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Articolo 21 - Editoriali
Caso Calipari: cui prodest?
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di Roberta Serdoz

La prima reazione stamane alla lettura della notizia riportata dal Corriere della Sera sull??ipotetica trappola  tesa a Nicola Calipari dagli iracheni subito dopo la liberazione della giornalista del Manifesto è stata: a chi giova?  Le risposte sono arrivate alla mente come un fiume in piena.  Proviamo a rimettere in ordine le cose e a ragionare partendo dagli elementi a nostra disposizione. C??è un ??detenuto-pentito? o presunto tale che si sarebbe messo a parlare: il suo nome è Mustafa Mohamed Salman. L??uomo è stato arrestato un anno fa  e da allora è rinchiuso in un carcere iracheno; tra i  capi di imputazione il sequestro della responsabile inglese di  Care International poi uccisa e mai riconsegnata alla famiglia.

C??è uno sceicco di nome Hussein, l??imam della moschea di Al Kasti; è lui l??uomo che la Sgrena avrebbe dovuto intervistare il giorno del sequestro. C??è un rapporto dei Carabinieri, una richiesta di rogatoria internazionale per poter interrogare il detenuto iracheno Salman e il soldato ispano-americano Mario Lozano e c??è anche la relazione americana, la prima dunque, dove è scritto di ??un allarme a mezzo kamikaze?. Fin qui i fatti noti. Poi la fuga di notizie, come traspare oggi sul Corriere: Salman avrebbe deciso di parlare per raccontare le sue verità. ??Il terrorista?, come riporta il quotidiano, avrebbe detto di essere a conoscenza di una trappola tesa al dirigente del Sismi in missione a Bagdad per la liberazione di Giuliana Sgrena; la trappola sarebbe stata orchestrata dallo stesso imam Hussein che avrebbe telefonato ( a chi?? ndr) per avvisare il block point del passaggio di un??autobomba. 

Il primo interrogativo è: perché la notizia del rischio di attentato kamikaze data dall??imam agli americani avrebbe raggiunto il ??punto di blocco mobile? mentre la comunicazione ufficiale del passaggio dell??auto con a bordo due funzionari del Sismi si sarebbe persa nell??etere?  Andiamo avanti: la soffiata agli americani sarebbe arrivata dallo stesso imam. E allora mi viene da pensare: ma che interesse avrebbe avuto l??imam a far uccidere Nicola Calipari?  E perché subito dopo e non prima ( molto più semplice! ndr) della liberazione della giornalista italiana? Italiani e iracheni hanno sempre trovato il modo di dialogare, come dimostrano le liberazioni degli altri ostaggi, a differenza degli americani che, nella maggior parte dei casi, hanno visto morire i loro sequestrati. Gli Stati Uniti sono ancora una forza occupante, militare, che con le armi tenta di imporre un modello di democrazia (quale ?? ndr); come si fa a dare credito alle dichiarazioni di un ??terrorista? rinchiuso da un anno  nel carcere di un Paese dilaniato da un lungo conflitto e ora impegnato in una sanguinosissima guerra civile?

Chi come noi ha la fortuna di vivere in un paese democratico come può credere alla  sua ??libera? testimonianza ? E ancora:da chi sarebbe stato interrogato il ??terrorista? in carcere?  La magistratura italiana sta faticosamente portando avanti un??indagine difficile soprattutto per colpa della mancata collaborazione degli Stati Uniti; e allora lasciamola lavorare con serenità almeno nel nostro Paese, nella remota speranza che prima o poi si arrivi alla verità processuale o alla possibilità di interrogare chi è già stato iscritto nel registro degli indagati. Intanto la sensazione più forte che si ha leggendo il giornale è quella che qualcuno abbia orchestrato un depistaggio.  Ma cui prodest?

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