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Kenia, la nuova Costituzione sia uno strumento efficace al servizio dei cittadini
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di Enzo Nucci

Kenia, la nuova Costituzione sia uno strumento efficace al servizio dei cittadini

Il fronte del “no”, uscito sconfitto dalla consultazione referendaria svoltasi il 4 agosto in Kenya,  lancia il suo guanto di sfida affermando che solo oggi comincia la fase più difficile per lo schieramento uscito vincente perchè ora bisogna attuare le grandi riforme istituzionali, migliorare la governance e far rispettare i diritti fondamentali dei cittadini.
Insomma la nuova Costituzione (approvata da più di due terzi della popolazione) ora da “carta” si deve trasformare in un efficace strumento al servizio dei cittadini. L’attuazione dei principi sanciti dalla costituzione resta il banco di prova del fronte del “si” che ha riunito in una inedita alleanza il presidente della repubblica Mwai Kibaki ed il primo ministro Raila Odinga, gli amici-nemici che scontrandosi alle elezioni del dicembre 2007 diedero il via ai gravi incidenti che causarono almeno duemila morti.
La Nuova Costituzione manda in pensione quella varata nel 1963 al momento dell’indipendenza dall’Inghilterra, accusata di favorire le disuguaglianze ed il clientelismo politico. Prevede riforme istituzionali di grande importanza come la limitazione dei poteri del presidente, la nascita di una seconda Camera e la devoluzione di molte materie a livello regionale. E’ prevista inoltre la eliminazione della carica di primo ministro per mantenere un sistema presidenziale. I poteri del Presidente vengono però limitati dal parlamento, a cui spetta la ratifica di tutte le nomine deciso dal capo dello stato e del governo. Per la prima volta sarà avviata la riforma fondiaria che prevede un esame approfondito delle modalità di acquisto delle terre, un tempo proprietà dello stato, ma da sempre di proprietà delle più alte cariche dello stato. La nuova carta fissa un limite alla grandezza di una proprietà privata e riconosce alle donne uguali diritti sulla terra, in particolare in fatto di eredità.
Ma ad infiammare la campagna referendaria è stato il “no” espresso dalla chiesa cattolica e dalle chiese cristiane preoccupate della legalizzazione dell’aborto per motivi di salute e l’estensione dei tribunali islamici (fino a ieri operanti solo sulla costa) su tutto il territorio nazionale con competenze limitate a questioni familiari (matrimoni, divorzi, eredità) nel caso in cui le parti siano musulmane e approvino la giurisdizione di questi tribunali.  I vescovi e le chiese cristiane contestano l’inserimento dei tribunali islamici nella nuova costituzione perchè temono che in questo modo venga riconosciuta alla religione musulmana un privilegio non riconosciuto a cattolici  e cristiani, che rappresentano la maggioranza religiosa in Kenya. Non solo ma gli ambienti ecclesiastici fanno notare che si contraddirebbe il principio costituzionale della laicità del paese che prevede che non esista una religione di stato.
Le Kadhi’s Court, ovvero i tribunali islamici, sono il retaggio di un antico accordo tra il sultano di Zanzibar e la Gran Bretagna. Fino a ieri hanno fatto fronte alle esigenze in paticolar modo delle popolazion della costa, a maggioranza musulmana.
Su questi articoli e sulla riforma fondiaria rischia di riaccendersi la polemica. Il 30 per dei kenyani che hanno a vario titolo hanno detto “no” hanno bisogno di rassicurazioni in questo senso perché c’è il rischio che le divisioni religiose si vadano ad aggiungere a quelle etniche, innescando una miscela ancora più esplosiva di quella che dato origine alle violenze postelettorali di due anni fa. Sicuramente i toni fuori dalle righe usati in campagna referendaria da alcuni leader cristiani stanno rovinando i buoni rapporti con i musulmani che rischiano di sentirsi isolati..
Insomma dopo questo storico referendum che ha approvato una Costituzione per molti aspetti innovativi ora a Kibaki e Odinga li attende una strada tutta in salita che sarà più faticosa per il primo ministro che è il naturale successore di Kibaki.


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