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Lettera di un cittadino dello Stato italiano ad un Cardinale a cena in casa Vespa
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di Adriano Donaggio

Lettera di un cittadino dello Stato italiano ad un Cardinale a cena in casa Vespa

Signor Cardinale, consenta a un cittadino dello Stato italiano di scriverLe una lettera aperta. Questa lettera aperta.
Da tempo pur assistendo annoiato ai telegiornali di Stato, ho avuto modo di osservare la sua attiva presenza a cerimonie e manifestazioni non religiose, sempre in posizione di rilievo, sempre situato in posizione centrale, precedendo altre pubbliche autorità italiane. Più recentemente ho letto della Sua partecipazione alla cena in casa Vespa. Ne hanno parlato ampiamente i giornali. Sappiamo dei commensali. Oltre a Lei, esponenti del mondo politico e finanziario. Tra gli altri il Presidente del Consiglio, l’ on. Casini. Questa cena è stata interpretrata anche come un possibile approccio a nuove, possibili, alleanze politiche. Mi consenta di osservare, con tutta l’ umiltà e la modestia di chi è consapevole di scrivere a una persona della sua grandezza, che Lei è il ministro degli esteri di uno Stato straniero. Come avrebbero interpretato i mass media questo avvenimento se a quella cena, in quella occasione, con quelle persone, con quelle possibili premesse, al suo posto fosse stato presente l’ Ambasciatore degli Stati Uniti o, per altra scelta, l’ ambasciatore russo? Come avrebbe reagito l’ opinione pubblica?
Non pensa che il ministro di uno Stato straniero abbia dei doveri di discrezione anche formali quando varca i confini del proprio Stato? A una persona certamente avvertita come è Lei, di così grande esperienza, non sfuggirà certo che lo Stato vaticano potrebbe avere in un prossimo futuro delle richieste circa operazioni dello Ior. In questo caso, queste possibili richieste, toccherebbero una delicatezza di rapporti che non possono che essere tenuti, nell’ interesse dei due Stati, nell’ ambito di un rispetto anche formale dei rapporti. Come si fa? Un giorno a cena, un altro severi custodi delle distanze? Non ritiene che sia bene che ciascuno si occupi del suo senza dare, anche solo l’ impressione superficiale, sulla sua correttezza sostanziale non ho dubbi, di una mancanza del senso del confine; che è poi quello che caratterizza la riconoscibilità di uno Stato. Lei non pensa che questi suoi comportamenti potrebbero essere letti da altri Stati come non graditi perché questi comportamenti potrebbero verificarsi anche nel loro Paese? Faccio un esempio che non ha corrispondenza nella realtà, e a solo scopo esemplificativo. Se io fossi un cinese e dovessi decidere se riconoscere o meno la Chiesa cinese, osservando i fatti italiani, mi chiederei: se riconosceremo la Chiesa di Roma, questa non ingerirà poi nella vita politica del nostro paese? Questi comportamenti che avvengono in Italia non possono danneggiare la Chiesa in altri paesi?
Sarà bene chiarire che non ho nulla contro la Chiesa. Anzi. Ragazzo ho molto giocato, direi quasi: sono cresciuto, in un oratorio dei salesiani; anche se, poi, più grande, ho seguito con amarezza la decapitazione del Pontificio Ateneo Salesiano, con la perdita di studiosi del valore di padre Girardi e di padre Lutte. Buona parte della mia cultura si è formata leggendo dapprima i libri di Romano Guardini, poi di Karl Rahner, Yves Congar, Marie-Dominique Chenu. Questi ultimi due teologi hanno avuto riconoscimenti tardivi, quando il tempo che aveva originato le loro riflessioni era mutato.   La loro parola, i loro testi restavano di assoluta importanza, ma erano stati costretti a tacere quando la loro parola poteva essere viva nella comunità che gli era contemporanea. Lei certamente non avrà dimenticato che, quando i tedeschi occuparono la Francia, una delle maggiori preoccupazioni del Card. Ruffini, allora responsabile del Santo Ufficio, fu quella di trovare il modo di superare le linee nemiche per comunicare a Chenu e Congar che il loro insegnamento era interdetto. Il loro insegnamento era considerato non ortodosso dal Card. Ruffini e dal Sant’ Uffizio dell’ epoca.  In quegli anni tragici e disperati, la loro preoccupazione era quella di recapitare l’ editto di Roma attraversando linee nemiche, di ridurre al silenzio voci vive della Chiesa. Oggi in Francia le chiese sono tristemente deserte o poco frequentate, forse sarebbe avvenuto lo stesso se il loro insegnamento fosse stato accolto e sostenuto, ma il dubbio resta. Quei vuoti non hanno forse una lontana origine in quei vuoti di parola, in quel silenzio imposto ai migliori teologi dell’ epoca? Non è stato forse un errore l’ aver impedito a una riflessione che nasceva in un momento storico preciso  di incontrare il popolo dei fedeli? Il pensiero di questi due teologi non era anche una risposta a domande che nascevano da una comunità che viveva il proprio tempo? Una comunità che non riceve risposte è spesso una comunità che abbandona il campo.
Ammiro sinceramente, la forza, il coraggio, la determinazione con la quale Papa Benedetto XVI sta affrontando, in una situazione difficile, spesso ostile e avvelenata, il problema della pedofilia. Ma, nondimeno, non posso non chiedermi, come mai la Chiesa sia stata  pronta, rapida, priva di dubbi, nello stroncare la ricerca scientifica, la stessa ricerca teologica, e abbia impiegato decenni per affrontare con severità il problema della pedofilia, amara eredità ricevuta senza colpa e con comprensibile, dolorosa sofferenza da Papa Ratzinger. Questa Chiesa che, ai tempi di Pio XII, ha rischiato di sostenere l’ integralismo improvvido e fuori della storia dei Comitati civici, oggi è così sicura di sé stessa quando interviene nelle vicende politiche dello Stato italiano?
Romano Guardini, questo grande teologo che ha analizzato con tanta intelligenza la fine dell’ epoca moderna, negli anni Cinquanta, nella Germania da poco uscita dalla catastrofe cui l’ aveva trascinata Hitler, scrive un libro sul Potere, su ciò che rappresenta il potere, ma anche la sua ambivalenza, il suo aspetto demoniaco, perverso e distruttivo, la perversione di volersi sostituire a Dio.
Signor Cardinale, Lei, per dovere professionale, è a contatto quotidiano con il potere. Come ogni buon professionista (non è offensivo che un ministro degli esteri sia considerato un professionista), certamente avrà preso le misure del caso; il problema, immagino, sarò spesso oggetto delle sue riflessioni, dei suoi dubbi, a volte dei suoi crucci. Purtroppo diavolo e tentazioni sono sempre dietro l’ angolo. Per questo, anche se non sempre condivido quello che vedo in superficie (anzi, a volte sono stupefatto), provo simpatia per Lei perché avverto tutta la complessità del suo compito. Per questo le faccio molti auguri, Lei, se  ritiene di poter venire incontro al desiderio personale di alcuni cittadini, non ci induca in tentazione. Non ci induca a interpretare i suoi comportamenti come rapporti di facile cordialità con il potere. Oggi la Chiesa viene giudicata severamente per i suoi errori rispetto alla scienza, ad altre religioni, alla pedofilia. Noi vorremmo che nel futuro la Chiesa, un Papa prossimo venturo che ancora non conosciamo, non dovessero essere giudicati in modo altrettanto severo per i rapporti che la Chiesa ha oggi con il potere, sempre pronto a mostrare il mondo e a dire “tutto questo sarà tuo”.


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