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Articolo 21 - Editoriali
Una Rai senza astuzie. Tanto per cominciare
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di Bruno Mobrici

da Lâ??Unità 

 

 Vi racconto un piccolo retroscena che la dice lunga sulla Rai, sulla campagna elettorale, sul giornalismo del servizio pubblico (ne faccio parte anch'io), e su quello che ci dobbiamo aspettare in termini di dialettica del potere. Allora, la scena è questa: Roma, viale Mazzini davanti alla Rai. Ã? il giorno dopo le dimissioni del presidente Lucia Annunziata. Sono le diciassette, ora fissata per una assemblea aperta a tutti, in difesa del servizio pubblico e contro â??l'occupazioneâ? della maggioranza di governo. Sapete come è andata? I politici dell'opposizione erano presenti numerosi e al massimo livello, le telecamere tantissime ; e poi c'erano alcuni sindacalisti, qualche addetto ai lavori, pochi dipendenti-rai e fra questi ultimi i giornalisti- trombati, i giornalisti-militanti, i giornalisti- ingenui, i giornalisti-giornalisti. Mettiamola così: pioveva (verissimo), e a Roma quando piove il governo ha sempre le sue colpe. Ma qui, diciamocela tutta, il re era davvero nudo. L'immagine che i consiglieri di amministrazione potevano scorgere dal settimo piano del palazzo di viale Mazzini era netta: l'opposizione che cavalca la tigre, ma - peggio - che la tigre è di carta. Si abbia il coraggio di dire due o tre verità e allora tutto diventerà più facile, più credibile, più serio. I telespettatori, che sono poi anche elettori, sanno distinguere e giudicano. Talvolta puniscono. Vogliamo ricordare che il centrosinistra ha perso le elezioni nonostante avesse il governo della Rai? Vogliamo ammettere che la sinistra in tema di occupazione di spazi culturali non è mai stata tenera? Vogliamo ricordare il periodo dei nani e delle ballerine in quasi tutti i programmi radiotelevisivi? Vogliamo dire del â??politicamente non correttoâ? uso delle candidature di personaggi televisivi, i quali (sia bene chiaro, con il diritto e la piena dignità che vanno loro riconosciute in assenza di regole) passano direttamente dalle telecamere mediatiche alle camere istituzionali? In Rai ciascun problema, preso singolarmente, Ã¨ poco più che un problema. Nell'insieme, invece, diventa: spartizione, lottizzazione, aria di regime, e la dose aumenta tanto più sono mediocri le nomine e intollerante la logica che le ispira. Ma torniamo a quella assemblea sotto la pioggia dove c'erano più politici che lavoratori Rai. Se la sinistra non è cieca (e la destra non lo è) qualche conclusione la deve pur trarre. Anche solo a livello di ipotesi. La prima, ad esempio, è chiedersi se in Rai è avvenuta la normalizzazione aziendale. In altre parole, se i dipendenti hanno paura di esprimere liberamente il loro pensiero, la loro opinione in tema di contributo dialettico, essenziale per una fabbrica della cultura, dello spettacolo, dell'informazione. Se, per caso, la logica degli schieramenti è così pressante che permolti èmeglio lasciar passare la nottata. Oppure, proseguendo con questa logica e pensando male, c'è già oggi in Rai (e fuori la Rai) una opposizione che di giorno grida allo scandalo e di notte progetta una rivincita, una rivincita di quelle che â??non fanno prigionieriâ?. Ecco il problema è proprio questo, quasi che la Rai fosse la madre dello spoils sistem. Da sempre chi vince nelle urne, dirige poi il servizio pubblico. Certo, un conto è dirigere, un altro comandare, un altro ancora occupare. Poi ci sono i livelli, le decenze e le indecenze. Prima c'era il proporzionale, ora c'è il maggioritario: o di qua o di là. Anche in Rai ? Anche in Rai. Questa è la verità e questa è la maledizione. Una sinistra costruttiva porrebbe ora e non domani la questione del valore del servizio pubblico; chiederebbe un tavolo di confronto con la maggioranza per definire le regole di un potere televisivo che spesso attiene più all'etica, alla morale, al buonsenso, piuttosto che al bilancio o alle varie leggi di riforma. Se svuotiamo la Rai della sua vera essenza, della sua missione, allora possiamo ben dire che la Rai, così com'è, va bene. Oggi la destra, domani la sinistra. Ma non penso che gli italiani chiedano alla Rai, nella quale hanno riposto la loro fiducia pagando un canone, chiedano - dicevo - di sapere come e dove sono finiti i loro soldi. Forse anche questo. Sono certissimo invece che gli italiani e con essi â??i nuovi italianiâ? vogliono, anzi pretendono, che il servizio pubblico sia la garanzia più alta e più neutra della loro voglia di sapere, di conoscere, di approfondire, di essere rappresentati. E senza mortificazioni, senza discriminazioni. Una sinistra moderna dovrebbe proporre un modello di servizio pubblico dove la â??par condicioâ? Ã¨ preistoria, anzi è contraddizione. Si faccia portatrice di informazione televisiva pubblica â??transitiva e riflessiva insiemeâ? , che sappia regolare tanto i rapporti con gli altri, quanto con essa stessa. Chiuda la stagione delle polemiche inutili e infruttuose. Si proponga per la fermezza delle azioni, per la qualità delle scelte, per il coraggio dell'utilità altrui. Alla fine, che cosa voglio dire. Intendo dire che se essere di sinistra è un valore, un valore diverso da altri, lo si mostri con l'autorevolezza della sincerità e della lungimiranza. La Rai è un banco di prova: servono idee e onestà. Per il potere la televisione è sempre stata una tentazione, perché può provocare unità o divisione, può esaltare o rendere invisibile. La sfida è questa: una Rai senza astuzie. Tanto per incominciare.

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