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Caserma Fiat, appello contro la repressione antisindacale
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di Giuseppe Giulietti*

Caserma Fiat, appello contro la repressione antisindacale

Pino Picozzi è un delegato della Fiom Cgil di Mirafiori, Torino. Si è visto recapitare a casa una lettera di licenziamento per aver osato spedire attraverso la mail aziendale una lettera di solidarietà che un gruppo di operai polacchi aveva spedito ai compagni di Pomigliano. Perchè Marchionne e soci hanno perso la testa e hanno fatto un gesto degno dei padroni delle ferriere, per usare una espressione classica? Probabilmente lo hanno fatto per colpirne uno ed educarne cento, sicuramente lo hanno fatto per intimidire chiunque voglia ancora dissentire dentro l'impero Fiat, ma soprattutto lo hanno fatto perchè gli operai dello stabilimento di Thyco, in Polonia, avrebbero dovuto e potuto essere i beneficiari dell'eventuale trasferimento delle produzioni di Pomigliano e proprio loro hanno osato far sentire la loro voce accanto a quella dei colleghi italiani e hanno raccontato la loro storia di promesse mancate, di accordi non rispettati, di contratti aggirati. Forse proprio questo antico e coraggioso gesto di solidarietà, una merce sempre più rara, ha fatto saltare i nervi a chi ormai pensava di aver regolato una volta per tutte i rapporti con la conflittualità, con il diritto di sciopero, con lo statuto dei lavoratori.

Da qui la decisione, folle e persino disperata, di cacciare fuori dalla fabbrica il delegato Picozzi che aveva messo in circolazione il documento dei colleghi polacchi. Una decisione degna di un gruppo di estremisti che hanno perso il contatto con la realtà, che ritengono che tutto sia ormai possibile in Italia, compresa l'abrogazione dei diritti fondamentali previsti dalla Costituzione. Non a caso dopo Picozzi hanno colpito altri delegati a Melfi, a Torino, della Film Cisl e della stessa Uilm, accusati di aver promosso azioni di sciopero fuori dalle regole.

Naturalmente non mancano gli avvocati difensori di Marchionne, si tratta di un vasto fronte trasversale che finge di non vedere che dietro le tante parole sulla modernizzazione, sulla competitività e la flessibilità si nasconde anche il disegno politico di liberare l'Italia dai "troppi lacci e lacciuoli che stanno dentro la Costituzione e lo statuto dei lavoratori. In altre parole, si vuole realizzare un grande scambio tra i posti di lavoro e la necessità di mettere tra parentesi alcuni diritti fondamentali. Ovunque questo scambio si è realizzato i salari e i posti di lavoro non sono cresciuti, in compenso la qualità della vita democratica è peggiorata per tutti.

Per queste ragioni non possiamo e non dobbiamo lasciare soli Pino Picozzi e i suoi compagni.
Il suo licenziamento, e gli altri provvedimenti disciplinari già inviati o in arrivo, sono anche un insulto all'articolo 21 della Costituzione, alla libera circolazione delle opinioni e delle idee.
Si tratta di un'altra e non meno insidiosa forma di bavaglio contro la quale bisogna reagire con la stessa fermezza con la quale abbiamo fatto sentire le nostre voci contro la legge sulle intercettazioni.
Diamo vita ad una catena di solidarietà in rete, diamo la parola ai lavoratori colpiti da questi provvedimenti odiosi, raccontiamo ovunque sia possibile la loro storia.

Nel frattempo è anche possibile firmare un appello che è stato lanciato da Fausto Bertinotti,da Norma Rangeri, da Paolo Ferrero, da Fabio Mussi, da Roberto Natale, da Leonard Touadì, da Giovanna Melandri, da Luigi De Magistris, da Vincenzo Vita e da tanti altri che chiede alla Fiat di ritirare questi provvedimenti, di cancellare questa bruttissima pagina della sua storia recente e di riprendere il confronto con i sindacati uscendo da una logica che pensavamo fosse stata definitivamente archiviata dopo lo squallido periodo delle schedature, dei licenziamenti politici, delle rappresaglie contro i delegati troppo attivi e che non accettano il verbo della azienda.

Chi avesse voglia di firmare troverà l'appello sul sito di articolo 21, sarà una firma non solo per solidarizzare con le persone colpite, ma anche per far sapere che a molti di noi questo clima da caserma ottocentesca non piace, né alla Fiat né in Italia.

* pubblicato su Micromega

Un odioso attacco alla libertà di informazione  - di Fausto Bertinotti e Giuseppe Giulietti / Ascolta l'intervista al segretario provinciale FIOM di Torino, Federico Bellono / Guarda il reportage da Pomigliano - di Nello Trocchia /Anche in fabbrica un attacco alla libertà di informazione,  FIRMA L'APPELLO l'appello a favore di PINO CAPOZZI. 


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