse senza alcun limite.

Appare poi sorprendente la scelta della Commissione di abolire anche il criterio attuale che impone una netta separazione tra pubblicitĂ  e contenuto editoriale dei programmi, con lâ??effetto di legittimare senza vincoli forme di pubblicitĂ  particolarmente invasive per gli utenti come lo split-screen (trasmissione simultanea, a schermo diviso, di pubblicitĂ  e programma), il product placement (il posizionamento dei prodotti allâ??interno dei programmi), la pubblicitĂ  virtuale. Il rischio è quello di limitare seriamente le scelte editoriali delle emittenti. Nessun intervento, invece, per una maggiore tutela di minori, nonostante le associazioni dei consumatori si sforzino di segnalare gli effetti negativi che alcune promozioni commerciali (in particolare, quelle dei prodotti alimentari o di giochi poco adatti ai bambini) producono sullo sviluppo dei minori. Ignorati anche i richiami in favore di un rafforzamento delle attivitĂ  di controllo e sanzione delle autoritĂ  nazionali, spesso, come in Italia, non dotate di armi efficaci per prevenire e reprimere episodi frequenti di violazione delle norme.

Si tratta, come è evidente, di scelte di deregulation che si sostanziano nellâ??accoglimento dei desiderata dei grandi network commerciali, generalmente in ottima salute in Europa ma minacciati, secondo loro e secondo la Commissione, dallâ??emergere dei nuovi sistemi di distribuzione di contenuti televisivi capaci di incidere sulla loro raccolta pubblicitaria. Ma la scelta di porre un argine contro lâ??emergere dei nuovi servizi appare esattamente lâ??opposto di quello che si aspetta da un legislatore lungimirante. In aggiunta, la proposta della Commissione comporta un incremento del flusso di risorse pubblicitarie in favore della televisione, ignorando del tutto le richieste della carta stampata di un intervento di riequilibrio di una situazione che giĂ  oggi si presenta come sbilanciata. Ancora meno considerati sono i soggetti â??deboliâ? del mercato televisivo, vale a dire gli autori, i produttori e soprattutto lâ??utente, il cui diritto di non essere sottoposto ad un â??eccesso di messaggi pubblicitariâ? - e dunque di poter accedere ad unâ??offerta di programmi non vincolata esclusivamente alla corsa allâ??audience - è stato di recente sostenuto dalla Corte di giustizia delle ComunitĂ  europee.

Lâ??auspicio è che nel corso delle prossime tappe del procedimento di adozione della nuova direttiva comunitaria, questa deriva sia arginata e corretta da un efficace intervento di riequilibrio del Parlamento europeo.

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