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Articolo 21 - Editoriali
Prima regola: Se governi non avrai televisioni
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di Giuseppe Giulietti

Non si può governare seriamente e possedere anche un impero tv, così ho deciso di liberarmi dalle tv...». Chi ha pronunciato queste parole? Forse un Silvio Berlusconi in versione «quaresimale»? Non scherziamo! Silvio Berlusconi, a suo modo, è un uomo rigoroso e, quindi, non ha rispettato neppure questa promessa... quelle parole sono del premier thailandese che si è autoconvinto della inopportunità di concentrare nelle sue mani il potere esecutivo e il controllo delle tv. I sacri princìpi della divisione dei poteri stanno facendo proseliti ovunque. Lâ??Italia, invece, si è allontanata, anche in questo settore, dalla comunità internazionale. Cosa fare per risalire la china per riguadagnare orgoglio e prestigio? Il programma predisposto dallâ??Unione è di ampio respiro, ma proprio per questo saranno essenziali i tempi e le modalità della sua attuazione. Per tornare a essere un Paese europeo sarà così «obbligatorio» affrontare e risolvere quel conflitto di interessi che è diventato una metastasi del sistema istituzionale, politico e industriale. Per risolverlo câ??è un solo modo: affermare e legiferare lâ??assoluta incompatibilità tra gli incarichi di governo e la proprietà dei media.
La verifica su casi di eventuali incompatibilità e la rigorosa applicazione delle norme in materia di libertà dei mercati (quello italiano è il mercato pubblicitario più concentrato in Europa), andrà affidata allâ??Autorità di garanzia, dotata di nuova autonomia, di assoluta indipendenza, e capace di intervenire allâ??atto della formazione delle posizioni dominanti e degli accordi di cartello, non qualche secolo dopo... Per potere applicare le norme anti-trust sarà, tuttavia, necessario ripristinarle, dal momento che la legge Berlusconi-Gasparri, allâ??articolo 15, ha demolito i tetti di settore e ha introdotto il famigerato Sic, Sistema Integrato della Comunicazione, che ha consentito al solo Berlusconi di crescere ancora, di stabilire un nuovo monopolio anche nel settore del digitale terrestre e di assestare così un nuovo colpo a Sky Italia, alla Rai, a La7, ai nuovi canali digitali, a tutta lâ??emittenza nazionale e locale, allâ??intero sistema editoriale che ha visto sempre più ridotti i margini della innovazione e della raccolta pubblicitaria.
La legge Berlusconi-Gasparri è una pessima legge e come tale va radicalmente modificata e non semplicemente ritoccata. Berlusconi-Confalonieri-Mediaset, impegnati in queste ore in una clamorosa campagna elettorale a favore di Forza Italia, chiedono e pretendono garanzie dallâ??Unione. Ci auguriamo vivamente che nessuno voglia cadere nuovamente in questa trappola.Lâ??Unione non dovrà penalizzare nessuno, neppure Mediaset ovviamente, ma è giunto anche il momento di liberare i media, vecchi e nuovi, dal macigno del conflitto di interessi, dagli accordi di cartello ai danni di consumatori, dai lacci e dai lacciuoli che hanno strangolato i nuovi competitori e umiliato i produttori e gli autori indipendenti.
Il presidente del Consiglio, in questi anni, ha addirittura quintuplicato il suo patrimonio personale. In campagna elettorale, questa volta, sarà invece il caso di rassicurare tutti gli altri, di visitare gli studi delle nuove Tv digitali, quelle delle emittenti locali Tv e radiofoniche, le stanze di una casa editrice di libri, le redazioni di qualche giornale, i siti e i blog frutto della genialità di tanti autori di talento. Tutti settori che attendono con ansia le iniziative legislative da sempre promesse e mai portate a compimento.
Spetterà allâ??Unione valorizzare e far crescere tutto quello che, nonostante tutto, è nato fuori dalla «cultura del monopolio e del duopolio». Una potente leva in questa direzione potrà venire dalla riforma della Rai. I modelli societari ipotizzabili sono tanti, ma prima di ogni altra cosa bisognerà assumere e rispettare lâ??impegno a presentare una proposta di legge tesa a impedire che i governi, tutti, e le maggioranze, tutte, possano mettere per lâ??ennesima volta le mani sulla Rai. In questo caso bisognerà davvero fare come in Spagna, traducendo in italiano la riforma di Zapatero che ha restituito autonomia professionale e aziendale alla Tv pubblica, affidandola alla gestione degli autori, dei ricercatori, delle migliori energie della cultura e delle professioni. In questa nuova Rai non saranno importanti i tagliatori di teste, bensì i cacciatori di teste capaci di scovare e aprire le porte alle migliori energie, a prescindere da ogni appartenenza partitica. Quella Rai, nei suoi palinsesti, dovrà essere la più distante possibile dal concorrente privato e dovrà essere capace di condurre una vera e propria battaglia culturale contro ogni forma di omologazione, di pensiero unico, di sciatteria professionale e di volgarità gratuita. In quella Rai dovranno finalmente rientrare dalla porta principale tutti coloro che sono stati cacciati, a cominciare da quanti furono colpiti dallâ??editto bulgaro, che resterà la pagina più buia di questi anni di censure, di omissioni, di pestaggi mediatici ordinati dal capo supremo e prontamente eseguiti da un manipolo di fedelissimi in camicia azzurra. Se dovessimo davvero vincere le elezioni, mi piacerebbe poter ascoltare il seguente annuncio, alle ore 20.30 su Raiuno: «Signore e signori questa sera, come ogni sera andrà in onda il «Il Fatto» di Enzo Biagi. Ci dispiace per la lunga interruzione, dovuta a ripetute e fastidiose interferenze esterne. Ci scusiamo con voi e vi assicuriamo che non accadrà mai più».
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